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2023-02-10
Pressing dell’Ue per dare i jet a Kiev. Ma ora Londra frena: nulla di deciso
Roberta Metsola e Ursula von der Leyen (Getty Images)
Mentre gli analisti mettono in allarme su un nuovo inasprimento del conflitto, al Parlamento europeo si registra la grande escalation già concretamente avvenuta: quella nella «gara» a chi fornisce più aiuti militari e, soprattutto, i sistemi più avanzati. Le richieste di Zelensky erano partite da armi «difensive» e di recente si è arrivati ai migliori carrarmati prodotti dalle industrie dei diversi Paesi che li forniranno: il «colpo grosso» sono considerati i Leopard 2 di produzione tedesca, insieme agli Abrams Usa, che però ci metteranno molto ad arrivare.
Zelensky si è presentato a Bruxelles con l’obiettivo, dichiarato, di ottenere «risultati». «Io non posso permettermi di tornare in patria senza dei risultati. Per sopravvivere abbiamo bisogno di armi e di aiuti finanziari», ha dichiarato il presidente ucraino. Nel pacco regalo Zelensky ha ottenuto la disponibilità a inserire i caccia, ultimo tassello che considera mancante per il suo ambizioso progetto di riprendersi anche il Donbass e la Crimea.
Come si sa, Zelensky ha avuto infatti un incontro a Parigi con il presidente Macron e il cancelliere Scholz sul quale aleggia il mistero. Secondo il rappresentante di Kiev, «l’incontro è stata una riunione molto importante, la considero positiva. Sono state prese decisioni concrete che non intendo annunciare pubblicamente». «Dobbiamo valutare ciò che può essere inviato sul breve termine e corrisponde ai bisogni ucraini, è questo che determinerà la nostra volontà di inviare equipaggiamenti militari», ha chiarito Macron, senza però rispondere in merito alla richiesta di jet. «Non condividerò i piani ucraini perché non è il mio compito», si è limitato a dire.
«La questione dei caccia e delle armi a lungo raggio per l’Ucraina è stata risolta», ha però comunicato in seguito il capo dell’ufficio presidenziale Andriy Yermak. Il vertice del Parlamento spinge affinché il desiderio del presidente ucraino sia realizzato in breve tempo. «Conosciamo il sacrificio che il vostro popolo ha sopportato per l’Europa e dobbiamo onorarlo non solo con le parole, ma anche con i fatti: con la volontà politica di garantire scambi commerciali più facili e con un processo di adesione il più rapido possibile. Con fondi per il vostro popolo, con aiuti per la ricostruzione, con l’addestramento delle vostre truppe. Con equipaggiamenti militari e sistemi di difesa di cui avete bisogno per vincere», ha dichiarato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, aprendo la seduta plenaria straordinaria organizzata in occasione della visita del presidente ucraino. Su quali siano i sistemi necessari per vincere, Metsola non ha dubbi: «Gli Stati devono considerare, rapidamente, come passo successivo, fornire sistemi a lungo raggio e i jet necessari per proteggere la libertà che troppi hanno dato per scontata». Anche il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha ribadito l’impegno dell’Ue a fornire equipaggiamenti militari e ha evidenziato la necessità che le consegne siano il più rapide possibile, specie ora che i rischi di una nuova offensiva russa aumentano. Al coro si è unita la presidente della Commissione Ursula von der Leyen: «La vostra battaglia è una battaglia per la democrazia e per un’Europa libera. Non potremo mai eguagliare i vostri sacrifici. Ma possiamo difendervi e l’abbiamo fatto. Con 67 miliardi di euro di sostegno mobilitato per l’Ucraina e gli ucraini nell’ultimo anno». Il tono entusiastico della discussione non è stato condiviso dalla Gran Bretagna, sui cui accordi con Kiev Zelensky si era sbilanciato in sede europea. «Non abbiamo preso una decisione sui termini di una fornitura di jet, ma stiamo addestrando piloti ucraini», ha tenuto a precisare Downing Street. Il segretario britannico alla Difesa, Ben Wallace, ha escluso che il trasferimento di jet all’Ucraina, possa avvenire in tempi molto rapidi, spiegando che l’invio richiederebbe potenzialmente mesi.
