2025-05-09
Un Leone guiderà la Chiesa. Prevost, il primo yankee: «La pace sia con tutti voi». Sarà un altro Francesco?
Il discorso ai fedeli del nuovo Papa: «Il male non prevarrà, siamo nelle mani di Dio». Poi ringrazia il predecessore e fa recitare l’Ave Maria. Donald Trump: «Un onore per gli Usa».«La pace sia con tutti voi, fratelli e sorelle carissimi». La formula più antica accompagna la sorpresa più grande: a pronunciare dal balcone di San Pietro le fatidiche parole del Cristo risorto è un Papa statunitense, per la prima volta nella storia. È quel Robert Francis Prevost «qui sibi nomen imposuit» Leone XIV e che nel saluto urbi et orbi chiede al mondo cristiano di aiutarlo a raggiungere «una pace disarmata, disarmante, umile». Quando prende la parola davanti a 150.000 fedeli - prima meravigliati e poi plaudenti - sono le 19.13. Lui è diventato il 267° pontefice un’ora prima, al quarto scrutinio come Albino Luciani e Joseph Ratzinger, proprio mentre televisioni e siti preparavano la biografia di Pietro Parolin, ennesimo porporato a entrare in Conclave da Papa e a uscirne da cardinale.Il nuovo Santo Padre, agostiniano nato a Chicago 69 anni fa, cardinale da meno di due anni, è accompagnato nei 300 metri più lunghi della sua vita dal cardinale Dominique Mamberti, che ha il compito di leggere l’annuncio più stupefacente dai tempi di Karol Wojtyla: l’habemus papam che in teoria dovrebbe essere il punto d’incontro fra le varie anime del cattolicesimo in burrasca di questi anni. Quando esce dalla stanza delle Lacrime dove ha indossato l’abito nel rito della vestizione, Prevost è emozionato il giusto. E attende con le mani giunte che la folla si plachi, la Banda dei gendarmi si affievolisca e il mondo cominci a metabolizzare lo choc. Poi annuncia la sua missione evangelica senza enfasi, con una serenità che sfiora l’asciuttezza. Attento a far sì che il suo punto di partenza non crei alcuna ombra diplomatica. «La pace sia con voi. Questo è il primo saluto del Cristo risorto, il buon Pastore. Vorrei che la pace raggiungesse le vostre famiglie, tutti i popoli, tutta la Terra. La pace sia con voi. Una pace disarmata, disarmante, umile. Dio ci ama tutti, incondizionatamente. Ancora conserviamo nelle nostre orecchie la voce di papa Francesco, che benediceva Roma, e il mondo intero, il giorno di Pasqua. Consentitemi di dar seguito a quella stessa benedizione. Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti. E il male non prevarrà: siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti. Siamo discepoli di Cristo, Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di lui come il ponte per essere raggiunti da Dio e dal suo amore. Aiutateci a costruire ponti, con il dialogo, per essere sempre in pace. Grazie a papa Francesco». Papa Leone XIV ha scelto il nome di un pontefice ottocentesco, ricordato per la coniugazione dell’attività pastorale con quella sociopolitica. Erano gli anni della rivoluzione industriale, della doverosa attenzione ai lavoratori, dell’ingresso nella modernità. Produsse 86 encicliche, la più famosa delle quali, la Rerum Novarum, diventò la guida spirituale per affrontare le sfide del Novecento. Piccoli segnali di fumo per delineare il profilo di papa Prevost, che prima di dichiarare l’indulgenza plenaria e di impartire la benedizione coram populo (con buona pace dei progressisti tutte le formule del protocollo, ma proprio tutte, sono ancora e sempre in latino), ringrazia i 133 cardinali che lo hanno eletto: «Vorrei ringraziare tutti i fratelli cardinali che hanno scelto me per essere successore di Pietro, per camminare insieme a voi per cercare la pace, la giustizia, e lavorare con gli uomini e le donne, fedeli a Gesù Cristo, per essere missionari».Definito uno dei più pragmatici e moderati dell’ala progressista (non per nulla è un tifoso del Sinodo permanente e seguace di papa Francesco), Robert Francis Prevost è il frutto di un accordo che ha trovato la sintesi al quarto scrutinio, quando sembrava che i voti dovessero confluire sul segretario di Stato, Parolin. Invece i cardinali hanno scelto il figlio di una Chiesa dove il cattolicesimo è solido, rispettoso della dottrina e soprattutto ricco. Le diocesi americane tengono in piedi la Santa Cupola. E per il Vaticano con 70 milioni di buco, questo non è un dettaglio. Dalle prime parole di Leone XIV si evince un abbozzato identikit programmatico: innanzitutto la tensione verso la pace, poi la proclamazione del Vangelo nei suoi punti cardine. Quindi la devozione a Maria Vergine, quando chiede al popolo assiepato in San Pietro di pronunciare tutti insieme l’Ave Maria. Quell’«essere missionari sempre» fa parte del suo passato in Sudamerica, con gli anni in Perù (luogo fondativo della teologia della liberazione) e un certo populismo bergogliano rimasto sotto la pelle, espresso con la ripetitività della parola «sinodale». «Vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, che cerca la pace e vuole essere vicina a coloro che soffrono».Habemus Papam. Ora servirà un po’ di pazienza per capire la profondità e i limiti del suo «moderatismo» e della sua capacità - nel solco della tradizione americana - di rifuggire dalle derive laiciste. Per ora il mondo lo accoglie con dichiarazioni di gentile approvazione. Il primo messaggio arriva dalla Casa Bianca. Donald Trump è entusiasta dell’elezione dal punto di vista geopolitico: «È un onore vedere eletto il primo pontefice americano della Storia, non vedo l’ora di incontrarlo». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, invia gli auguri «per un lungo e fecondo pontificato». Il premier, Giorgia Meloni, ricorda che «l’Italia ha un legame indissolubile con il Vicario di Cristo e la nostra casa si fonda sulla sintesi straordinaria tra fede e ragione. Sintesi che ha permesso alla civiltà italiana ed europea di concepire un mondo nel quale la persona è centrale, la vita è sacra, gli uomini sono liberi e di eguale dignità. Una civiltà che rispetta le identità altrui senza rinnegare la propria». Poi sottolinea che «il mondo ha un disperato bisogno della pace che lei, papa Leone XIV, ha invocato più volte». Si congratula anche Vladimir Putin: «Sono fiducioso che il dialogo costruttivo fra Russia e Vaticano continui a svilupparsi sulla base dei valori cristiani che ci uniscono». Ursula Von der Leyen: «Leone XIV ispiri il mondo con il suo impegno per la pace». Volodymyr Zelensky a ruota: «Auguro a Sua Santità saggezza e forza». Il presidente israeliano Isaac Herzog porge la mano: «Saremo felici di rafforzare le relazioni fra Israele e la Santa Sede, e di rendere migliore l’amicizia fra ebrei e cristiani in Terra Santa e in tutto il mondo». Chi è in guerra, almeno al tramonto del giorno ispirato dallo Spirito Santo, ha ascoltato la parola pace.
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