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2022-11-25
Dall’Ue 18 miliardi agli Ucraini in cambio di riforme. E loro vogliono vietare i culti
Manifestazione di attivisti ucraini di fronte alla statua di Caterina II di Russia a Odessa (Ansa)
Mentre l’Unione europea eroga finanziamenti perché l’Ucraina possa tenersi a galla nel contesto della guerra ma possa anche modernizzarsi e adeguarsi al percorso di adesione all’Ue, Kiev presenta un disegno di legge che di moderno non ha proprio nulla.
L’Ucraina intende infatti bandire la Chiesa russa dal Paese. Il disegno di legge per proibire l’attività della Chiesa ortodossa russa sul territorio ucraino è stato presentato in Parlamento a Kiev, sostenuto dall’accusa, per la Chiesa russa nel suo complesso, di dare appoggio a Vladimir Putin e alla guerra. «Le sue attività non sono religiose ma di natura politica. La leadership e il clero della Chiesa russa sono usati per attività anti-ucraine che approvano l’aggressione militare di Mosca nel nostro Paese, benedicono i soldati russi che portano la morte alla pacifica popolazione dell’Ucraina», ha scritto il deputato che ha presentato il disegno di legge, Mykola Knyazhytskyi. Knyazhytskyi, ben consapevole che nell’Unione europea la libertà di culto è garantita, ha sottolineato che i legislatori non negano il diritto alla libertà di religione. «Ognuno può credere a cosa e come vuole, o non credere a niente. Ma qualsiasi organizzazione deve rispettare il diritto dello Stato di obbedire alle leggi e rispettare la legge e l’ordine», ha affermato.
Due giorni fa, però, le forze speciali ucraine hanno perquisito il famoso monastero delle Grotte di Kiev, il monastero della Santissima Trinità di Koretsky e i locali della diocesi Sarnensko-Polyska nella regione di Rivne, asserendo che venisse effettuata al loro interno attività anti-ucraina. Al momento non ci sono prove di tali affermazioni. Nel frattempo, come si diceva, il Parlamento europeo ha dato il via libera al prestito da 18 miliardi di euro all’Ucraina per il 2023. L’Eurocamera ha approvato il prestito a lungo termine condizionato ad una serie di riforme. Tali riforme, che dovranno «rafforzare le istituzioni del Paese e prepararlo sia alla ricostruzione che al percorso di adesione all’Ue», comprendono la lotta alla corruzione, la riforma giudiziaria, il rispetto dello Stato di diritto, e la modernizzazione delle istituzioni. Tutti concetti, dunque, con i quali la possibile proibizione di un culto stride enormemente. Lo stato di avanzamento delle misure di ammodernamento dovrà comunque essere esaminato dalla Commissione prima dell’erogazione di ciascuna rata (il prestito verrà erogato trimestralmente). Il denaro dovrà servire, ovviamente, anche a sostenere «i servizi pubblici essenziali, la fornitura di alloggi per i profughi, la stabilità macroeconomica e il ripristino delle infrastrutture critiche distrutte dalla Russia».
Il clima nei confronti di qualsiasi simbolo russo è talmente esacerbato che il consiglio comunale di Odessa ha deciso di demolire il monumento a Caterina II di Russia. Caterina, imperatrice di Russia e fondatrice della città, è ora vista come un simbolo dell’oppressione di Mosca.
Intanto, l’Ucraina fa i conti con la distruzione delle infrastrutture civili. Il sindaco di Kiev, Vitaliy Klitschko, ha affermato che dopo gli ultimi raid russi che hanno lasciato l’Ucraina al buio e al gelo, il 70% della capitale è ancora privo di energia. Resta in modalità blackout completo, dopo i bombardamenti, la centrale di Zaporizhzhia. Lo ha segnalato l’Energoatom, aggiungendo che «il livello di radiazione nel sito della centrale rimane normale». «Vedendo la neve penso ai nostri amici ucraini che, a causa dei barbarici attacchi terroristici di Putin contro le infrastrutture, devono affrontare questo inverno senza elettricità e acqua. A causa sua, bambini con i loro genitori e nonni stanno congelando nel buio. Condanno questi attacchi barbarici. Sono crimini di guerra», ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, in una conferenza stampa in Finlandia. La stessa Von der Leyen ha confermato che l’Ue sta preparando un nono pacchetto di sanzioni contro la Russia. Il rappresentante permanente russo presso le Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, ha affermato da parte sua che Mosca sta colpendo le infrastrutture «in risposta all’invio di armi occidentali e agli sconsiderati appelli di Kiev per una vittoria militare sulla Russia». Il diplomatico ha affermato che l’«operazione speciale» proseguirà fino a quando Kiev non assumerà «una posizione realistica che consenta un negoziato». Il rappresentante di Mosca ha anche osservato che i danni agli edifici residenziali e le vittime civili «sono da imputare all’Ucraina» la cui difesa aerea non si trova nelle periferie, bensì al centro delle città. «Di conseguenza, frammenti di missili ucraini colpiscono oggetti a cui la Russia non mirava nemmeno», ha aggiunto Nebenzya. Nel frattempo, il tribunale di Lefortovo a Mosca ha convalidato l’arresto di tre ucraini - Yanina Akulova, Anton Nikolaevich Zhukovsky e Dmitry Sergeyevich Sergeyev - sospettati di aver tentato di compiere un attentato sul territorio russo.