Il governo inglese ha asserito di essere «consapevole dei rischi di escalation» legati a un’eventuale fornitura di aerei da combattimento. Già deciso è invece l’invio di carri armati Challenger 2 e armi a più lungo raggio promessi a Kiev. Zelensky ha affrontato il tema del rapporto Germania-Ucraina, che ha definito «ondivago». «Devo fare pressione con Scholz perché aiuti l’Ucraina e devo continuamente convincerlo che questo aiuto non è per noi ma per gli europei», ha ammesso il presidente ucraino. Ma Scholz ha mantenuto ferma la sua linea di prudenza: «Siamo il Paese europeo che fornisce il maggior sostegno finanziario e umanitario, ma anche il sostegno più concreto in termini di forniture di armi. È necessario affinché l’Ucraina possa difendersi, così come è necessario che questo sia sempre coordinato congiuntamente». Dopo avere incontrato Zelensky per la prima volta dallo scoppio della guerra, l’unico a menzionare la necessità di un cessate il fuoco è stato il premier ungherese, Viktor Orban. «L’Ungheria continuerà a fornire sostegno umanitario e finanziario all’Ucraina. Sosteniamo un cessate il fuoco immediato per prevenire ulteriori perdite di vite umane. L’Ungheria appartiene al campo della pace». Una bocciatura alla logica militare è arrivata anche davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dall’Alto rappresentante per gli affari del disarmo, Izumi Nakamitsu: «La prospettiva di una soluzione negoziata sembra scarsa finché l’attuale logica militare continua a prevalere. Il massiccio flusso di armi in qualsiasi situazione di conflitto armato aumenta i timori di escalation».
Nuova offensiva russa nel Lugansk
Il viaggio a Bruxelles del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha suscitato irritazione dalle parti di Mosca. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha affermato che la Russia dovrebbe realizzare un sistema per lo sviluppo dei droni.
Al momento Mosca sta ricevendo rifornimenti di droni militari dall’Iran. Proprio ieri, un rapporto investigativo diffuso dalla Cnn ha riferito che Teheran starebbe modificando i droni inviati alla Russia per far sì che le esplosioni possano infliggere il massimo danno agli obiettivi infrastrutturali ucraini. «Non abbiamo iniziato nessuna ostilità, stiamo cercando di porvi fine. Queste ostilità sono state avviate dai nazionalisti ucraini e da coloro che li hanno sostenuti nel 2014, quando è avvenuto il colpo di Stato; è così che tutto è iniziato, poi sono seguiti gli eventi in Crimea e nel Donbass», ha detto inoltre il capo del Cremlino, cercando di scaricare su Kiev le responsabilità del conflitto, per poi aggiungere: «Chi vive con i lupi deve ululare come un lupo».
Dal canto suo, l’ex presidente russo, Dmitry Medvedev, ha dichiarato che Mosca sarebbe pronta ad aumentare la produzione di carri armati come reazione alle forniture di armi occidentali a Kiev. «Ieri, il nostro nemico ha implorato aerei, missili e carri armati mentre era all’estero. Cosa dovremmo fare in risposta? È chiaro che in questo caso è naturale per noi aumentare la produzione di vari tipi di armi e attrezzature militari, compresi i carri armati moderni», ha dichiarato. «Stiamo parlando della produzione e modernizzazione di migliaia di carri armati», ha proseguito Medvedev. La Cnn ha riferito che finora Mosca avrebbe perso circa la metà dei propri tank (intorno alle duemila unità).
