- Tensione a Firenze: anarchici e centri sociali devastano il centro. Quattro arresti e 20 denunce. Feriti dieci agenti. A Roma tafferugli tra estrema destra e polizia. Così gli sfascia-piazze fanno da stampella a Giuseppi.
- Nel rispetto delle norme anti assembramento Prato si è illuminata con 2.500 lumini simbolo degli esercenti colpiti dalle serrate. A Milano flash mob del mondo dello sport.
Lo speciale contiene due articoli.
Una città devastata, danni per centinaia di migliaia di euro e la legittima protesta di molti lavoratori terrorizzati da un nuovo lockdown cancellata per mano di un gruppetto di anarchici antagonisti. È stata una notte lunga e travagliata quella di venerdì sera nel centro di Firenze. La manifestazione annunciata contro le misure del governo Conte si è trasformata, velocemente, in una scusa per picchiare poliziotti e carabinieri senza alcun ritegno. Il volantino della protesta aveva iniziato a girare in rete, in particolar modo sui social network, già dallo scorso lunedì. Immediatamente le forze dell'ordine avevano fatto notare come non vi fosse alcuna traccia degli organizzatori. E che questo dettaglio avrebbe potuto sottintendere la presenza di infiltrati, provenienti da ogni angolo del Paese. Giovani, anzi, giovanissimi, appartenenti prevalentemente all'area di estrema sinistra che poi sarebbero effettivamente giunti nel capoluogo toscano con un unico intento: spaccare tutto e, se possibile, ferire magari qualche uomo in divisa. Per giorni, in città, è andato avanti questo tam tam mediatico. Fino a venerdì pomeriggio, quando i commercianti del centro storico, già martoriati dalle scelte dell'esecutivo guidato dall'avvocato del popolo, hanno provato a difendere almeno le loro vetrine, blindandole con assi di legno. La parte che l'Unesco ha riconosciuto come patrimonio dell'umanità alle 20 sembrava un sobborgo di una città mediorientale. Pronta allo scontro. La cronaca non ha avuto l'ingrato compito di raccontare di scontri mortali solo grazie alla professionalità dei tanti poliziotti e carabinieri presenti in piazza.
Che, nonostante stipendi spesso offensivi, hanno dimostrato ancora una volta buon senso e attaccamento alla giubba. Si è andati avanti per ore, in vari punti del centro storico: piazza Strozzi, via Calzaiuoli, piazza Santa Maria Novella. Al momento sono state arrestate quattro persone. Si tratta di due donne e due uomini, tutti riconducibili all'area anarchica e antagonista. L'accusa è quella di resistenza a pubblico ufficiale. Nello specifico si tratta di una ventottenne fiorentina e una ventiseienne di origine albanese, un ventinovenne fiorentino e un diciannovenne aretino. Quest'ultimo, che si era travestito ispirandosi alla famosa serie di Netflix, La casa di carta, è accusato anche di lancio di ordigni. Non contento di aver portato disordine in città, ha pensato bene di tirare una molotov nei pressi di Borgo Ognissanti. Altri venti giovani sono stati denunciati a piede libero a vario titolo, per i reati di violenza, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Gli investigatori della Digos sono al lavoro in queste ore per l'identificazione (grazie alle immagini video) di decine e decine di manifestanti che hanno preso parte agli scontri durante il corteo illegale. Tra le forze dell'ordine si registrano dieci poliziotti che hanno riportato ferite lievi. Danneggiata anche una volante. «Ci hanno fatto vivere una notte surreale, terribile e dolorosa - ha sottolineato in un post sulla propria pagina Facebook il sindaco Dario Nardella - Non è così che si manifestano le proprie ragioni, non è così che si dà voce alla sofferenza. È solo violenza fine a se stessa, gratuita. Chi sfregia Firenze deve pagare per quello che ha fatto».
