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2020-11-01
Ancora scontri violenti nelle piazze. La maggioranza si sfrega le mani
Ansa
Una città devastata, danni per centinaia di migliaia di euro e la legittima protesta di molti lavoratori terrorizzati da un nuovo lockdown cancellata per mano di un gruppetto di anarchici antagonisti. È stata una notte lunga e travagliata quella di venerdì sera nel centro di Firenze. La manifestazione annunciata contro le misure del governo Conte si è trasformata, velocemente, in una scusa per picchiare poliziotti e carabinieri senza alcun ritegno. Il volantino della protesta aveva iniziato a girare in rete, in particolar modo sui social network, già dallo scorso lunedì. Immediatamente le forze dell'ordine avevano fatto notare come non vi fosse alcuna traccia degli organizzatori. E che questo dettaglio avrebbe potuto sottintendere la presenza di infiltrati, provenienti da ogni angolo del Paese. Giovani, anzi, giovanissimi, appartenenti prevalentemente all'area di estrema sinistra che poi sarebbero effettivamente giunti nel capoluogo toscano con un unico intento: spaccare tutto e, se possibile, ferire magari qualche uomo in divisa. Per giorni, in città, è andato avanti questo tam tam mediatico. Fino a venerdì pomeriggio, quando i commercianti del centro storico, già martoriati dalle scelte dell'esecutivo guidato dall'avvocato del popolo, hanno provato a difendere almeno le loro vetrine, blindandole con assi di legno. La parte che l'Unesco ha riconosciuto come patrimonio dell'umanità alle 20 sembrava un sobborgo di una città mediorientale. Pronta allo scontro. La cronaca non ha avuto l'ingrato compito di raccontare di scontri mortali solo grazie alla professionalità dei tanti poliziotti e carabinieri presenti in piazza.
Che, nonostante stipendi spesso offensivi, hanno dimostrato ancora una volta buon senso e attaccamento alla giubba. Si è andati avanti per ore, in vari punti del centro storico: piazza Strozzi, via Calzaiuoli, piazza Santa Maria Novella. Al momento sono state arrestate quattro persone. Si tratta di due donne e due uomini, tutti riconducibili all'area anarchica e antagonista. L'accusa è quella di resistenza a pubblico ufficiale. Nello specifico si tratta di una ventottenne fiorentina e una ventiseienne di origine albanese, un ventinovenne fiorentino e un diciannovenne aretino. Quest'ultimo, che si era travestito ispirandosi alla famosa serie di Netflix, La casa di carta, è accusato anche di lancio di ordigni. Non contento di aver portato disordine in città, ha pensato bene di tirare una molotov nei pressi di Borgo Ognissanti. Altri venti giovani sono stati denunciati a piede libero a vario titolo, per i reati di violenza, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Gli investigatori della Digos sono al lavoro in queste ore per l'identificazione (grazie alle immagini video) di decine e decine di manifestanti che hanno preso parte agli scontri durante il corteo illegale. Tra le forze dell'ordine si registrano dieci poliziotti che hanno riportato ferite lievi. Danneggiata anche una volante. «Ci hanno fatto vivere una notte surreale, terribile e dolorosa - ha sottolineato in un post sulla propria pagina Facebook il sindaco Dario Nardella - Non è così che si manifestano le proprie ragioni, non è così che si dà voce alla sofferenza. È solo violenza fine a se stessa, gratuita. Chi sfregia Firenze deve pagare per quello che ha fatto».
Su posizioni analoghe anche l'ex segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi. «Nessuno giustifichi questi criminali, nessuno». Numerosi i danni alla città, ben visibili dopo la notte di follia. Si parla di decine, se non di centinaia di migliaia di euro. Distrutte le fioriere in via Calzaiuoli e in via Tornabuoni (la strada della moda, una delle vie più eleganti dell'intera città), divelti un numero altissimo di cartelli stradali e danneggiati almeno sette semafori. Uno è stato sradicato a forza di calci. La tensione in città è rimasta palpabile anche ieri pomeriggio, durante un'altra manifestazione organizzata da varie sigle della sinistra e dai centri sociali, e volta a contestare l'azione del governo nel contrasto al coronavirus. Il presunto fermo di un manifestante ha acceso la miccia, e regalato la scusa per poter ingaggiare un confronto con le forze dell'ordine davanti alla prefettura.