In questo clima teso, sta circolando su alcuni canali Telegram un video che mostra l’esecuzione di due prigionieri russi da parte di soldati ucraini con colpi di arma da fuoco alla testa. «Mentre Zelensky va in giro per le città europee, i nazisti rimasti a casa sparano sui prigionieri», ha commentato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. «Esattamente per questo il regime di Kiev è stato pagato per molti anni: per infettare il proprio popolo con un’ideologia nemica dell’umanità, per mettere le persone le une contro le altre, per la distruzione della società e dello Stato», ha aggiunto. Sempre ieri, il capo del Wagner Group, Yevgeny Prigozhin, ha annunciato che interromperà i reclutamenti tra i carcerati russi: ricordiamo che questa organizzazione di mercenari è accusata di violazione dei diritti umani in Ucraina e Africa. Nel frattempo, Mosca e Pechino hanno siglato un accordo intergovernativo sulle forniture di gas attraverso la rotta dell’Estremo Oriente.
Non si arrestano frattanto le operazioni belliche. Nella mattinata di ieri, si sono registrati attacchi russi contro la città di Zaporizhzhia. «Mantenete la calma e rimanete nei rifugi. Il nemico sta cercando di attaccare di nuovo. Si prega di non distribuire materiale fotografico e video», ha esortato l’amministrazione militare della regione. Non solo. Negli scorsi giorni, le truppe di Mosca hanno intensificato i propri attacchi nella regione di Lugansk, soprattutto nelle aree di Kupyansk e Lyman.
Secondo quanto riferito dalla Cnn, «nel suo ultimo aggiornamento pubblicato giovedì, lo stato maggiore ha affermato che 25 insediamenti sono stati colpiti dal fuoco dell’artiglieria e che le forze russe hanno effettuato diversi attacchi aerei nell’area». Precedentemente occupate dalle truppe di Mosca, Kupyansk e Lyman sono state riprese dalle forze ucraine a settembre scorso.
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Gara tra Ursula, Michel e Metsola nell’incitare gli Stati a fornire all’Ucraina caccia e missili a lungo raggio. Per i quali Volodymyr Zelensky annuncia già l’accordo con Parigi e Berlino. Uk più cauto: «Nessun invio in tempi rapidi».Crescono gli attacchi al confine con Kharkiv. Video choc di soldati ucraini che uccidono i nemici arresisi. Mosca: «Mentre il loro leader è in giro, i nazisti sparano ai prigionieri».Lo speciale contiene due articoli.Mentre gli analisti mettono in allarme su un nuovo inasprimento del conflitto, al Parlamento europeo si registra la grande escalation già concretamente avvenuta: quella nella «gara» a chi fornisce più aiuti militari e, soprattutto, i sistemi più avanzati. Le richieste di Zelensky erano partite da armi «difensive» e di recente si è arrivati ai migliori carrarmati prodotti dalle industrie dei diversi Paesi che li forniranno: il «colpo grosso» sono considerati i Leopard 2 di produzione tedesca, insieme agli Abrams Usa, che però ci metteranno molto ad arrivare. Zelensky si è presentato a Bruxelles con l’obiettivo, dichiarato, di ottenere «risultati». «Io non posso permettermi di tornare in patria senza dei risultati. Per sopravvivere abbiamo bisogno di armi e di aiuti finanziari», ha dichiarato il presidente ucraino. Nel pacco regalo Zelensky ha ottenuto la disponibilità a inserire i caccia, ultimo tassello che considera mancante per il suo ambizioso progetto di riprendersi anche il Donbass e la Crimea. Come si sa, Zelensky ha avuto infatti un incontro a Parigi con il presidente Macron e il cancelliere Scholz sul quale aleggia il mistero. Secondo il rappresentante di Kiev, «l’incontro è stata una riunione molto importante, la considero positiva. Sono state prese decisioni concrete che non intendo annunciare pubblicamente». «Dobbiamo valutare ciò che può essere inviato sul breve termine e corrisponde ai bisogni ucraini, è questo che determinerà la nostra volontà di inviare equipaggiamenti militari», ha chiarito Macron, senza però rispondere in merito alla richiesta di jet. «Non condividerò i piani ucraini perché non è il mio compito», si è limitato a dire.