2025-03-02
Gli Usa temono il trucco di Kiev: forze di pace per fare la guerra
Washington insiste: garanzie di sicurezza dopo il cessate il fuoco. E l’Ue concorda.Garanzie di sicurezza. È racchiuso in questa formula il motivo della clamorosa contesa in mondovisione tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Non a caso, la miccia si è accesa quando l’ucraino ha rinfacciato a J.D. Vance la comprovata indisponibilità di Vladimir Putin a rispettare i termini delle tregue. Il tycoon, al contrario, è convinto che lo zar non verrebbe meno alla parola data, finché alla Casa Bianca ci sarà l’uomo che rappresenta la migliore chance di ricondurre la Russia nel consesso delle nazioni civili, strappandola all’abbraccio mortale con la Cina.Quello delle clausole che vincolerebbero l’Occidente a intervenire, in caso di violazione del cessate il fuoco, è un punto delicatissimo. Trump, persuaso che il baricentro della geopolitica mondiale non si trovi nel Donbass bensì nell’Indo-Pacifico, non ha intenzione di occuparsi della lunghissima - quasi 2.000 chilometri - linea del fronte ucraino. Zelensky, invece, sa che l’unica assicurazione valida per lui sarebbe quella americana. Dell’Ue gli interessa poco. Lo aveva messo in chiaro una ventina di giorni fa: «C’è chi dice che l’Europa potrebbe offrire garanzie di sicurezza senza gli americani e io dico sempre di no. Le garanzie di sicurezza senza l’America non sono garanzie di sicurezza reali».Il disaccordo con Trump si consuma in merito all’ordine degli addendi: il capo della resistenza vuole prima le garanzie e poi la pace; il presidente Usa offre prima la pace, che comunque deve ancora ottenere, e poi, semmai, le garanzie. Chi ha ragione?È lecito pretendere chiarezza dal leader ucraino, che ha spesso invocato l’intervento degli alleati sul terreno, incassando almeno il contributo seminascosto di personale e istruttori Nato. La domanda cui dovrebbe rispondere è questa: Zelensky ha in mente una forza che vigili sull’armistizio? Oppure spera di attirare sul teatro bellico truppe statunitensi e dell’Alleanza atlantica, in attesa di un incidente che le coinvolga in un conflitto diretto contro la Russia? Che esista un pericolo simile lo hanno capito persino gli europei. Le cancellerie del Vecchio continente, incluse quelle di Francia e Regno Unito, le due potenze più favorevoli all’ipotesi di schierare uomini in Ucraina, sono unanimi: per discutere di contingenti militari bisogna innanzitutto accertarsi che né gli aggressori né gli aggrediti sparino più un colpo. Viste così, le posizioni statunitense ed europea finiscono per coincidere.Dopodiché, bisognerebbe definire chi sarebbe titolato a entrare nella squadra di «vigilantes» internazionali. Gli Usa non paiono disposti né a giurare che difenderanno l’Ucraina qualora, in futuro, fosse di nuovo attaccata, né - men che meno! - a spedire loro soldati. L’Ue non è pronta: non ha gli armamenti e nemmeno gli effettivi. E poi non vanno dimenticate le radici della guerra: l’ossessione di Mosca per l’allargamento a Est della Nato. Dieci anni fa, il Cremlino era contrario anche all’ingresso di Kiev nell’Unione europea; ora acconsentirebbe, purché gli ucraini restino fuori dall’Alleanza atlantica. La loro adesione è stata esclusa da Trump e sarebbe tecnicamente complessa. Resta il fatto che, in virtù dei patti stretti di recente con l’Ucraina, Londra ha promesso di sostenerne la candidatura; in più, l’ingresso nell’organizzazione militare è ancora incluso nella Costituzione del Paese, emendata nel 2019. Se Putin ha scatenato un conflitto, pur di scongiurare l’arrivo della Nato in quello che considera il cortile di casa sua, sarebbe razionale riportargli al fronte gli americani e la Nato? L’unica soluzione percorribile parrebbe una missione sotto l’egida dell’Onu, anche perché la Russia ha voce in capitolo nel Consiglio di sicurezza. Lì siede, con potere di veto, pure la Cina, la cui partecipazione riequilibrerebbe il peso degli occidentali. Ma visto il precedente dei Caschi blu in Libano, sarebbe fortissimo il rischio di un’ennesima pantomima.È indubbio: per l’Ucraina è vitale - lo è in senso letterale - l’appoggio degli Usa. È altresì evidente che Zelensky, tanto per riprendere un’espressione di Trump, a Washington si è giocato malissimo le poche carte che aveva. E ora l’ex attore è a corto di battute.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)