2024-02-13
Il Consiglio Ue fa un nuovo passo per appropriarsi delle riserve russe
Chi detiene i fondi (congelati) della Banca centrale di Mosca dovrà contabilizzare a parte i proventi maturati nel tempo. Che in futuro potrebbero essere confiscati. Ma poi chi si fiderà più a depositare capitali in Europa?alla bomba, ma alla possibilità di mettere le mani sui 260 miliardi di fondi depositati dalla banca centrale russa ed altre entità russe, presso vari depositari centrali situati in Europa, Regno Unito, Usa e Canada. La gran parte di questi fondi - 191 miliardi di euro in obbligazioni e depositi bancari, mentre l’oro è rimasto depositato in Russia - sono presso il depositario belga Euroclear. Ed è proprio a soggetti come quest’ultimo che sono indirizzati la Decisione ed il Regolamento adottati ieri dal Consiglio.Si è trattato della formalizzazione finale di un processo che era già in corso da tempo - in linea con le indicazioni del G7 del 6 dicembre scorso - con la finalità di obbligare Euroclear a tenere una contabilità separata sia delle attività finanziarie in deposito e sia dei corrispondenti proventi che maturano nel tempo. A questo si aggiunge il divieto di corrispondere quei proventi ai legittimi proprietari delle attività finanziarie.Avere una chiara evidenza contabile dei beni sequestrati e dei relativi proventi è un necessario passo preliminare per arrivare poi alla decisione di schiacciare il «pulsante rosso». Che equivale alla confisca dei soli proventi di quelle attività finanziarie o, peggio, impossessarsi proprio dell’intero capitale. La società belga ha dichiarato che nel 2023 quei proventi sono stati pari a 4,4 miliardi di euro e che stava già accantonando e rilevando contabilmente in modo separato quelle somme. Anche se le norme varate dal Consiglio non potranno applicarsi in modo retroattivo ai proventi già maturati, ma solo a quelli futuri che, peraltro, potrebbero essere non così ingenti come quelli del 2023.Già dai primi mesi dopo l’invasione russa dell’Ucraina, quei beni furono sequestrati. Sottratti quindi solo momentaneamente alla disponibilità dei proprietari, senza osare procedere oltre con la definitività tipica di una confisca.Un’eventualità che ha sollevato enormi perplessità di tipo giuridico da parte di Francia, Germania, Bce e, da ultimo, anche da un intervento del governatore di Bankitalia Fabio Panetta. Si rischierebbe di minare seriamente il ruolo dell’euro come valuta internazionale di riserva. Con un precedente del genere, quali altre banche centrali azzarderebbero più depositare attività finanziarie nella Ue?Come vi abbiamo già riferito domenica 4 febbraio, lo scontro su questo argomento è molto acceso e Viktor Orbán è stato usato solo come un comodo paravento per nascondere la verità: nessuno vuole pagare per l’Ucraina e il bilancio Ue è già esaurito. Da qui la rischiosissima opzione di appropriarsi dei fondi russi. È la tesi di cui abbiamo trovato conferma pochi giorni dopo anche sull’autorevole Washington Post, dove Sergei Guriev, economista presso l’università Sciences Po di Parigi, ha dichiarato senza tanti giri di parole che «senza l’uso dei fondi russi, saranno i governi ed i contribuenti occidentali a pagare, non c’è altra opzione disponibile». Lo stallo sui 50 miliardi per l’Ucraina è durato così a lungo perché non si è ancora riusciti a trovare un modo legale per impadronirsi dei fondi russi e dirottarli a favore della ricostruzione, senza mandare all’aria la stabilità finanziaria dell’eurozona.L’ultima idea in proposito - prospettata in un documento del governo belga, fatto circolare tra le capitali del G7 - è quella di usare gli asset russi come garanzia per emissione di obbligazioni eseguite dai Paesi occidentali o dalla Ue, i cui proventi sarebbero utilizzati per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Il capitale dovrebbe essere rimborsato dai russi e, in caso di rifiuto, sarebbero utilizzati i fondi finora sequestrati. Un compromesso che rimanda nel tempo, senza risolverli, i dubbi sull’appropriazione delle attività finanziarie russe.Che si tratti di un terreno minato, foriero di conseguenze indesiderate e dannose, è un fatto ormai accertato. Tra queste, come riportato dal Financial Times pochi giorni fa, c’è anche l’impossibilità per i russi di pagare gli interessi sulle obbligazioni da loro emesse e comprate da numerosi investitori occidentali ben prima del 2022. Parliamo di circa 40 miliardi di dollari di debiti russi su cui i creditori occidentali - istituzione finanziarie, privati e anche organizzazioni benefiche - non riescono a incassare nemmeno un cent di interessi. I creditori, stanchi di questa situazione, hanno preferito vendere questi titoli a intermediari del Kazakhistan ad un prezzo nettamente scontato (intorno al 70% del valore nominale del titolo). Questi ultimi li hanno poi rivenduti ai russi, con un discreto margine, con l’esito finale che i russi si sono ricomprati il proprio debito a sconto, con guadagni miliardari. Per non parlare delle aziende russe sotto il controllo occidentale svendute ad imprenditori locali.L’ennesimo boomerang lanciato dalla Ue.
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