Sul campo, si contano i morti. Sei decessi e trenta feriti si registrano nella città di Vyshgorod. I corpi di oltre 400 civili uccisi a Kherson durante l’occupazione russa sarebbero poi stati rivenuti, secondo il procuratore dello Stato, Andriy Kostin. Il ministero della Difesa in Russia ha intanto annunciato la liberazione di 50 prigionieri di guerra da parte dell’Ucraina nel quadro di uno scambio di prigionieri. Poco prima il leader filorusso della repubblica di Donetsk aveva reso noto che anche la Russia avrebbe rilasciato 50 soldati ucraini.
Michel va da Xi e lascia a casa Ursula
Anziché imparare dai propri errori, Bruxelles continua a guardare in direzione della Repubblica popolare cinese. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si recherà infatti a Pechino giovedì prossimo, per incontrare Xi Jinping. «La visita a Pechino fa seguito alla discussione strategica del Consiglio europeo sulle relazioni dell’Unione europea con la Cina tenutasi in ottobre», si legge in una nota ufficiale del Consiglio europeo. «In un contesto geopolitico ed economico teso, la visita rappresenta un’opportunità tempestiva di dialogo tra l’Ue e la Cina. I leader dell’Ue e della Cina discuteranno delle sfide globali e di argomenti di interesse comune», recita ancora il comunicato.
L’ultimo presidente del Consiglio europeo ricevuto da Xi in Cina fu Donald Tusk nel luglio del 2018. Tuttavia all’epoca Tusk si recò a Pechino accompagnato dall’allora capo della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Stavolta le cose andranno invece diversamente, dato che non è prevista la presenza di Ursula von der Leyen. Non a caso, Politico ieri definiva la circostanza come una «rottura con la tradizione». È verosimile che tale situazione sia dovuta alle tensioni in corso tra la stessa von der Leyen e Michel: tensioni che, iniziate ai tempi del cosiddetto sofagate in Turchia l’anno scorso, pare si siano progressivamente intensificate. Insomma, non è escluso che, con questo viaggio, il presidente del Consiglio europeo voglia infliggere uno schiaffo politico in piena regola alla von der Leyen.
Tuttavia, al di là delle beghe che si registrano ai piani alti di Bruxelles, i nodi sono soprattutto di carattere geopolitico. In primis, questo acrimonioso sfilacciamento ai vertici europei indebolisce la posizione dell’Ue davanti al Dragone. In secondo luogo, ricordiamo che il mese scorso Xi ha ottenuto un inedito terzo mandato come segretario generale del Pcc, consolidando il proprio già ampio potere. Va inoltre tenuto presente che il viaggio di Michel arriverà poche settimane dopo la visita ufficiale a Pechino del cancelliere tedesco, Olaf Scholz: una visita che ha notevolmente rinsaldato i rapporti politici ed economici tra Germania e Cina. D’altronde, proprio Berlino ha svolto un significativo ruolo nell’avvicinamento tra l’Ue e il Dragone. Fu infatti su input di Angela Merkel (di cui Scholz era all’epoca vicecancelliere) che la Commissione europea firmò il controverso trattato sugli investimenti con la Repubblica popolare nel dicembre 2020: trattato che di fatto non affrontava la questione del lavoro forzato nello Xinjiang e che irritò non poco gli Usa. Dal canto suo, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha reso noto di voler visitare la Cina all’inizio dell’anno prossimo.
Insomma, sembra proprio che l’asse franco-tedesco stia continuando ad orientare la politica complessiva dell’Ue in un senso tutt’altro che ostile alla Cina. Tutto questo, con buona pace di chi, come la Lituania, invoca una linea più severa nei confronti del Dragone. Non è d’altronde escludibile che il viaggio di Michel possa irritare gli americani. «Gli Stati Uniti sono il nostro alleato più importante ma, in alcuni casi, non avremo la stessa posizione o lo stesso approccio nei confronti della Cina», aveva detto appena martedì scorso l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell, annunciando inoltre un viaggio del suo team a Washington la prossima settimana per discutere del dossier cinese.