Su posizioni analoghe anche l'ex segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi. «Nessuno giustifichi questi criminali, nessuno». Numerosi i danni alla città, ben visibili dopo la notte di follia. Si parla di decine, se non di centinaia di migliaia di euro. Distrutte le fioriere in via Calzaiuoli e in via Tornabuoni (la strada della moda, una delle vie più eleganti dell'intera città), divelti un numero altissimo di cartelli stradali e danneggiati almeno sette semafori. Uno è stato sradicato a forza di calci. La tensione in città è rimasta palpabile anche ieri pomeriggio, durante un'altra manifestazione organizzata da varie sigle della sinistra e dai centri sociali, e volta a contestare l'azione del governo nel contrasto al coronavirus. Il presunto fermo di un manifestante ha acceso la miccia, e regalato la scusa per poter ingaggiare un confronto con le forze dell'ordine davanti alla prefettura.
Il tutto, per fortuna, si è risolto velocemente e il corteo ha ripreso la propria marcia in direzione della sede di Confindustria, in via Valfonda. «Protestare è legittimo, spaccare una città assolutamente no - ha ricordato il capogruppo in Regione per Fratelli d'Italia, Francesco Torselli - Sono semplicemente vergognose le immagini di guerriglia urbana che abbiamo visto. Chi ama Firenze non può tollerare episodi di violenza, vandalismo e aggressione»
La giornata di ieri ha registrato altri tafferugli anche a Roma nati da alcuni militanti dell'estrema destra, presenti alla manifestazione a Campo dei Fiori, decisi a spostarsi dalla piazza in corteo verso Montecitorio. Sono stati esplosi alcuni petardi e lanciati dei fumogeni verso le forze di polizia. Alcuni manifestanti si sono spostati nell'adiacente piazza Farnese, dove c'è la sede dell'ambasciata di Francia. La tensione è stata sedata sul nascere.
E mentre in Piazza Trilussa a Trastevere i manifestanti delle «Mascherine tricolori», vicine a Casapound, venivano monitorati dalla polizia, in piazza Indipendenza sono scesi i movimenti «Tu ci chiudi, tu ci paghi» di studenti, precari, disoccupati, sindacati. La zona, non distante dalla stazione Termini, è stata blindata e un elicottero la sorvolava dall'alto.
Ed è oscurato chi protesta con civiltà
Mentre le cronache degli ultimi giorni sono state scandite da violente tensioni nelle più grandi città italiane - Roma, Milano, Napoli, Firenze, Bologna - a opera di facinorosi, arrivati anche allo scontro con le forze dell'ordine e a danneggiamenti di piazze e vetrine, c'è chi ha voluto far sentire la propria protesta e il disagio arrecato dalle ultime disposizioni del governo senza coprirsi il volto e lanciare molotov.
È il caso, per esempio, della manifestazione di venerdì sera scorso a Prato, partita dall'idea dei tre consiglieri comunali, Claudio Belgiorno di Fratelli d'Italia, Claudiu Stanasel e Leonardo Soldi della Lega. Piazza delle Carceri è stata illuminata dalla luce di 2.500 lumini riportanti i nomi di imprenditori e aziende per dire al governo che «Prato non si spegne», come scritto nel grande striscione steso per terra, nonostante la decisione di far chiudere alle 18 tutti i locali della ristorazione e la serrata di palestre, teatri, cinema e circoli.
Nessun assembramento né disordini, solo una dimostrazione di perseveranza, come racconta alla Verità il consigliere Stanasel: «Nella notte dell'assalto a Firenze, Prato si è erta a simbolo di civiltà, educazione e partecipazione in sicurezza e nel rispetto della salute di tutti i cittadini. La manifestazione ha rispettato tutte le norme anti Covid e ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato virtualmente lasciandoci il proprio nominativo che abbiamo scritto sulla rispettiva candela o portandoci direttamente quest'ultima per poi seguire la diretta da casa».
Manifestazione nel pieno rispetto della sicurezza anche quella svoltasi ieri a Milano, davanti il cimitero Monumentale. Durante la mattinata si sono riunite un centinaio di persone per un flash mob contro la chiusura di palestre e piscine al quale hanno preso parte l'Associazione regionale imprese dello sport e delle arti del benessere fisico (Arisa) e la Federazione italiana nuoto (Fin).