«La questione dei caccia e delle armi a lungo raggio per l’Ucraina è stata risolta», ha però comunicato in seguito il capo dell’ufficio presidenziale Andriy Yermak. Il vertice del Parlamento spinge affinché il desiderio del presidente ucraino sia realizzato in breve tempo. «Conosciamo il sacrificio che il vostro popolo ha sopportato per l’Europa e dobbiamo onorarlo non solo con le parole, ma anche con i fatti: con la volontà politica di garantire scambi commerciali più facili e con un processo di adesione il più rapido possibile. Con fondi per il vostro popolo, con aiuti per la ricostruzione, con l’addestramento delle vostre truppe. Con equipaggiamenti militari e sistemi di difesa di cui avete bisogno per vincere», ha dichiarato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, aprendo la seduta plenaria straordinaria organizzata in occasione della visita del presidente ucraino. Su quali siano i sistemi necessari per vincere, Metsola non ha dubbi: «Gli Stati devono considerare, rapidamente, come passo successivo, fornire sistemi a lungo raggio e i jet necessari per proteggere la libertà che troppi hanno dato per scontata». Anche il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha ribadito l’impegno dell’Ue a fornire equipaggiamenti militari e ha evidenziato la necessità che le consegne siano il più rapide possibile, specie ora che i rischi di una nuova offensiva russa aumentano. Al coro si è unita la presidente della Commissione Ursula von der Leyen: «La vostra battaglia è una battaglia per la democrazia e per un’Europa libera. Non potremo mai eguagliare i vostri sacrifici. Ma possiamo difendervi e l’abbiamo fatto. Con 67 miliardi di euro di sostegno mobilitato per l’Ucraina e gli ucraini nell’ultimo anno». Il tono entusiastico della discussione non è stato condiviso dalla Gran Bretagna, sui cui accordi con Kiev Zelensky si era sbilanciato in sede europea. «Non abbiamo preso una decisione sui termini di una fornitura di jet, ma stiamo addestrando piloti ucraini», ha tenuto a precisare Downing Street. Il segretario britannico alla Difesa, Ben Wallace, ha escluso che il trasferimento di jet all’Ucraina, possa avvenire in tempi molto rapidi, spiegando che l’invio richiederebbe potenzialmente mesi. Il governo inglese ha asserito di essere «consapevole dei rischi di escalation» legati a un’eventuale fornitura di aerei da combattimento. Già deciso è invece l’invio di carri armati Challenger 2 e armi a più lungo raggio promessi a Kiev. Zelensky ha affrontato il tema del rapporto Germania-Ucraina, che ha definito «ondivago». «Devo fare pressione con Scholz perché aiuti l’Ucraina e devo continuamente convincerlo che questo aiuto non è per noi ma per gli europei», ha ammesso il presidente ucraino. Ma Scholz ha mantenuto ferma la sua linea di prudenza: «Siamo il Paese europeo che fornisce il maggior sostegno finanziario e umanitario, ma anche il sostegno più concreto in termini di forniture di armi. È necessario affinché l’Ucraina possa difendersi, così come è necessario che questo sia sempre coordinato congiuntamente». Dopo avere incontrato Zelensky per la prima volta dallo scoppio della guerra, l’unico a menzionare la necessità di un cessate il fuoco è stato il premier ungherese, Viktor Orban. «L’Ungheria continuerà a fornire sostegno umanitario e finanziario all’Ucraina. Sosteniamo un cessate il fuoco immediato per prevenire ulteriori perdite di vite umane. L’Ungheria appartiene al campo della pace». Una bocciatura alla logica militare è arrivata anche davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dall’Alto rappresentante per gli affari del disarmo, Izumi Nakamitsu: «La prospettiva di una soluzione negoziata sembra scarsa finché l’attuale logica militare continua a prevalere. Il massiccio flusso di armi in qualsiasi situazione di conflitto armato aumenta i timori di escalation». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ue-caccia-ucraina-2659397310.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nuova-offensiva-russa-nel-lugansk" data-post-id="2659397310" data-published-at="1675984375" data-use-pagination="False"> Nuova offensiva russa nel Lugansk Il viaggio a Bruxelles del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha suscitato irritazione dalle parti di Mosca. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha affermato che la Russia dovrebbe realizzare un sistema per lo sviluppo dei droni. Al momento Mosca sta ricevendo rifornimenti di droni militari dall’Iran. Proprio ieri, un rapporto investigativo diffuso dalla Cnn ha riferito che Teheran starebbe modificando i droni inviati alla Russia per far sì che le esplosioni possano infliggere il massimo danno agli obiettivi infrastrutturali ucraini. «Non abbiamo iniziato nessuna ostilità, stiamo cercando di porvi fine. Queste ostilità sono state avviate dai nazionalisti ucraini e da coloro che li hanno sostenuti nel 2014, quando è avvenuto il colpo di Stato; è così che tutto è iniziato, poi sono seguiti gli eventi in Crimea e nel Donbass», ha detto inoltre il capo del Cremlino, cercando di scaricare su Kiev le responsabilità del conflitto, per poi aggiungere: «Chi vive con i lupi deve ululare come un lupo». Dal canto suo, l’ex presidente russo, Dmitry Medvedev, ha dichiarato che Mosca sarebbe pronta ad aumentare la produzione di carri armati come reazione alle forniture di armi occidentali a Kiev. «Ieri, il nostro nemico ha implorato aerei, missili e carri armati mentre era all’estero. Cosa dovremmo fare in risposta? È chiaro che in questo caso è naturale per noi aumentare la produzione di vari tipi di armi e attrezzature militari, compresi i carri armati moderni», ha dichiarato. «Stiamo parlando della produzione e modernizzazione di migliaia di carri armati», ha proseguito Medvedev. La Cnn ha riferito che finora Mosca avrebbe perso circa la metà dei propri tank (intorno alle duemila unità). In questo clima teso, sta circolando su alcuni canali Telegram un video che mostra l’esecuzione di due prigionieri russi da parte di soldati ucraini con colpi di arma da fuoco alla testa. «Mentre Zelensky va in giro per le città europee, i nazisti rimasti a casa sparano sui prigionieri», ha commentato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. «Esattamente per questo il regime di Kiev è stato pagato per molti anni: per infettare il proprio popolo con un’ideologia nemica dell’umanità, per mettere le persone le une contro le altre, per la distruzione della società e dello Stato», ha aggiunto. Sempre ieri, il capo del Wagner Group, Yevgeny Prigozhin, ha annunciato che interromperà i reclutamenti tra i carcerati russi: ricordiamo che questa organizzazione di mercenari è accusata di violazione dei diritti umani in Ucraina e Africa. Nel frattempo, Mosca e Pechino hanno siglato un accordo intergovernativo sulle forniture di gas attraverso la rotta dell’Estremo Oriente. Non si arrestano frattanto le operazioni belliche. Nella mattinata di ieri, si sono registrati attacchi russi contro la città di Zaporizhzhia. «Mantenete la calma e rimanete nei rifugi. Il nemico sta cercando di attaccare di nuovo. Si prega di non distribuire materiale fotografico e video», ha esortato l’amministrazione militare della regione. Non solo. Negli scorsi giorni, le truppe di Mosca hanno intensificato i propri attacchi nella regione di Lugansk, soprattutto nelle aree di Kupyansk e Lyman. Secondo quanto riferito dalla Cnn, «nel suo ultimo aggiornamento pubblicato giovedì, lo stato maggiore ha affermato che 25 insediamenti sono stati colpiti dal fuoco dell’artiglieria e che le forze russe hanno effettuato diversi attacchi aerei nell’area». Precedentemente occupate dalle truppe di Mosca, Kupyansk e Lyman sono state riprese dalle forze ucraine a settembre scorso.
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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