
Per Sergio Mattarella «le decisioni politiche escludono l'approssimazione». Poi però si accoda ai fan della svedese Greta, che dal suo palcoscenico mediatico dà lezioni sull'ambiente. E adesso viene pure candidata al Nobel.senza approfondita preparazione e studio, non possono essere prese per sentito dire». Erano passati meno di dieci giorni da quando lo stesso Sergio Mattarella aveva detto che «Non è senza significato che in questo periodo una giovane studentessa svedese - Greta Thunberg - stia sottoponendo le istituzioni europee a una forte sollecitazione sul tema ambientale».L'era del merito e della competenza fa impallidire Walt Whitman da quante moltitudini contiene: figuriamoci se non può contraddirsi. E così una politica sempre più prona davanti agli esperti erige - contemporaneamente - in tutto il mondo una minorenne sospettabile di elusione dell'obbligo scolastico come leader supremo. Lei poi, siccome ha la sindrome di Asperger, è al riparo da qualunque critica, pena l'accusa di prendersela pure con i malati. Delle motivazioni non necessariamente nobili con le quali la ragazzina vegana viene gestita e scarrozzata in mezzo mondo (a meno di non volersi bere la favola dei viaggi in autonomia che casualmente le regalano i palchi di vertici internazionali blindati), su queste colonne si è detto in anticipo grazie al contributo di Antonio Grizzuti. Qui tocca registrare l'onda anomala che porta l'informazione mondiale (l'Italia non fa eccezione) a celebrare la favolosa spontaneità della piccola guerriera, ieri intervistata dal network di quotidiani che si scomoda per un Barack Obama o giù di lì. Più o meno gli stessi che vedono manovre russe dietro i gilet gialli. Per l'Italia ci ha pensato Repubblica a fornire la traduzione italiana delle risposte in ciclostile squadernate in tutto l'Occidente: «All'inizio ero sola e passavo il tempo leggendo libri o facendo i compiti. Ma ora non sono più sola nella mia battaglia, ci sono sempre molte persone intorno a me». Intorno a lei ci sono «i giovani di 1.325 città in 98 Paesi», spiega sempre il quotidiano diretto da Carlo Verdelli, che «diserteranno le aule per dire agli adulti: fate qualcosa per fermare la febbre della Terra».dal vietnam in giùÈ forse lecito avanzare qualche dubbio sulla consapevolezza delle manifestazioni di oggi da parte degli studenti, ma non avrebbe senso intignarsi più di tanto: l'altro ieri era il Vietnam, ieri Porto Alegre, oggi il clima; non sarà l'ultimo di motivi o pretesti, magari perfino nobili, con cui saltare un giorno di scuola. Quello che è obiettivamente nuovo è un livello di propaganda inquietantemente globale e onnivoro, capace di ingurgitare anche il ribellismo e convertirlo ai suoi scopi. Se la preoccupazione per le sorti del creato è ovviamente cosa ottima e sacrosanta, e qualunque modo per aumentare la sensibilità non merita di essere deprecato, non si può neanche correre a comprare l'anello da mettersi al naso per non vedere che la spinta micidiale che annoda le treccine di Greta non è questo. È una pressione sui decisori perché spostino la linea politica - cioè i soldi - su un'agenda determinata, scavalcando esplicitamente le sedi nazionali e i Parlamenti. Qualcuno direbbe, forse, persino la democrazia. Un campanello in tal senso arriva dal Nobel proposto ieri per la fanciulla: un gruppo di deputati norvegesi l'ha candidata al premio per la Pace con le seguenti motivazioni: «Abbiamo indicato Greta perché la minaccia del clima è probabilmente una delle principali cause di guerre e conflitti. Il movimento di massa che Greta ha innescato è un contributo molto importante per la pace»; parola di Andrè Ovstegard.Così, con lo sguardo vagamente vitreo della ragazza svedese elevato (potenzialmente) al rango di Nelson Mandela e Al Gore, si completa l'incredibile contraddizione tra la predica costante sulla necessità delle «competenze» a guidare e orientare la politica, troppo occupata dal problema del consenso per gestire adeguatamente la complessità, e la carovana mediatica attorno a una giovane che, con tutto il bene, difficilmente può essere considerata più titolata del più scalcagnato dei parlamentari a discettare di come sistemare il mondo. O meglio, a tradurre un'istanza apprezzabilissima (la tutela del pianeta) in provvedimenti di legge, che poi sarebbe più o meno il senso della politica.il leggero sospettoCe n'è abbastanza, insomma, per sospettare che i «mandanti morali» di Greta Thunberg abbiano sfoderato l'ultima versione del vincolo esterno: quella tinta di verde. Si combinano, infatti, almeno due istanze tipiche del nostro tempo, e del momento politico in particolare. La prima è la riduzione degli spazi rappresentativi classici: il politologo Lorenzo Castellani ha efficacemente definito «tecnopopulismo» il mix di tecnocrazia che comprime gli ambiti decisionali democratici e strumenti demagogico-retorici usati per farlo. Accade in economia, in sanità, nelle decisioni ambientali. È un dato di fatto, non necessariamente un disastro, ma almeno va chiamato con il suo nome. Nel merito, poi, l'«onda verde» appare come il grande veicolo ideologico per una sinistra che sulla visione del mondo zoppica vistosamente più o meno ovunque, e si presenta come la possibile grande sconfitta alle prossime europee. Riusciranno Greta e chi la sposta in giro per l'Europa a dirottare voti in uscita verso lidi «sovranisti» e ricollocarli sotto sigle progressiste riverniciate di ambientalismo? Ecco, gli studenti in piazza oggi potrebbero non saperlo, ma nei maggiorenni - e nei genitori - qualche domanda potrebbe sorgere.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.