2020-05-21
Un’altra mail aggrava l’Obamagate. Nello Studio ovale si spiava Trump
La missiva dell'allora consigliere per la Sicurezza nazionale: il presidente uscente sapeva che il generale Mike Flynn (uomo chiave degli attacchi al tycoon) era sorvegliato. E il capo dell'Fbi gli suggerì di ostacolare la transizione.L'Obamagate si arricchisce di dettagli. Martedì, il director of National intelligence, Richard Grenell, ha desecretato parte di una mail che il consigliere per la sicurezza nazionale di Obama, Susan Rice, aveva spedito a sé stessa il 20 gennaio 2017. La prima parte di questa mail era già nota e documentava un incontro, avvenuto nello studio ovale il 5 gennaio 2017, sulle presunte collusioni tra il generale Mike Flynn (in procinto di diventare consigliere per la sicurezza nazionale di Trump) e il Cremlino: incontro a cui avevano preso parte - oltre alla stessa Rice - Obama, Joe Biden, il direttore dell'Fbi James Comey e il viceministro della Giustizia Sally Yates. Secondo il pezzo desecretato, Comey dichiarò che Flynn parlasse «frequentemente» con l'ambasciatore russo, Sergej Kislyak, e che temesse quindi potesse fornire a quest'ultimo delle «informazioni sensibili». «Il presidente Obama», prosegue la mail, «ha chiesto se Comey stava dicendo che il National security council non avrebbe dovuto trasmettere informazioni sensibili relative alla Russia a Flynn. Comey rispose: “È possibile". Ha aggiunto che finora non ha alcuna indicazione che Flynn abbia passato informazioni classificate a Kislyak, ma ha osservato che “il livello di comunicazione è insolito"». Gli aspetti controversi non sono pochi. In primis, Comey fece riferimento alla frequenza delle conversazioni tra Flynn e Kislyak (nel dicembre 2016), parlando ambiguamente di «livello di comunicazione insolito». Tuttavia l'allora direttore del Bureau non fece cenno a contenuti problematici e anzi ammise di non avere indicazioni che Flynn stesse passando informazioni riservate ai russi. Si potrebbe pensare che non fosse appropriato per Flynn parlasse con un ambasciatore straniero di politica internazionale. Il generale si stava tuttavia preparando a diventare consigliere per la sicurezza nazionale e avviene sovente che funzionari in procinto di assumere un simile ruolo abbiano contatti preliminari con diplomatici e politici stranieri nella cosiddetta «transizione». A questo si aggiunga che, il 4 gennaio 2017, l'Fbi stesse chiudendo le indagini su Flynn per assenza di «informazioni dispregiative» sul suo conto. Eppure, lo stesso 4 gennaio, l'inchiesta venne riaperta dai vertici del Bureau. Inoltre, come emerso da documenti recentemente pubblicati, i principali funzionari dell'amministrazione Obama ascoltati dalla Camera tra il 2017 e il 2018 hanno negato di aver posseduto delle «evidenze empiriche» di una collusione tra il comitato di Trump e Mosca. Insomma, se non c'erano prove, per quale motivo Comey continuò a indagare su Flynn e arrivò a consigliare a Obama - su sua stessa richiesta - di non condividere informazioni con l'amministrazione entrante? Delle due l'una. O si credeva realmente che Flynn fosse una spia russa (ma in questo caso non informare il team entrante avrebbe costituito un attentato alla sicurezza nazionale) oppure si stava cercando un pretesto per colpire il generale e di conseguenza lo stesso Trump. Del resto, non dimentichiamo che, lo scorso aprile, sono stati diffusi documenti dell'Fbi in cui si faceva riferimento alla volontà di far licenziare Flynn. Infine, non è chiaro per quale motivo la Rice - che pure in un'intervista a Pbs nell'aprile 2017 aveva detto di non sapere nulla di un'eventuale sorveglianza del comitato di Trump - ha avvertito l'urgenza di spedire a sé stessa una mail, che documentava un meeting del 5 gennaio, soltanto il 20 gennaio: due settimane dopo quell'incontro e - soprattutto - lo stesso giorno del giuramento di Trump. C'è chi ipotizza una giustificazione retrospettiva. Ma non è tutto. Perché la mail della Rice conferma ulteriormente che Obama e Biden fossero pienamente a conoscenza che Flynn risultasse sotto controllo. Certo, è un po' strano che un'amministrazione in carica lasciasse sorvegliare i collaboratori di un presidente in pectore del partito opposto: soprattutto in assenza di prove atte a giustificare simili indagini. È anche in tal senso che non si capisce per quale ragione il capo di gabinetto di Obama, Denis McDonough, chiese di svelare il nome di Flynn nelle intercettazioni di Kislyak: richiesta inoltrata il 5 gennaio (lo stesso giorno del meeting alla Casa Bianca e 7 giorni prima che il Washington Post rivelasse l'esistenza delle conversazioni, scatenando un terremoto politico su Trump). Ricordiamo per inciso che - insieme a McDonough - inoltrarono richiesta anche Biden e - strana coincidenza - l'allora ambasciatore americano in Italia: quel John Phillips che, molto vicino a Matteo Renzi, gli diede il proprio endorsement in occasione del referendum costituzionale del 2016. L'Obamagate sta insomma collegando nuovamente il nostro Paese al caso Russiagate. Sarà dunque una coincidenza che, secondo indiscrezioni, l'ex premier stia cercando di far ottenere adesso la delega ai servizi segreti a un fedelissimo, come Ettore Rosato? «Una coincidenza oggi, una coincidenza domani… Sono troppe coincidenze che coincidono», avrebbe detto Totò.
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.