Con sullo sfondo i cartelli «In piscina si rispettano le regole, «Il cloro uccide il virus», «In piscina i nostri figli sono al sicuro», in piazza sono state adagiate per terra i cordoli che delimitano le corsie delle vasche e simulate delle mini gare di nuoto, pallanuoto e nuoto sincronizzato.
«Questo è il funerale dello sport», dice Marco Contardi, presidente regionale Arisa, «in Lombardia ci sono circa 17.000 impianti sportivi, 6.000 tra Milano e provincia. Non ci si rende conto delle ricadute sociali di una decisione del genere. Già a ottobre abbiamo riscontrato un calo pari a circa il 50% in meno di ricavi rispetto a un anno fa. Purtroppo gli utenti sono spaventati».
«Non è mai stata evidenziata alcuna anomalia nei nostri impianti, nonostante ci siano stati 200 controlli in una settimana. Chiudendo tutto si toglie l'ossigeno alle società del nuoto, quindi è in forte dubbio la riapertura» avverte Danilo Vucenovich, presidente del comitato regionale Fin.
- L'accusa per il presidente della Toscana è turbativa d'asta. Nel mirino un bando per il trasporto locale vinto dai transalpini di Ratp, già sponsor della festa dell'Unità di Firenze. Il governatore svelò l'esito della gara quattro giorni prima dell'assegnazione
- Le aziende cinesi di Prato che producevano false protezioni facevano lavorare i propri operai in condizioni allucinanti
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Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, è indagato dalla Procura di Firenze per turbativa d'asta. L'inchiesta riguarda la gara regionale per il trasporto pubblico locale: un bando da quasi 4 miliardi di euro che nel novembre 2015 era stato vinto dalla società Autolinee toscane, controllata dalla Régie autonome des transports parisiens (Ratp), a sua volta posseduta dallo Stato francese.
Con Rossi, governatore Pd della Toscana dal 2010, sono indagati due funzionari della Regione, Riccardo Buffoni e Ivana Malvaso, e quattro membri della commissione giudicatrice di cinque anni fa: Stefano Pozzoli, Patrizia Lattarulo, Gabriella Rorandelli e Mario Sebastiani. Nei loro confronti le accuse, a vario titolo, sono l'abuso d'ufficio, la turbativa d'asta e l'induzione a promettere o dare utilità.
La vicenda comincia a fine 2014, quando la Toscana lancia la gara per il mega-appalto dei trasporti locali, una concessione della durata di 11 anni. I concorrenti sono due. Da una parte c'è Mobit, un consorzio italiano di aziende dei trasporti che già dal 2005 gestisce quel servizio; dall'altra parte ci sono i francesi di Ratp, con la loro Autolinee toscane. Nel luglio 2015 i due concorrenti presentano le offerte. Il 13 novembre, quando mancano pochi giorni alla comunicazione ufficiale da parte della commissione giudicatrice, Rossi viene intervistato da Aska News e dice: «Hanno vinto i francesi». Il governatore aggiunge una netta critica a Mobit: «Dall'altra parte avevamo i consorzi locali», dice Rossi, «con i loro tanti sprechi». L'allora presidente di Mobit, Andrea Zavanella, reagisce con una dichiarazione secca: «Preferiremmo più neutralità».
Alla fine, malgrado polemiche che subito diventano feroci, cinque anni fa la commissione attribuisce la concessione miliardaria a Ratp: il ribasso dei francesi è il 3%, contro l'1,75% degli italiani. Mobit, però, non accetta il risultato e scatena un contenzioso amministrativo fra Tar, Consiglio di Stato e Corte di giustizia europea. È una battaglia che va avanti fino ai giorni nostri. Mobit cerca di dimostrare le presunte irregolarità della vittoria dei francesi, segnalando tra l'altro che nel 2015 Ratp aveva già ottenuto dal governo di Parigi la concessione diretta del trasporto pubblico nell'Île-de-France, e che in base ai regolamenti europei contro le distorsioni della concorrenza, questo fatto di per sé avrebbe dovuto impedirle di partecipare a gare estere.
