2019-08-22
Un paio di insulti (mosci) a Salvini e Conte da burattino è diventato star
Sinistra e giornali fino a ieri hanno dipinto il presidente dimissionario come un Travicello nelle mani dei vice È bastata l'intemerata al Senato per trasformarlo in statista, come Gianfranco Fini contro il Cav. Ma non è finita bene...A star is born, ma non è Lady Gaga, più semplicemente si tratta di un gagà che per 445 giorni ha ricoperto l'incarico di presidente del Consiglio, ricordandosi di esserlo solo l'ultimo giorno, poche ore prima di dimettersi. Sì, è nata una stella, ma purtroppo è cadente: una meteora la cui luce, nonostante gli sforzi di gran parte della stampa per farla brillare nel buio della politica, rischia di spegnersi già nei prossimi giorni.A leggere ieri le cronache dei giornali che riferivano del discorso a Palazzo Madama del capo del governo, pareva che all'improvviso, nel firmamento parlamentare, si fosse accesa una luce di speranza. Giuseppe Conte randella Matteo Salvini nel suo giorno d'addio. Dunque merita attenzione. Anzi, merita il plauso a scena aperta, come tutti quelli che sputano in faccia al ministro dell'Interno. Che sia una Capitana senza arte né parte, che gira il mondo imbottita di idee strampalate sull'immigrazione, o un dj all'ultima spiaggia, non importa: per essere collocati nel Pantheon degli eroi di sinistra è sufficiente dare addosso a Salvini, come fino a ieri bastava picchiare in testa a Silvio Berlusconi. Gianfranco Fini, che prima di dichiarare guerra al Cavaliere era solo un fascista punto e basta, all'improvviso venne decorato sul campo «partigiano della libertà» per la sua battaglia personale al capo di Forza Italia. Ora tocca a Giuseppe Conte, che da marionetta nelle mani di Salvini e Di Maio (il copyright è del capo dei liberali europei Guy Verhofstadt, ma gli applausi sono italiani) si è senza preavviso trasformato in un condottiero contro i barbari. Che spasso a leggere ieri le cronache dei giornali. Da professore impacciato a prode osannato, tutto nello spazio di pochi giorni. Conte il signor nessuno, Conte che tarocca il curriculum, Conte l'imbucato (nei vertici internazionali), Conte foglia di fico (con la minuscola, per non confonderlo con la velatura delle pudenda del presidente della Camera), Conte la pochette dei 5 stelle, Conte il cameriere di Palazzo Chigi. In questi mesi abbiamo letto qualsiasi cosa. Anzi, per mesi, salvo fare ironie, di lui nessuno si è curato, se non per avvicinare la sua inamidata presenza a quella dei manichini della Upim. Ma poi, dopo averlo deriso in ogni modo e aver consegnato agli italiani l'immagine di un prestanome, ecco che all'improvviso, inattesa e nel pieno delle vacanze, è arrivata la crisi. E così, anche la Lady Gaga di Luigi Di Maio (che per quanto si sforzi non è Bradley Cooper e non ha la mira di un cecchino), all'improvviso è potuto salire sul palcoscenico e cantare qualche cosa di superficiale. Se si riascoltano le strofe eseguite l'altro ieri da Giuseppe Conte in favore di telecamere e senatori, che cosa se ne ricava? Solo un mucchio di accuse, quasi tutte personali, niente di politico. Una vecchia lenza del parlamento come Paolo Cirino Pomicino, un napoletano certo non sospettabile di simpatie leghiste, in un'intervista ha parlato di una disputa da osteria, ricordando che anche nel prima Repubblica si regolavano i conti, ma lo si faceva con discorsi alti, non certo con recriminazioni da bassifondi («tu non mi hai dato i nomi delle persone con cui discutere la manovra», «tu non sei all'altezza del ruolo istituzionale»). No, le strofe gorgheggiate da Conte sul palco di Palazzo Madama fanno parte di una canzonetta estiva, non certo di un'opera di successo. Ma a chi detesta Salvini, e nei giornali parliamo della maggioranza, tanto è bastato per far vincere al presidente del Consiglio (ormai ex) il Cantagiro. Non serviva un capolavoro per entrare nella hit parade di chi si oppone al ministro dell'Interno, bastavano una lagna e due arrangiamenti. A star is born. È nata una stella. Canta canzoni stonate, come i ritornelli che si intonano in certe università quando c'è da prendere in giro qualcuno, ma l'interpretazione piace alla gente che si piace. Così, ecco scorrere torrenti di inchiostro per celebrare la marionetta che si è liberata dai burattinai e si prepara a correre da sola. Conte, da avvocato di panna montata (Giovanni Agnelli si rivolterà nella tomba per averlo espropriato della definizione che per oltre mezzo secolo lo ha accompagnato), ha fatto il salto di qualità nel firmamento delle star. Peccato che, dopo aver letto i tanti complimenti a mezzo stampa che gli sono giunti dopo il suo intervento, di Conte non si possa dire altro che è un avvocato di saliva montata.