2023-10-08
«Utilizzo le mie radici napoletane per raccontare storie universali»
Parla la scrittrice Antonella Ossorio: «L’identità è importante, ma lo stereotipo è sempre in agguato. I miei libri sono un viaggio nel passato. Non è una fuga dalla contemporaneità, il romanzo storico è una chiave di lettura del presente».Antonella Ossorio è una scrittrice per ragazzi e per adulti. Inizia a lavorare insegnando nella scuola elementare. Lentamente la scrittura diventa il suo pane quotidiano e nell’arco di un quarto di secolo pubblica oltre venti opere. Tra le storie per giovani lettori si ricordano Cronache da pelate e altre storie in rima e Quando il gatto non c’è i topi ballano (Einaudi Ragazzi), L’angelo della luce (Electa), In cielo, ma dove? (uovonero). Di imminente uscita, Tutto in rima (Edizioni La linea). Tra i romanzi Se entri nel cerchio sei libero (Rizzoli,) La mammana (Einaudi), La cura dell’acqua salata (Neri Pozza) e I bambini del maestrale (Neri Pozza).«Essendo degli anni Sessanta, se fossi nata in America o in Inghilterra avrei potuto fregiarmi del titolo di “baby boomer”. Ma il fatto di essere nata a Napoli, nei Quartieri Spagnoli, mi ha resa inesorabilmente figlia del dopoguerra emotivo più lungo della storia», questo ha scritto l’autrice sulla biografia presente sul proprio sito internet. Come avveniva nei secoli che abbiamo alle spalle, l’identità è determinata senza scampo dalla città in cui si cresce? Non esiste margine di libertà odi autonomia emotiva, affettiva, culturale?«Certo che sì, l’identità può essere determinata da fattori estranei alla provenienza geografica. Ma le radici sono importanti, soprattutto se affondano in un humus ricco di cultura e stimoli come quello di Napoli. Per contro, talvolta il marchio di scrittore napoletano può tradursi in un fardello ingombrante. Lo stereotipo è sempre in agguato, per evitarlo - senza tuttavia rinunciare a determinate peculiarità - occorrono spirito critico e senso della misura. Ritengo fondamentale riuscire a veicolare contenuti di natura universale finanche attraverso situazioni fortemente connotate e specifiche. Quando scrivo tento di utilizzare la mia città come un contenitore di emozioni condivise da molti anziché come un semplice sfondo pittoresco».Nell’ultimo romanzo, I bambini del maestrale, ha ricostruito la vicenda di un gruppo di bambini senza fortuna, bambini di strada, orfani, dimenticati, trovano riparo su una nave in disarmo nel porto. Qui per quindici anni si tenta un esperimento rieducativo unico al mondo, interrotto però dall’idiozia del regime fascista. Anzitutto come ha scoperto questa storia? Da quali documenti ha attinto? C’è ancora qualcuno al mondo tra coloro che vissero sulla nave?«Ho conosciuto la storia della nave asilo Caracciolo, e della sua direttrice, Giulia Civita Franceschi, in modo casuale. Un pomeriggio di tre anni fa, nel corso di un programma televisivo su Napoli, d’un tratto saltò fuori questa incredibile vicenda a me ignota e, come avrei poi scoperto, sconosciuta ai più. Convinta che si trattasse di un mia lacuna, mi precipitai al computer per cercare il romanzo su Giulia e i suoi caracciolini. Davo per scontato di trovarlo e invece con mio stupore nessuno ancora l’aveva scritto. Bene, l’avrei fatto io. La decisione fu immediata e considero una fortuna avere avuto modo di lavorare su un materiale così inusuale e prezioso. Per documentarmi sulla storia della Caracciolo e sulla biografia di Giulia ho fatto ricorso ai testi curati dalla prof. Selvaggio dell’università di Salerno: saggi accuratissimi, che la docente ha redatto anche attingendo a un ricco archivio foto-documentario custodito presso il Museo del mare di Napoli. Un patrimonio di grande interesse, non essendoci più testimoni diretti dell’epopea della nave asilo. I figli superstiti degli ex marinaretti, a loro volta ormai anziani, sono gli ultimi a conservare il ricordo dei racconti uditi dalla viva voce di chi visse sul veliero».Napoli trionfa anche nei romanzi precedenti, La mammana e La cura dell’acqua salata. Qui però si salta tra i continenti e nel tempo, sebbene l’epicentro diventi e finisca comunque per essere il ventre di Napoli. Ma se ne La cura dell’acqua salata seguiamo le vicende dei proprietari di una collana misteriosa, ne La mammana seguiamo i legittimi tentativi di una diversa, una bella ragazza albina, di emanciparsi da pregiudizi e timori, da cattiverie che imperversano negli animi umani. I suoi romanzi si presentano come labirinti che il lettore cerca di attraversare individuando la giusta strada, o meglio la strada per una qualche forma di riscatto o verità. Ma come sono nati e come si sono costruiti? Quale è stato il punto di partenza di queste storie? E come escogita dei titoli così originali?«Sì, le mie storie sono un viaggio nel passato. Ma non si tratta di una fuga dalla contemporaneità, il romanzo storico è la mia chiave di lettura del presente. La mammana nasce dallo stravolgimento di un’idea che avevo nel cassetto. Quando ci misi mano Lucina, la protagonista, continuava a “propormisi” pur non essendo la sua presenza prevista dalla trama, e esibiva una personalità talmente forte che alla fine ho dovuto darle spazio. Da allora in poi il romanzo è diventato qualcosa di molto diverso dalle prime aspettative. Ciò detto, aldilà dei colpi d’estro che fanno comunque parte del processo creativo, come sa chi scrive per mestiere la cosiddetta ispirazione si manifesta più di rado della necessità di lavorare sodo su ogni singola pagina. La cura dell’acqua salata è un omaggio alle mie origini galiziane realizzato attraverso vicende che hanno a che fare solo in modo simbolico col vissuto della mia famiglia. Al centro di tutto un sapo gallego, monile nel quale si concentra un oscuro potere. I titoli sono consequenziali al senso dei romanzi. La mammana definisce Lucina nella sua ineludibile vocazione, La cura dell’acqua salata prende origine da una nota frase di Karen Blixen».Ha scritto molte storie per giovani lettori e lettrici: che cosa le piace della scrittura rivolta ai più giovani e se esiste, quale messaggio vorrebbe riuscire a trasmettere, attraverso le sue invenzioni?«Della scrittura per bambini amo specialmente la possibilità di esprimermi tramite versi in rima, modalità che mi è congeniale e mi diverte. Messaggi? Non mi prefiggo mai di lanciarne, non amo i libri nati con lo scopo di consegnare una morale. Ben altra cosa è cercare di trasmettere contenuti solidi e condivisibili, purché inseriti nel contesto di narrazioni che avvincano il lettore, adulto o bambino che sia. La lettura deve essere innanzitutto un piacere, se la carichiamo di intenzioni smaccatamente didascaliche che piacere è?».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.