2025-01-18
Ultima chiamata per le nomine alla Consulta
L’intesa tra i partiti sui quattro candidati resa difficile dall’esigenza di tutti i protagonisti di apparire determinanti alla soluzione dello stallo. Ma per funzionare al meglio, la Corte Costituzionale deve tornare al più presto ad avere il collegio al completo.Nei giorni scorsi abbiamo assistito all’ennesimo tentativo di elezione, da parte del Parlamento in seduta comune, dei giudici costituzionali mancanti, così frustrando l’impegno dei «pontieri», quei politici di buona volontà, che qualche nome avevano messo insieme per superare l’impasse che rende il collegio ridotto ai minimi del funzionamento. Sono, infatti, quattro sui quindici che costituiscono il collegio i giudici da eleggere.Si è già scritto e detto a proposito della scelta dei giudici costituzionali e della mancata intesa tra i partiti, che in passato c’è sempre stata, considerato il quorum richiesto ed anche per togliere agli eletti il marchio di una sola parte politica che non va bene per giudici chiamati a decidere sulla costituzionalità delle leggi con equilibrio e imparzialità.Non è un’intesa facile anche perché ognuno dei protagonisti, reali o virtuali, dell’ipotetica e auspicata intesa, ha l’esigenza di apparire determinante della scelta, anche in vista di impegni prossimi della Corte, come quello della ammissibilità dei quesiti referendari sulla legge dell’autonomia differenziata, dopo la sentenza numero 192, del 3 dicembre 2024, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale di alcune norme della legge numero 86/2024 cosiddetta Calderoli.Altre sono evidentemente anche le questioni di cui la Consulta dovrà occuparsi per cui la completezza del Collegio è essenziale al suo buon funzionamento. Siamo alla vigilia di un accordo possibile? Cambiando metodo nonché candidati (ormai in parte «bruciati») anche perché, ad una ragionevole valutazione del più recente passato, con l’esclusione di Nicolò Zanon e di Giovanni Pitruzzella chiamato a sostituirlo, negli ultimi decenni quasi tutti i giudici della Consulta sono stati scelti tra personalità dell’area del centrosinistra e, in alcuni casi, con requisiti soggettivi che parte della dottrina considera non coerenti con la disposizione costituzionale che li riguarda.I giudici, infatti, a norma dell’articolo 135 della Costituzione, «sono scelti tra i magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori ordinarie e amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati con più di venti anni di esercizio». E si è osservato che i nominati e gli eletti, appartenenti a queste categorie, spesso non lo erano al momento della loro nomina e/o elezione. E se per i magistrati è espressamente previsto che possano essere anche «a riposo», analoga possibilità non è (e non può esserlo) data ai professori ed agli avvocati, di nomina presidenziale o di elezione parlamentare. Infatti, se la Costituzione avesse voluto prevedere che gli stessi potevano essere (anche) a riposo al momento della nomina o dell’elezione, l’avrebbe espressamente previsto. Mentre la norma si riferisce chiaramente (si rileggano sul punto gli atti dell’Assemblea costituente) ai professori ordinari di materie giuridiche «in servizio» o avvocati che abbiano esercitato (con continuità) per almeno 20 anni la professione legale. Perché chi è «in servizio» rappresenta, nel suo ambito, nella comunità scientifica, anche per prestigio istituzionale, un ruolo libero da condizionamenti. Lo stesso per gli avvocati che devono aver dimostrato, nel campo professionale, un indiscutibile profilo di eccellenza in uno specifico ambito, non di certo dei «tuttologi» iscritti ad un albo professionale.Abbiamo, invece, assistito a nomine e/o elezioni di figure non appartenenti o riferibili alle categorie che la Costituzione ha inequivocabilmente indicato, ma che la stessa Corte, invocando l’autodichia, ha «certificato» ex post per quieto vivere.La lista degli ex professori ed ex avvocati (magari iscritti sì all’albo da oltre 20 anni ma che non hanno mai esercitato e magari sono al momento anche politici in servizio attivo) è lunga e sono difficilmente ascrivibili, in tal senso, alla categoria dei «tecnici».Andrebbe, dunque, spostata l’attenzione, finalmente, dal come votare su chi scegliere, cioè sulle caratteristiche soggettive previste come garanzia dalla Costituzione, soprattutto se indicati come «tecnici», o presunti tali, anche aldilà delle quote di genere. Una piccola statistica sul recente passato, senza in alcun modo mettere in dubbio l’autorevolezza degli attuali giudici e dei loro predecessori, rivela che il presidente (ora emerito anche in quello), Augusto Barbera, al momento dell’elezione era in pensione da 7 anni, a nulla rilevando se professore emerito al momento della nomina. Ugualmente Franco Modugno, in pensione da 7 anni, Marco D’Alberti, in pensione da 4 anni. In precedenza Giuliano Amato, era in pensione, come Paolo Grossi e addirittura Giuliano Vassalli. Anche Paolo Maria Napolitano, consigliere di Stato in servizio, eletto dal Parlamento il 5 luglio 2006, non apparteneva ad una delle categorie eleggibili dal Parlamento in quanto la scelta di un magistrato amministrativo spetta al collegio elettorale della sua magistratura. A meno che, in pensione, sia nel frattempo passato nella categoria degli avvocati. Nei mesi scorsi, infatti, sono circolati (o fatti circolare) - sempre improvvidamente - il nome di autorevoli magistrati amministrativi (in servizio e non a riposo) presi da qualcuno in considerazione per essere eletti nella quota parlamentare, destinata invece ai soli professori o avvocati. Oltre alla impossibilità come già rilevato, ci sarebbe (anche) la inopportunità perché si andrebbe a falsare la quota destinata già per norma costituzionale ai magistrati.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.