I ricorsi di Mobit, però, vengono tutti vanificati: l'ultima sconfitta risale a lunedì scorso, 15 giugno, quando il Consiglio di Stato ha respinto un'istanza di sospensione cautelare della gara. L'appalto, che nel frattempo avrebbe dovuto essere operativo dal 1° giugno 2020, a causa dell'emergenza coronavirus è slittato al primo luglio.
Anche l'inchiesta penale fiorentina nasce da un esposto dei soci di Mobit, presentato nel giugno 2019. Nella denuncia, la società conferma i sospetti sull'intervista di Rossi ad Aska News del 13 novembre 2015, e ricorda che quel giorno la gara era ancora in corso, «dato che i piani economico-finanziari delle due concorrenti sono stati valutati dalla commissione solo quattro giorni dopo, il 17 novembre, mentre l'aggiudicazione provvisoria è stata disposta solo il 24 novembre».
Mobit nell'esposto contesta altre anomalie, già segnalate nel 2016 da Claudio Borghi Aquilini, allora consigliere regionale della Lega e portavoce dell'opposizione. Borghi aveva denunciato che nell'estate 2015 proprio Ratp era stata sponsor della Festa dell'Unità a Firenze; e che Remo Fattorini, già portavoce di Rossi e dei governatori toscani negli ultimi vent'anni, avesse lasciato quell'incarico per essere assunto da Ratp. «Quei due fatti», ricorda alla Verità Borghi, oggi parlamentare leghista, «mi avevano insospettito parecchio».
Ora nell'esposto di Mobit si leggono altre coincidenze sospette: e cioè che Ratp aveva assunto anche la figlia di Fattorini, e che lo stesso era accaduto a «Marco Gorelli, già consulente della Regione in materia di trasporto pubblico locale». Di più. La denuncia sottolinea che uno dei componenti della commissione giudicatrice, cioè il professor Stefano Pozzoli (oggi tra gli indagati), «è stato membro del collegio sindacale di Alexa, società operante nei trasporti pubblici, il cui azionista di maggioranza era Ratp international, e il cui presidente è l'attuale presidente di Autolinee toscane».
Mobit contesta anche fatti avvenuti durante la gara. In particolare rileva irregolarità nel deposito del Piano economico finanziario, il Pef, che ogni concorrente doveva produrre «anche su supporto digitale». Nell'esposto si legge: «Dalle imbarazzate e imbarazzanti difese svolte dalla Regione Toscana nel giudizio amministrativo, si è tratta la ragionevole convinzione della sussistenza di reati, consistenti nella falsa attestazione di un tempestivo deposito del Pef». Mobit sostiene insomma che il dvd di Ratp sarebbe stato depositato soltanto due giorni dopo la regolare scadenza.
Rossi, ieri, ha reagito con forza alla notizia dell'inchiesta. Contestando «l'esposto della cordata d'imprese che ha perso la gara», il governatore ha dichiarato: «A volte, ricevere un avviso di garanzia è segno del fatto che si fanno cose importanti a favore dei cittadini e che si toccano interessi che non vogliono mettersi da parte».
Sull'inchiesta fiorentina, ieri è intervenuto anche Matteo Salvini: «Vergogna in Regione Toscana», ha detto il leader della Lega. «Il maxi-appalto assegnato ai francesi - e già questo grida vendetta - finisce sotto inchiesta, ed è indagato anche il governatore di sinistra. I cittadini toscani meritano di meglio».