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Il Parlamento europeo dà l’ok al prestito, a patto che Kiev rafforzi lo Stato di diritto. Propositi non proprio in linea col disegno di legge che intende bandire la Chiesa russa.Giovedì il presidente del Consiglio europeo vola a Pechino. Ma in modo irrituale la leader della Commissione, con cui non corre buon sangue, non sarà presente.Lo speciale contiene due articoli.Mentre l’Unione europea eroga finanziamenti perché l’Ucraina possa tenersi a galla nel contesto della guerra ma possa anche modernizzarsi e adeguarsi al percorso di adesione all’Ue, Kiev presenta un disegno di legge che di moderno non ha proprio nulla. L’Ucraina intende infatti bandire la Chiesa russa dal Paese. Il disegno di legge per proibire l’attività della Chiesa ortodossa russa sul territorio ucraino è stato presentato in Parlamento a Kiev, sostenuto dall’accusa, per la Chiesa russa nel suo complesso, di dare appoggio a Vladimir Putin e alla guerra. «Le sue attività non sono religiose ma di natura politica. La leadership e il clero della Chiesa russa sono usati per attività anti-ucraine che approvano l’aggressione militare di Mosca nel nostro Paese, benedicono i soldati russi che portano la morte alla pacifica popolazione dell’Ucraina», ha scritto il deputato che ha presentato il disegno di legge, Mykola Knyazhytskyi. Knyazhytskyi, ben consapevole che nell’Unione europea la libertà di culto è garantita, ha sottolineato che i legislatori non negano il diritto alla libertà di religione. «Ognuno può credere a cosa e come vuole, o non credere a niente. Ma qualsiasi organizzazione deve rispettare il diritto dello Stato di obbedire alle leggi e rispettare la legge e l’ordine», ha affermato. Due giorni fa, però, le forze speciali ucraine hanno perquisito il famoso monastero delle Grotte di Kiev, il monastero della Santissima Trinità di Koretsky e i locali della diocesi Sarnensko-Polyska nella regione di Rivne, asserendo che venisse effettuata al loro interno attività anti-ucraina. Al momento non ci sono prove di tali affermazioni. Nel frattempo, come si diceva, il Parlamento europeo ha dato il via libera al prestito da 18 miliardi di euro all’Ucraina per il 2023. L’Eurocamera ha approvato il prestito a lungo termine condizionato ad una serie di riforme. Tali riforme, che dovranno «rafforzare le istituzioni del Paese e prepararlo sia alla ricostruzione che al percorso di adesione all’Ue», comprendono la lotta alla corruzione, la riforma giudiziaria, il rispetto dello Stato di diritto, e la modernizzazione delle istituzioni. Tutti concetti, dunque, con i quali la possibile proibizione di un culto stride enormemente. Lo stato di avanzamento delle misure di ammodernamento dovrà comunque essere esaminato dalla Commissione prima dell’erogazione di ciascuna rata (il prestito verrà erogato trimestralmente). Il denaro dovrà servire, ovviamente, anche a sostenere «i servizi pubblici essenziali, la fornitura di alloggi per i profughi, la stabilità macroeconomica e il ripristino delle infrastrutture critiche distrutte dalla Russia». Il clima nei confronti di qualsiasi simbolo russo è talmente esacerbato che il consiglio comunale di Odessa ha deciso di demolire il monumento a Caterina II di Russia. Caterina, imperatrice di Russia e fondatrice della città, è ora vista come un simbolo dell’oppressione di Mosca. Intanto, l’Ucraina fa i conti con la distruzione delle infrastrutture civili. Il sindaco di Kiev, Vitaliy Klitschko, ha affermato che dopo gli ultimi raid russi che hanno lasciato l’Ucraina al buio e al gelo, il 70% della capitale è ancora privo di energia. Resta in modalità blackout completo, dopo i bombardamenti, la centrale di Zaporizhzhia. Lo ha segnalato l’Energoatom, aggiungendo che «il livello di radiazione nel sito della centrale rimane normale». «Vedendo la neve penso ai nostri amici ucraini che, a causa dei barbarici attacchi terroristici di Putin contro le infrastrutture, devono affrontare questo inverno senza elettricità e acqua. A causa sua, bambini con i loro genitori e nonni stanno congelando nel buio. Condanno questi attacchi barbarici. Sono crimini di guerra», ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, in una conferenza stampa in Finlandia. La stessa Von der Leyen ha confermato che l’Ue sta preparando un nono pacchetto di sanzioni contro la Russia. Il rappresentante permanente russo presso le Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, ha affermato da parte sua che Mosca sta colpendo le infrastrutture «in risposta all’invio di armi occidentali e agli sconsiderati appelli di Kiev per una vittoria militare sulla Russia». Il diplomatico ha affermato che l’«operazione speciale» proseguirà fino a quando Kiev non assumerà «una posizione realistica che consenta un negoziato». Il rappresentante di Mosca ha anche osservato che i danni agli edifici residenziali e le