
Undici intellettuali - da Carrino a Buttafuoco, da Cacciari a Veneziani - riuniscono le idee per evitare la catastrofe nucleare. Un’agenda preziosa per il nuovo governo.Armi, solo armi e sempre armi. Da quando è divampato il conflitto tra Mosca e Kiev, la risposta dell’Occidente (comprendendo nel termine la Ue, la Nato e gli Usa che di quest’ultima tirano i fili) è stata univoca. Le prospettive diplomatiche, il dialogo, ogni forma di negoziato si sono arenati ben presto e i vari tavoli imbastiti alla men peggio sono tutti saltati. A parte un Paese come la Turchia che si è ritagliato un ruolo da mediatore per puro interesse nazionale, nessuno ha più adoperato la parola pace con convinzione e forza. Chi lo ha fatto, non ha saputo riempire di contenuti un concetto che, in tal modo, è rimasto astratto e poco attrattivo. Oggi, di fronte a un dibattito che si è appiattito sullo sterile pur se veritiero mantra «c’è un invaso e un invasore», un gruppo di intellettuali italiani prova a immaginare un «manifesto per la pace» credibile, un’alternativa valida all’escalation nucleare. Stiamo parlando di nomi come Antonio Baldassarre, Pietrangelo Buttafuoco, Massimo Cacciari, Franco Cardini, Agostino Carrino, Francesca Izzo, Mauro Magatti, Eugenio Mazzarella, Giuseppe Vacca, Marcello Veneziani, Stefano Zamagni, allarmati di fronte alla totale assuefazione dell’opinione pubblica rispetto a possibili sviluppi apocalittici. «L’atomica è già stata usata. Non è impossibile che si ripeta. Di fronte a questa minaccia non c’è nessuna forte reazione popolare. Si diffonde una pericolosa sensazione di inevitabilità o, peggio, l’idea che solo una “resa dei conti” possa far nascere un nuovo e stabile ordine mondiale. Ma oggi nessuna guerra può imporre un ordine sotto le cui macerie non restino il pianeta, i popoli, l’umanità tutta. Non ci si può rassegnare», è la premessa dalla quale parte l’appello accorato degli intellettuali. Ovviamente, la consapevolezza che siano necessarie idee valide per trasformare una semplice «aspirazione alla pace» in qualcosa di concreto è alla base della chiamata alla mobilitazione per dire «stop» al conflitto. L’invito a valutare le proposte è «rivolto a tutti, a quanti ascoltandolo vorranno rilanciarlo e farsene carico». «Ad una volontà razionale di pace bisogna offrire uno scenario credibile per chiudere questo conflitto, divampato con l’aggressione russa al di là delle gravissime tensioni nel Donbass. Un conflitto che non può avere la vittoria tutta da una parte e la sconfitta tutta dall’altra, secondo una concezione manichea del mondo. Tutti gli attori in conflitto, quelli che stanno sul teatro di guerra e quelli che l’alimentano o non lo impediscono, ne devono essere consapevoli. Bisogna fermare l’escalation e impedire la catastrofe del sonnambulismo», avvertono gli undici pensatori. Proprio per svegliare i dormienti prima che il risveglio avvenga sull’orlo del precipizio e non si riesca ad evitare la caduta, elencano le linee lungo le quali, a loro parere, dovrebbero muoversi dei governi responsabili. Sulla posizione dell’Ucraina rispetto a Ue e Nato, viene immaginata come soluzione la «neutralità di un’Ucraina che entri nell’Unione europea, ma non nella Nato, secondo l’impegno riconosciuto, anche se solo verbale, degli Stati Uniti alla Russia di Gorbaciov». La spinosa questione della penisola di Crimea andrebbe invece risolta, secondo i firmatari del manifesto, con il «concordato riconoscimento dello status de facto della Crimea, tradizionalmente russa e illegalmente «donata» da Kruscev alla Repubblica sovietica ucraina». Come si vede, il rispetto della storia e dei patti intercorsi nel tempo, è una pietra d’angolo nella ricerca di soluzioni pacifiche ad un conflitto che rischia di diventare eterno e trascinare l’Europa nel baratro. Altri punti sui quali focalizzare l’attenzione sono la volontà popolare e le spinte autonomistiche che esistono e non possono essere negate. Ciò si tradurrebbe nell’ «autonomia delle regioni russofone di Lugansk e Donetsk entro l’Ucraina, secondo i Trattati di Minsk, con reali garanzie europee o in alternativa referendum popolari sotto la supervisione dell’Onu». I referendum, che se fatti ad operazioni belliche ancora attive non hanno alcun valore, sono chiesti da anni dai filorussi e, con l’intervento di osservatori internazionali credibili, non avrebbero motivo di essere ostacolati. Con l’appoggio internazionale, sarebbe possibile anche la «definizione dello status amministrativo degli altri territori contesi del Donbass per gestire il melting pot russo-ucraino che nella storia di quelle regioni si è dato e la creazione di un ente paritario russo-ucraino che gestisca le ricchezze minerarie di quelle zone nel loro reciproco interesse». La realizzazione delle proposte renderebbe possibile una «simmetrica de-escalation delle sanzioni europee e internazionali e dell’impegno militare russo nella regione». Insomma, nel vuoto di ragionamenti e nella contrapposizione tra posizioni spesso livorose, lo spazio per guardare oltre esiste. Non a caso, come rimarcano ancora gli estensori della lettera-appello, anche Elon Musk ed Henry Kissinger chiedono una soluzione che «nel rispetto delle ragioni dell’Ucraina offra una via d’uscita al fallimento di Putin sul terreno». Concludono gli autori: «Tali linee sono le più credibili, anche per la Chiesa di Roma. Questa soluzione conviene a tutti, anche all’Occidente e in particolare ai paesi dell’Unione Europea, i più minacciati dall’ipotesi di un attacco nucleare russo. E all’Ucraina stessa, se non vorrà essere la nuova Corea nel cuore dell’Europa per i prossimi 50 anni».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.