Le mascherine tarocche destinate alla Regione fabbricate in mezzo ai topi
Al peggio non c'è davvero mai fine. Non solo le mascherine che avrebbero dovuto proteggere i cittadini toscani non servivano a nulla e non erano certificate, ma venivano prodotte in laboratori cinesi di Prato pieni di topi e sporcizia. Ieri sera Tommaso Mattei, durante la trasmissione di Rete 4 condotta da Mario Giordano Fuori dal coro, ha mostrato delle immagini davvero raccapriccianti. Le ditte si trovavano in capannoni sprovvisti di estintori e bagni per disabili e il livello igenico era ben sotto ciò che può essere tollerato. Le intercettazioni mandate in onda durante l'esaustivo servizio fanno capire come l'unica finalità degli imprenditori fosse il massimo profitto. Ma c'è di più. La guardia di finanza ha scoperto che gli stessi operai cinesi, mentre erano intenti a confezionare le mascherine tarocche, indossavano dispositivi Fpp3. E scherzavano tra di loro sull'inutilità di quel pezzo di stoffa che avrebbe al contrario dovuto proteggere i toscani dall'emergenza Covid. Un'autentica beffa. Un'inchiesta partita grazie ad un blitz della guardia di finanza di Prato e raccontata cinque giorni fa dal nostro quotidiano. I 250 agenti impegnati hanno scoperto una gigantesca truffa: le mascherine chirurgiche vendute alla Protezione civile e a Estar, la centrale di acquisti della Regione Toscana, non sono a norma. Ma c'è di più: sono state prodotte da lavoratori in nero in decine di aziende cinesi presenti nel capoluogo toscano. Sfruttamento del lavoro e violazioni alla sicurezza, intermediazione illecita, frode nelle pubbliche forniture e truffa ai danni dello Stato: sono solo alcuni dei reati contestati ai titolari (o ai prestanome, starà agli inquirenti stabilire anche questo importante aspetto) delle 28 ditte del distretto tessile pratese. Le fiamme gialle hanno individuato oltre 90 dipendenti che lavoravano senza un regolare contratto, senza assicurazione e spesso in condizioni di scarsa sicurezza. Tredici gli arresti, milioni le mascherine sequestrate, oltre ai macchinari e ai conti correnti a nove zeri. Gli imprenditori, in realtà, erano dei veri e propri aguzzini: obbligavano gli operai a turni massacranti, talvolta anche di sedici ore consecutive. Le uscite di sicurezza erano sigillate, per evitare anche la sola tentazione di andare a fumare una sigaretta o riposarsi due minuti. Un giro di affari gigantesco che è arrivato a toccare i 45 milioni di euro. L'annus horribilis del governatore Enrico Rossi si compone così di un ulteriore tassello. Il 2020 lo ha visto involontario protagonista delle cronache prima durante il battibecco col virologo Roberto Burioni (ormai famigerata l'accusa di essere un «fascioleghista» per chi ha osato discostarsi dal pensiero unico rossiano), poi grazie alle inchieste della Verità sui morti nelle residenze per anziani. Senza dimenticare i 200 ventilatori pagati ben sette milioni di euro e mai arrivati. Secondoquanto raccontato fra gli altri, anche questa volta, da Fuori dal coro, ben 160 sono ancora fermi alla dogana a Bologna, mentre i restanti 40 sono all'aeroporto di Malpensa. L'esponente del partito democratico ha subito dichiarato che, di fronte alla conferma delle irregolarità riscontrate dalla guardia di finanza, la Regione sarebbe parte lesa. Una presa di posizione che non è bastata all'opposizione. Da Marco Stella (Forza Italia) a Paolo Marcheschi (Fratelli d'Italia), da Jacopo Alberti (Lega) fino a Francesco Torselli (Fdi) si è alzato un unico coro per chiedere al governatore di chiarire, in aula, i dettagli dell'intera vicenda.
- I balordi che hanno ucciso l'agente vengono da Giugliano, centro di ricettazione di tre regioni. Con immunità di fatto.
- La bomba contagi di don Massimo Biancalani. Test di massa nel discusso centro di accoglienza di Pistoia: due africani in isolamento e un terzo caso sospetto. Tensione per la libertà concessa agli ospiti e i continui litigi.