vittime civili «sono da imputare all’Ucraina» la cui difesa aerea non si trova nelle periferie, bensì al centro delle città. «Di conseguenza, frammenti di missili ucraini colpiscono oggetti a cui la Russia non mirava nemmeno», ha aggiunto Nebenzya. Nel frattempo, il tribunale di Lefortovo a Mosca ha convalidato l’arresto di tre ucraini - Yanina Akulova, Anton Nikolaevich Zhukovsky e Dmitry Sergeyevich Sergeyev - sospettati di aver tentato di compiere un attentato sul territorio russo. Sul campo, si contano i morti. Sei decessi e trenta feriti si registrano nella città di Vyshgorod. I corpi di oltre 400 civili uccisi a Kherson durante l’occupazione russa sarebbero poi stati rivenuti, secondo il procuratore dello Stato, Andriy Kostin. Il ministero della Difesa in Russia ha intanto annunciato la liberazione di 50 prigionieri di guerra da parte dell’Ucraina nel quadro di uno scambio di prigionieri. Poco prima il leader filorusso della repubblica di Donetsk aveva reso noto che anche la Russia avrebbe rilasciato 50 soldati ucraini. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ucraina-chiesa-russa-2658781818.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="michel-va-da-xi-e-lascia-a-casa-ursula" data-post-id="2658781818" data-published-at="1669375533" data-use-pagination="False"> Michel va da Xi e lascia a casa Ursula Anziché imparare dai propri errori, Bruxelles continua a guardare in direzione della Repubblica popolare cinese. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si recherà infatti a Pechino giovedì prossimo, per incontrare Xi Jinping. «La visita a Pechino fa seguito alla discussione strategica del Consiglio europeo sulle relazioni dell’Unione europea con la Cina tenutasi in ottobre», si legge in una nota ufficiale del Consiglio europeo. «In un contesto geopolitico ed economico teso, la visita rappresenta un’opportunità tempestiva di dialogo tra l’Ue e la Cina. I leader dell’Ue e della Cina discuteranno delle sfide globali e di argomenti di interesse comune», recita ancora il comunicato. L’ultimo presidente del Consiglio europeo ricevuto da Xi in Cina fu Donald Tusk nel luglio del 2018. Tuttavia all’epoca Tusk si recò a Pechino accompagnato dall’allora capo della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Stavolta le cose andranno invece diversamente, dato che non è prevista la presenza di Ursula von der Leyen. Non a caso, Politico ieri definiva la circostanza come una «rottura con la tradizione». È verosimile che tale situazione sia dovuta alle tensioni in corso tra la stessa von der Leyen e Michel: tensioni che, iniziate ai tempi del cosiddetto sofagate in Turchia l’anno scorso, pare si siano progressivamente intensificate. Insomma, non è escluso che, con questo viaggio, il presidente del Consiglio europeo voglia infliggere uno schiaffo politico in piena regola alla von der Leyen. Tuttavia, al di là delle beghe che si registrano ai piani alti di Bruxelles, i nodi sono soprattutto di carattere geopolitico. In primis, questo acrimonioso sfilacciamento ai vertici europei indebolisce la posizione dell’Ue davanti al Dragone. In secondo luogo, ricordiamo che il mese scorso Xi ha ottenuto un inedito terzo mandato come segretario generale del Pcc, consolidando il proprio già ampio potere. Va inoltre tenuto presente che il viaggio di Michel arriverà poche settimane dopo la visita ufficiale a Pechino del cancelliere tedesco, Olaf Scholz: una visita che ha notevolmente rinsaldato i rapporti politici ed economici tra Germania e Cina. D’altronde, proprio Berlino ha svolto un significativo ruolo nell’avvicinamento tra l’Ue e il Dragone. Fu infatti su input di Angela Merkel (di cui Scholz era all’epoca vicecancelliere) che la Commissione europea firmò il controverso trattato sugli investimenti con la Repubblica popolare nel dicembre 2020: trattato che di fatto non affrontava la questione del lavoro forzato nello Xinjiang e che irritò non poco gli Usa. Dal canto suo, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha reso noto di voler visitare la Cina all’inizio dell’anno prossimo. Insomma, sembra proprio che l’asse franco-tedesco stia continuando ad orientare la politica complessiva dell’Ue in un senso tutt’altro che ostile alla Cina. Tutto questo, con buona pace di chi, come la Lituania, invoca una linea più severa nei confronti del Dragone. Non è d’altronde escludibile che il viaggio di Michel possa irritare gli americani. «Gli Stati Uniti sono il nostro alleato più importante ma, in alcuni casi, non avremo la stessa posizione o lo stesso approccio nei confronti della Cina», aveva detto appena martedì scorso l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell, annunciando inoltre un viaggio del suo team a Washington la prossima settimana per discutere del dossier cinese.
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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