2023-05-06
Unanimità addio. La rischiosa partita europea dell’Italia
Primo mattone per l’abolizione del consenso totale e del diritto di veto sui temi di politica estera e sicurezza Ue. Germania capofila di un accordo a nove. Roma vuole un posto al circolo dei potenti «per contare di più», dice Antonio Tajani allineato con Fdi. I dubbi della Lega.Dal prossimo anno gli equilibri dell’Europa a 27 potrebbero cambiare. Giovedì a seguito di una riunione tecnica tra i delegati di nove Stati che che si fanno chiamare «Amici per la maggioranza qualificata» è stato diffuso un testo che mette il primo mattone per l’abolizione a livello di Consiglio dell’unanimità e del diritto di veto su tutti i temi di politica estera e sicurezza comune. L’obiettivo è consentire soltanto due forme di voto: la maggioranza semplice e - per i temi più delicati - la maggioranza qualificata forte di almeno 15 Stati e di una rappresentanza non inferiore al 65% della popolazione Ue. A coordinare il documento congiunto è stata la Germania, come ieri ha anticipato il quotidiano Il Messaggero, ma il testo diffuso dalla diplomazia tedesca reca anche le firme degli altri Stati fondatori dell’Unione europea, quindi, per l’appunto Italia e Francia, poi Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, e ancora Spagna, Finlandia e Slovenia. «Una coalizione aperta a chiunque vorrà unirsi, chiariscono i promotori», si legge in agenzia. Le aree su cui i nove intendono intervenire non vengono specificate (in teoria, si può andare dall’assistenza militare alle sanzioni), ma l’obiettivo dichiarato è «migliorare l’efficacia e la velocità del processo decisionale Ue in maniera pragmatica»: un richiamo che fa eco alle istanze della gran parte dei gruppi di europarlamentari e ribadisce le conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa, il processo partecipativo per riformare l’Ue conclusosi un anno fa. In pratica, la scelta di abolire i veti incrociati e il voto unanime dovrebbe riportare la macchina al modello più snello che almeno esisteva fino al Trattato di Maastricht. L’ammissione celere di tanti altri Stati ha facilitato le cordate e le possibilità di bloccare soprattutto i provvedimenti di politica estera sgraditi a una della nazioni big. Fin qui i lati positivi. Quelli negativi sono altrettanti. Se si rimane fuori dal circolo di detta le regole del gioco si finirà con il toccare più palla. Di dover subire iniziative che, se appoggiate da Francia, Germania e altri Paesi satelliti, noi italiani non riuscire più a fermare. È pur vero che anche con le attuali regole fino a oggi i governi a maggioranza di sinistra si sono sempre fatti andare bene ogni cosa. Forse per questo il governo, nella sua componente di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, ha dato delega al ministro degli Esteri, Antonio Tajani, di aderire all’iniziativa e portare avanti il processo di modifica assieme a Francia e Germania. L’idea sfidante anche se pericolosa è quella di arrivare al prossimo anno e dunque dopo le elezioni Europee di maggio con margini diversi da poter sfruttare anche in caso di enorme crescita di consenso da parte del gruppo di Ecr. Non vogliamo dire che ci siano possibilità di una coalizione di blocco tra Ecr e Ppe per sterilizzare i socialisti, ma almeno l’occasione per rimettere in asse il Parlamento. La riforma del voto di Consiglio servirebbe a fare da sponda. Non a caso ieri il titolare della Farnesina ha spiegato il suo punto di vista sui nuovi assetti. «L’Europa per fare scelte politiche deve rafforzare la sua istituzione democratica che è il Parlamento europeo, l’unico a non avere capacità legislativa. I rappresentanti dei Paesi europei devono presentare delle proposte legislative che non possono essere prerogativa assoluta della Commissione europea perché l’unico rappresentante elettivo è il Parlamento», ha detto Tajani intervenendo al convegno «The State of the Union» in corso a Fiesole. «Lisbona ha fatto compiere un passo in avanti al Parlamento ma quel percorso deve proseguire», ha aggiunto. «E l’Italia deve essere protagonista in Europa, deve essere protagonista attiva perché l’Italia siamo noi, abbiamo il diritto ed il dovere di contare di più in Europa. Dobbiamo farci valere, bisogna contare, essere credibili, affidabili, seri, e responsabili, e fare delle proposte». Messaggi che mettono il governo sulla strada di piena continuità con il precedente presieduto da Mario Draghi. Nessuna sorpresa, fatto salvo che se Fdi e Azzurri sono coordinati, la Lega non è certo della stessa idea. Al momento non vedrebbe di buon occhio il sostegno a percorso avviato dalla Germania per abolire l’unanimità. Deriva da un filosofia di base basata su un approccio di contrasto, ma anche dal fatto che il Carroccio non ha ancora completato il percorso di riallineamento dei gruppi parlamentari in vista delle prossime Europee. Certo, a rendere la partita di riforma complicata c’è la cosiddetta «clausola di passerella», nei fatti la possibilità di abolire l’unanimità senza dover riformare i Trattati base dell’Unione, percorso che richiederebbe anni. Resta da capire se per mettere a terra la «clausola di passerella» serva l’unanimità.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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