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Gli «intoccabili» se ne stanno tra baracche, camper e lamiere, in Via Carrafiello, a Giugliano in Campania, il Comune non capoluogo di provincia più popoloso d'Italia con i suoi 123.387 abitanti. «Intoccabili» perché nessuno se ne occupa. Né la magistratura tanto meno le forze dell'ordine. Vivono e delinquono indisturbati. Sono i rom del campo nomadi da cui provengono i quattro balordi che, l'altra notte, hanno ammazzato l'agente scelto Pasquale Apicella, 37 anni. Stavano sradicando un bancomat dalla filiale del Credit agricole in una strada poco lontana da Piazza Carlo III, nel cuore di Napoli. Sono stati scoperti e hanno iniziato un folle inseguimento che si è concluso contro la volante della polizia. L'urto è stato così forte che una mano invisibile ha strappato il motore dal cofano dell'auto dei banditi e l'ha scaraventato a metri di distanza sul marciapiedi.
«Sono criminali efferati», ci spiega una fonte della Squadra mobile partenopea, «che godono di una sorta di immunità di fatto: sui campi rom dell'area nord di Napoli (dove vive circa un migliaio di uomini, ndr) non ci sono blitz né attività investigative. Mancano gli interpreti capaci di tradurre i dialetti intercettati al cellulare. Un misto di serbo, croato e montenegrino con inflessioni che solo chi è nato e vissuto in quelle comunità conosce». I quattro balordi, incarcerati con l'accusa di omicidio volontario, saranno interrogati quest'oggi dal gip per la convalida del fermo. Due sono stati bloccati mentre erano ancora storditi per l'impatto nella vettura, altri due hanno tentato la fuga ma sono stati fermati poche ore dopo. «Quel campo nomadi è un enorme centro di ricettazione oltre che il quartier generale di gruppi organizzati di rom che svaligiano case e negozi in Campania, nel basso Lazio e in Molise», ci spiega un graduato dell'Arma dei carabinieri. «Molti gps, posizionati sulle batterie dei ponti ripetitori delle antenne telefoniche, merce particolarmente ricercata sul mercato nero, finiscono la loro corsa nella bidonville di Via Carrafiello: ma sappiamo che è inutile andare a cercare lì». Il capo attuale dell'insediamento, dove sono stati censiti circa 250 soggetti, si chiama Ahmetovic. È lui che coordina tutte le attività, ed è lui ad avere potere assoluto sui suoi «sudditi». Tutti imparentati tra di loro, peraltro.
«I rapporti con la camorra esistono, e sono documentati in anni di indagini sulle cosche dell'area nord: nei campi rom, i boss sanno di poter nascondere sempre armi e macchine che scottano». Il campionario dei reati è vario. Bande di nomadi si sono specializzate nel furto dei cavi di rame dalle linee ferroviarie e nella successiva fusione. «Sono i fumi di questi rudimentali altiforni che avvelenano la Terra dei fuochi», prosegue il militare, «enormi pire di materiale plastico e pneumatici che alimentano le fornaci che scioglieranno i metalli». Con lo stesso sistema, vengono fabbricati lingottini d'oro dai gioielli razziati nelle abitazioni o con furti di destrezza. «Un altro affare gestito dai nomadi del campo rom di Giugliano è quello dei cavalli di ritorno che prevede il pagamento di un riscatto per ottenere la restituzione della vettura trafugata». I «bolidi» pregiati vengono invece trattenuti per essere smembrati e rivenduti all'estero. Le amministrazioni comunali giuglianesi hanno provato, per anni, a sgomberare le aree occupate, arrivando finanche a offrire premi in denaro, ma il risultato è stata la sola moltiplicazione dei «villaggi» illegali.
«L'incidente dell'altra notte non è una fatalità: prima o poi doveva accadere. Sono anni che scorrazzano indisturbati per l'hinterland. I rapinatori rom usano macchine pesanti come le Audi proprio perché hanno l'abitudine di speronare le auto delle forze dell'ordine. È gente senza scrupoli».