Il tutto, per fortuna, si è risolto velocemente e il corteo ha ripreso la propria marcia in direzione della sede di Confindustria, in via Valfonda. «Protestare è legittimo, spaccare una città assolutamente no - ha ricordato il capogruppo in Regione per Fratelli d'Italia, Francesco Torselli - Sono semplicemente vergognose le immagini di guerriglia urbana che abbiamo visto. Chi ama Firenze non può tollerare episodi di violenza, vandalismo e aggressione»
La giornata di ieri ha registrato altri tafferugli anche a Roma nati da alcuni militanti dell'estrema destra, presenti alla manifestazione a Campo dei Fiori, decisi a spostarsi dalla piazza in corteo verso Montecitorio. Sono stati esplosi alcuni petardi e lanciati dei fumogeni verso le forze di polizia. Alcuni manifestanti si sono spostati nell'adiacente piazza Farnese, dove c'è la sede dell'ambasciata di Francia. La tensione è stata sedata sul nascere.
E mentre in Piazza Trilussa a Trastevere i manifestanti delle «Mascherine tricolori», vicine a Casapound, venivano monitorati dalla polizia, in piazza Indipendenza sono scesi i movimenti «Tu ci chiudi, tu ci paghi» di studenti, precari, disoccupati, sindacati. La zona, non distante dalla stazione Termini, è stata blindata e un elicottero la sorvolava dall'alto.
Ed è oscurato chi protesta con civiltà
Mentre le cronache degli ultimi giorni sono state scandite da violente tensioni nelle più grandi città italiane - Roma, Milano, Napoli, Firenze, Bologna - a opera di facinorosi, arrivati anche allo scontro con le forze dell'ordine e a danneggiamenti di piazze e vetrine, c'è chi ha voluto far sentire la propria protesta e il disagio arrecato dalle ultime disposizioni del governo senza coprirsi il volto e lanciare molotov.
È il caso, per esempio, della manifestazione di venerdì sera scorso a Prato, partita dall'idea dei tre consiglieri comunali, Claudio Belgiorno di Fratelli d'Italia, Claudiu Stanasel e Leonardo Soldi della Lega. Piazza delle Carceri è stata illuminata dalla luce di 2.500 lumini riportanti i nomi di imprenditori e aziende per dire al governo che «Prato non si spegne», come scritto nel grande striscione steso per terra, nonostante la decisione di far chiudere alle 18 tutti i locali della ristorazione e la serrata di palestre, teatri, cinema e circoli.
Nessun assembramento né disordini, solo una dimostrazione di perseveranza, come racconta alla Verità il consigliere Stanasel: «Nella notte dell'assalto a Firenze, Prato si è erta a simbolo di civiltà, educazione e partecipazione in sicurezza e nel rispetto della salute di tutti i cittadini. La manifestazione ha rispettato tutte le norme anti Covid e ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato virtualmente lasciandoci il proprio nominativo che abbiamo scritto sulla rispettiva candela o portandoci direttamente quest'ultima per poi seguire la diretta da casa».
Manifestazione nel pieno rispetto della sicurezza anche quella svoltasi ieri a Milano, davanti il cimitero Monumentale. Durante la mattinata si sono riunite un centinaio di persone per un flash mob contro la chiusura di palestre e piscine al quale hanno preso parte l'Associazione regionale imprese dello sport e delle arti del benessere fisico (Arisa) e la Federazione italiana nuoto (Fin).
Con sullo sfondo i cartelli «In piscina si rispettano le regole, «Il cloro uccide il virus», «In piscina i nostri figli sono al sicuro», in piazza sono state adagiate per terra i cordoli che delimitano le corsie delle vasche e simulate delle mini gare di nuoto, pallanuoto e nuoto sincronizzato.
«Questo è il funerale dello sport», dice Marco Contardi, presidente regionale Arisa, «in Lombardia ci sono circa 17.000 impianti sportivi, 6.000 tra Milano e provincia. Non ci si rende conto delle ricadute sociali di una decisione del genere. Già a ottobre abbiamo riscontrato un calo pari a circa il 50% in meno di ricavi rispetto a un anno fa. Purtroppo gli utenti sono spaventati».
«Non è mai stata evidenziata alcuna anomalia nei nostri impianti, nonostante ci siano stati 200 controlli in una settimana. Chiudendo tutto si toglie l'ossigeno alle società del nuoto, quindi è in forte dubbio la riapertura» avverte Danilo Vucenovich, presidente del comitato regionale Fin.
