
Le stragi di alawiti e cristiani non turbano la coscienza europea. Al regime siriano l’Unione vuole offrire pure i «servizi bancari».Non tutti i regimi sono uguali: ci sono quelli a cui si applicano le sanzioni e altri a cui invece le si tolgono. Non perché siano improvvisamente diventati liberali, e nemmeno perché gli sgherri del dittatore abbiano smesso di torturare e ammazzare gli oppositori, ma soltanto perché conviene in quel momento. È l’Europa, bellezza: con le sue contraddizioni, i suoi opportunismi e il suo cinismo.Ciò che in determinate situazioni è ritenuto intollerabile, in altre diventa tollerabilissimo. Così, se su quanto accade in Ucraina non si possono - giustamente - chiudere gli occhi, di fronte a quel che succede in Siria si può voltare la testa dall’altra parte, così da ignorare i fatti.Le notizie che giungono da Aleppo, Homs, Hama e da Idlib, ossia dalle città occidentali della Siria, sono agghiaccianti. Si parla di esecuzioni di massa, di omicidi a sangue freddo, che colpiscono la popolazione ritenuta a torto o a ragione legata al deposto regime degli Assad, ma anche dell’uccisione di tanti cristiani. Il vescovo Jean Abdo Arbach ha descritto le gravi difficoltà della popolazione rimasta senza lavoro, cibo e medicine, ma soprattutto preoccupata dalle continue violenze che non risparmiano donne e bambini. «A pagare con la vita sono le persone più vulnerabili», ha spiegato commentando l’escalation di violenza degli ultimi giorni, Hanna Jallouf, vicario apostolico latino della seconda città siriana. Tuttavia, i massacri perpetrati dai nuovi padroni del Paese non sembrano impensierire i vertici dell’Unione europea, che a quanto pare hanno occhi e preoccupazioni solo per Kiev. Ahmed Al-Shara, più noto come Al Jolani, autonominatosi presidente della Repubblica arabo siriana, è ricevuto con tutti gli onori nelle principali capitali, senza che nessuno si dia pena per quello che sta accadendo nelle zone occidentali del Paese.Anzi, invece di inasprire le pressioni per costringere i nuovi padroni a impedire che le milizie armate diano la caccia a presunti collaboratori del vecchio regime, la Ue pensa di togliere anche quelle introdotte ai tempi di Assad, come viatico per la nuova dittatura. A rivelarlo è stata Kaja Kallas, ovvero l’Alto rappresentante della Ue per la politica estera e di sicurezza. Figlia d’arte (il padre è stato primo ministro dell’Estonia e per dieci anni commissario europeo), dopo tre anni trascorsi alla guida del governo di Tallinn, Kallas è il ministro degli Esteri dell’Europa e fosse per lei probabilmente avrebbe già dichiarato guerra alla Russia. Ma se le intenzioni nei confronti di Mosca sono molto bellicose, non si può dire la stessa cosa per quanto riguarda Damasco. Anzi, l’ex premier estone, nei confronti del nuovo regime siriano sembra molto comprensiva. È vero, a parole dice che i responsabili delle esecuzioni sommarie dovranno rendere conto (a chi per il momento non lo spiega), ma allo stesso tempo aggiunge che la Ue deve anche fornire servizi. «Vogliamo che la leadership siriana chieda conto alle persone che hanno compiuto questi massacri e questo dimostra che dobbiamo continuare a revocare le sanzioni, perché se c’è speranza allora c’è meno caos». Non è ben chiaro quale sia la logica che la porti a concludere che abolendo i provvedimenti contro la Siria si otterrà di portare i responsabili degli omicidi di massa di fronte a un tribunale. Se avesse un fondamento la sua teoria, con Putin dovremmo fare altrettanto e pure con Ciccio Kim, il dittatore coreano. Se bastasse togliere le ritorsioni economiche e l’embargo per conoscere i responsabili della strage di Bucha, ci sarebbe da chiedersi perché in tre anni abbiano fatto il contrario. Ma il meglio il ministro degli Affari esteri europei lo ha dato quando ha parlato di che cosa offrire in cambio al regime siriano. «È necessario fornire servizi, ad esempio quelli bancari, quindi ne discuteremo sicuramente, ma al momento stiamo procedendo con la revoca delle sanzioni». Che cosa c’entrino le banche con il processo di pace è un mistero. Non credo che riempiendo di bancomat il Paese si otterrà la democrazia. Né penso che consentendo agli istituti di credito di aprire i loro sportelli riusciremo a convincere i tagliagole con il turbante e la barba a non fare a pezzi i cristiani. Ciò che secondo la Kallas dimostra che si deve procedere nell’abolizione delle sanzioni, semmai prova altro. Ovvero lo stato di instabilità della Siria e insieme a esso la totale incapacità della leadership europea, di cui la giovane commissaria fa parte, di capire ciò che sta accadendo nel mondo. Ovviamente, non è solo colpa di Kallas. Pensate che Ursula von der Leyen è pronta a regalare ad Al Jolani 2,5 miliardi di euro, per sostenere le «riforme» del nuovo regime. Il perché del regalo lo ha spiegato la stessa presidente della Commissione: «La Siria ha bisogno di maggior supporto». A far che cosa non è chiaro, ma visto ciò che sta accadendo temiamo il peggio.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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