La dinamica della tragedia lo conferma: la volante guidata da Apicella è stata letteralmente centrata dai nomadi in fuga contromano lungo Calata Capodichino. Non hanno sterzato né frenato come pure avrebbero potuto fare considerata l'ampiezza della strada e la sua lunghezza. Apicella ha cercato di bloccarli, ed è rimasto travolto dall'Audi dei banditi. Lui era così, generoso e senza paura. E un suo amico, Luigi, ieri su Facebook ha citato un episodio emblematico. «L'11 maggio dell'anno scorso mi inviasti questa foto, una ferita sempre dovuta ad un incidente durante un inseguimento. Io ti dissi di fare attenzione e tu mi rispondesti che era il tuo mestiere». E, per centinaia di colleghi che piangono un uomo perbene, che lascia moglie e figli di sei anni e quattro mesi, e attendono ora dal governo l'autorizzazione per partecipare in massa ai funerali, c'è chi non ha perso l'occasione per dimostrare la sua disumanità. Una donna di 52 anni di Cagliari è stata denunciata per aver offeso la memoria del poliziotto sui social network. Sotto la foto della volante sfasciata, ha commentato: «Ogni tanto una gioia».
La bomba contagi di don Biancalani
Dopo giorni di feroci proteste da parte dei residenti, di tensioni con i cittadini di Pistoia e di prese di posizione di Lega e Fratelli d'Italia, finalmente anche gli immigrati ospiti del centro di Vicofaro, gestito da don Massimo Biancalani, si sono sottoposti ai test sierologici sul Covid-19. Al momento ci sono due africani in isolamento e un terzo caso sospetto. Entro la fine della settimana ci saranno i risultati definitivi.
Nella città toscana c'è una tensione palpabile. Il rischio che i tamponi possano dare esiti positivi è concreto. E le conseguenze sul centro di accoglienza più discusso d'Italia diventerebbero imprevedibili. Il sacerdote, su indicazione delle autorità sanitarie, ha deciso di blindare la sua parrocchia. Da ieri nessuno entra, nessuno esce. Un tentativo, probabilmente tardivo, di seguire in modo scrupoloso le regole alle quali sono stati sottoposti gli italiani negli ultimi due mesi: lavarsi con assidua frequenza le mani, indossare senza discussione le mascherine e non avere nessun tipo di contatto con gli altri ospiti.
L'intervento di screening è stato diretto dalla Asl. «Per il centro di accoglienza pistoiese», si legge in una nota, «sono state intraprese azioni di prevenzione analoghe a quelle adottate nelle Rsa. Sono state messe in atto le stesse procedure di valutazione epidemiologica adottate già per altre comunità a tutela degli ospiti».
Il centro di don Biancalani era tornato agli onori della cronaca nell'ultimo mese almeno altre due volte. Correva il 19 marzo quando un video, girato da un vicino esasperato, mostrava gli immigrati senza mascherina, uno vicino all'altro, che parlavano serenamente tra loro nel cortile della parrocchia. Ma non solo. Gli africani, secondo numerose testimonianze, entravano e uscivano a proprio piacimento, senza alcun controllo. Tre giorni prima una rissa, legata all'uso della cucina e, probabilmente, all'abuso di alcolici. «Siamo lasciati soli da tutti», si lamentò don accoglienza, «dallo Stato e anche dalla Chiesa. Ho parlato con il questore e con la prefetta reggente, promettendo loro di far rispettare dai migranti ospitati in questa struttura le regole per il contenimento del contagio del coronavirus».
Lunedì scorso una nuova rissa ha portato due nigeriani in ospedale. In un video si vede un immigrato, prontamente fermato da un carabiniere, che cerca di aggredire un residente, reo di essersi permesso di proferire parola sulla gestione della parrocchia di Vicofaro.
«È una notizia davvero molto preoccupante», ha sottolineato Francesco Torselli, coordinatore regionale di Fratelli d'Italia. «Esistono forti dubbi su come don Biancalani gestisca questo centro e su quali siano le condizioni in cui vengono tenuti gli ospiti all'interno. Poche ore prima del test i migranti erano tutti in strada a ballare e cantare Bella ciao in mezzo ad altri cittadini. Chi può garantirci che tra i novelli partigiani-ballerini non vi fossero anche quelli che sono stati riscontrati positivi?».