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Tensione a Firenze: anarchici e centri sociali devastano il centro. Quattro arresti e 20 denunce. Feriti dieci agenti. A Roma tafferugli tra estrema destra e polizia. Così gli sfascia-piazze fanno da stampella a Giuseppi.Nel rispetto delle norme anti assembramento Prato si è illuminata con 2.500 lumini simbolo degli esercenti colpiti dalle serrate. A Milano flash mob del mondo dello sport.Lo speciale contiene due articoli.Una città devastata, danni per centinaia di migliaia di euro e la legittima protesta di molti lavoratori terrorizzati da un nuovo lockdown cancellata per mano di un gruppetto di anarchici antagonisti. È stata una notte lunga e travagliata quella di venerdì sera nel centro di Firenze. La manifestazione annunciata contro le misure del governo Conte si è trasformata, velocemente, in una scusa per picchiare poliziotti e carabinieri senza alcun ritegno. Il volantino della protesta aveva iniziato a girare in rete, in particolar modo sui social network, già dallo scorso lunedì. Immediatamente le forze dell'ordine avevano fatto notare come non vi fosse alcuna traccia degli organizzatori. E che questo dettaglio avrebbe potuto sottintendere la presenza di infiltrati, provenienti da ogni angolo del Paese. Giovani, anzi, giovanissimi, appartenenti prevalentemente all'area di estrema sinistra che poi sarebbero effettivamente giunti nel capoluogo toscano con un unico intento: spaccare tutto e, se possibile, ferire magari qualche uomo in divisa. Per giorni, in città, è andato avanti questo tam tam mediatico. Fino a venerdì pomeriggio, quando i commercianti del centro storico, già martoriati dalle scelte dell'esecutivo guidato dall'avvocato del popolo, hanno provato a difendere almeno le loro vetrine, blindandole con assi di legno. La parte che l'Unesco ha riconosciuto come patrimonio dell'umanità alle 20 sembrava un sobborgo di una città mediorientale. Pronta allo scontro. La cronaca non ha avuto l'ingrato compito di raccontare di scontri mortali solo grazie alla professionalità dei tanti poliziotti e carabinieri presenti in piazza. Che, nonostante stipendi spesso offensivi, hanno dimostrato ancora una volta buon senso e attaccamento alla giubba. Si è andati avanti per ore, in vari punti del centro storico: piazza Strozzi, via Calzaiuoli, piazza Santa Maria Novella. Al momento sono state arrestate quattro persone. Si tratta di due donne e due uomini, tutti riconducibili all'area anarchica e antagonista. L'accusa è quella di resistenza a pubblico ufficiale. Nello specifico si tratta di una ventottenne fiorentina e una ventiseienne di origine albanese, un ventinovenne fiorentino e un diciannovenne aretino. Quest'ultimo, che si era travestito ispirandosi alla famosa serie di Netflix, La casa di carta, è accusato anche di lancio di ordigni. Non contento di aver portato disordine in città, ha pensato bene di tirare una molotov nei pressi di Borgo Ognissanti. Altri venti giovani sono stati denunciati a piede libero a vario titolo, per i reati di violenza, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Gli investigatori della Digos sono al lavoro in queste ore per l'identificazione (grazie alle immagini video) di decine e decine di manifestanti che hanno preso parte agli scontri durante il corteo illegale. Tra le forze dell'ordine si registrano dieci poliziotti che hanno riportato ferite lievi. Danneggiata anche una volante. «Ci hanno fatto vivere una notte surreale, terribile e dolorosa - ha sottolineato in un post sulla propria pagina Facebook il sindaco Dario Nardella - Non è così che si manifestano le proprie ragioni, non è così che si dà voce alla sofferenza. È solo violenza fine a se stessa, gratuita. Chi sfregia Firenze deve pagare per quello che ha fatto». Su posizioni analoghe anche l'ex segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi. «Nessuno giustifichi questi criminali, nessuno». Numerosi i danni alla città, ben visibili dopo la notte di follia. Si parla di decine, se non di centinaia di migliaia di euro. Distrutte le fioriere in via Calzaiuoli e in via Tornabuoni (la strada della moda, una delle vie più eleganti dell'intera città), divelti un numero altissimo di cartelli stradali e danneggiati almeno sette semafori. Uno è stato sradicato a forza di calci. La tensione in città è rimasta palpabile anche ieri pomeriggio, durante un'altra manifestazione organizzata da varie sigle della sinistra e dai centri sociali, e volta a contestare l'azione del governo nel contrasto al coronavirus. Il presunto fermo di un manifestante ha acceso la miccia, e regalato la scusa per poter ingaggiare un confronto con le forze dell'ordine davanti alla prefettura. Il tutto, per fortuna, si è risolto velocemente e il corteo ha ripreso la propria marcia in direzione della sede di Confindustria, in via Valfonda. «Protestare è legittimo, spaccare una città assolutamente no - ha ricordato il capogruppo in Regione per Fratelli d'Italia, Francesco Torselli - Sono semplicemente vergognose le immagini di guerriglia urbana che abbiamo visto. Chi ama Firenze non può tollerare episodi di violenza, vandalismo e aggressione»La giornata di ieri ha registrato altri tafferugli anche a Roma nati da alcuni militanti dell'estrema destra, presenti alla manifestazione a Campo dei Fiori, decisi a spostarsi dalla piazza in corteo verso Montecitorio. Sono stati esplosi alcuni petardi e lanciati dei fumogeni verso le forze di polizia. Alcuni manifestanti si sono spostati nell'adiacente piazza Farnese, dove c'è la sede dell'ambasciata di Francia. La tensione è stata sedata sul nascere.E mentre in Piazza Trilussa a Trastevere i manifestanti delle «Mascherine tricolori», vicine a Casapound, venivano monitorati dalla polizia, in piazza Indipendenza sono scesi i movimenti «Tu ci chiudi, tu ci paghi» di studenti, precari, disoccupati, sindacati. La zona, non distante dalla stazione Termini, è stata blindata e un elicottero la sorvolava dall'alto. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ancora-scontri-violenti-nelle-piazze-la-maggioranza-si-sfrega-le-mani-2648574460.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ed-e-oscurato-chi-protesta-con-civilta" data-post-id="2648574460" data-published-at="1604200693" data-use-pagination="False"> Ed è oscurato chi protesta con civiltà Mentre le cronache degli ultimi giorni sono state scandite da violente tensioni nelle più grandi città italiane - Roma, Milano, Napoli, Firenze, Bologna - a opera di facinorosi, arrivati anche allo scontro con le forze dell'ordine e a danneggiamenti di piazze e vetrine, c'è chi ha voluto far sentire la propria protesta e il disagio arrecato dalle ultime disposizioni del governo senza coprirsi il volto e lanciare molotov. È il caso, per esempio, della manifestazione di venerdì sera scorso a Prato, partita dall'idea dei tre consiglieri comunali, Claudio Belgiorno di Fratelli d'Italia, Claudiu Stanasel e Leonardo Soldi della Lega. Piazza delle Carceri è stata illuminata dalla luce di 2.500 lumini riportanti i nomi di imprenditori e aziende per dire al governo che «Prato non si spegne», come scritto nel grande striscione steso per terra, nonostante la decisione di far chiudere alle 18 tutti i locali della ristorazione e la serrata di palestre, teatri, cinema e circoli. Nessun assembramento né disordini, solo una dimostrazione di perseveranza, come racconta alla Verità il consigliere Stanasel: «Nella notte dell'assalto a Firenze, Prato si è erta a simbolo di civiltà, educazione e partecipazione in sicurezza e nel rispetto della salute di tutti i cittadini. La manifestazione ha rispettato tutte le norme anti Covid e ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato virtualmente lasciandoci il proprio nominativo che abbiamo scritto sulla rispettiva candela o portandoci direttamente quest'ultima per poi seguire la diretta da casa». Manifestazione nel pieno rispetto della sicurezza anche quella svoltasi ieri a Milano, davanti il cimitero Monumentale. Durante la mattinata si sono riunite un centinaio di persone per un flash mob contro la chiusura di palestre e piscine al quale hanno preso parte l'Associazione regionale imprese dello sport e delle arti del benessere fisico (Arisa) e la Federazione italiana nuoto (Fin). Con sullo sfondo i cartelli «In piscina si rispettano le regole, «Il cloro uccide il virus», «In piscina i nostri figli sono al sicuro», in piazza sono state adagiate per terra i cordoli che delimitano le corsie delle vasche e simulate delle mini gare di nuoto, pallanuoto e nuoto sincronizzato. «Questo è il funerale dello sport», dice Marco Contardi, presidente regionale Arisa, «in Lombardia ci sono circa 17.000 impianti sportivi, 6.000 tra Milano e provincia. Non ci si rende conto delle ricadute sociali di una decisione del genere. Già a ottobre abbiamo riscontrato un calo pari a circa il 50% in meno di ricavi rispetto a un anno fa. Purtroppo gli utenti sono spaventati». «Non è mai stata evidenziata alcuna anomalia nei nostri impianti, nonostante ci siano stati 200 controlli in una settimana. Chiudendo tutto si toglie l'ossigeno alle società del nuoto, quindi è in forte dubbio la riapertura» avverte Danilo Vucenovich, presidente del comitato regionale Fin.
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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