2025-05-26
Caldo, freddo o nel latte. Tutti pazzi per il matcha, il tè verde giapponese alleato contro lo stress
È una polvere brillante che va mescolata all’acqua. Considerato un «superfood» per le sue proprietà salutari, aiuta a perdere peso e stimola il rilascio di dopamina.Un’alternativa al tè freddo per l’estate che sta arrivando? Il tè matcha freddo. Ma non disdegniamolo, anzi apprezziamolo certamente, anche a temperatura ambiente o caldo. Alla nostra longitudine il tè matcha è noto ai più da poco. Rispetto agli altri tè, che richiedono anche una conoscenza più attenta per essere compresi, il matcha sembra essere diventato un’icona, in primo luogo per la sua forma polverosa. Saremo provocatori: prepararsi un matcha non è molto diverso dal prepararsi un caffè liofilizzato. Basta estrarre un cucchiaino, ficcarlo nella confezione, estrarlo pieno di polvere, ficcarlo nell’acqua calda, mescolare et voilà. Il matcha, poi, richiede anche il gesto - percepito come da intenditori - di mescolarlo all’acqua con una piccola frusta di bambù di nome chasen e questo, agli occhi del giudice superficiale, è un elemento di particolarità, che è il contrario della banalità che in genere si attribuisce al caffè liofilizzato. Insomma, l’intenditore di caffè non berrebbe mai il caffè liofilizzato, mentre l’intenditore di tè e di tè matcha non può che bere il tè matcha in polvere giacché solo in polvere si presenta. E al contempo questa polverosità lo rende facile per il non intenditore esattamente come è facile per chi non saprebbe usare una moka farsi il caffè liofilizzato.La fama di tè «che fa bene», di tè «superfood», di supertè, potremmo dire, in una nazione come la nostra in cui il tè non l’ha mai fatta da padrone, appassionati a parte, ha poi fatto il resto ed ora è pieno di persone che si sentono illuminate sulla via del tè, che si sono scoperte pazze per il matcha. A prescindere dalla modalità dell’acclimatamento del tè matcha nelle nostre credenze e mettendosi l’anima in pace sul fatto che la diffusione di massa di ogni cosa, cibo compreso, è molto spesso una triste semplificazione, nel peggiore dei casi un’ancor più svilente banalizzazione, questo tè presenta una storia e delle proprietà interessantissime che val la pena di conoscere.Il matcha appartiene alla categoria dei tè verdi giapponesi. Si tratta, infatti, di un tè verde in polvere. La sua origine è cinese, secolo IX, ma è con l’intervento dei monaci buddisti giapponesi che si giunge a una pratica coltivatoria seguita ancora oggi e che lo ha reso un tè iconico e di ancor più estrema qualità organolettica rispetto ai suoi familiari teini verdi.Il tè matcha è fatto con tè tencha. Matcha infatti vuol dire macinato, mentre tencha è la varietà di tè, coltivata ancora rispecchiando l’antica pratica originale che lo rende un tè unico. In primo luogo, la crescita all’ombra. Ciò aumenta la produzione di clorofilla e determina foglie più verdi e più tenere. Inoltre, evita che si concentrino i tannini e ciò dà luogo a un sapore meno astringente, rispetto ad altri tè. Soprattutto, infine, incentiva lo sviluppo di L-teanina, che vedremo essere importantissima per il tè matcha. In fase di raccolta, rigorosamente a mano, vengono raccolti solo foglie e germogli più giovani e dunque più teneri.Per quanto attiene alla lavorazione, il raccolto viene sottoposto a una velocissima vaporizzazione per contrastare l’ossidazione della clorofilla e preservare quel bel colore verde intenso e brillante e le caratteristiche organolettiche intonse. Poi si sottopone ad essiccazione, che ha lo scopo di rimuovere l’umidità per aumentare la conservabilità. Poi, si rimuovono steli e nervature e foglie non perfette. Infine, il tè è macinato, finissimo, lentamente, al buio, a pietra.Grazie a questo tipo di coltivazione e raccolto, il tè matcha mantiene quel colore verde vivido che gli è caratteristico e che ormai usiamo come termine di paragone: prima della globalizzazione non avremmo definito una maglietta di quel colore verde matcha, come faremmo oggi, ma verde fosforescente. Per questo bel colore, il tè matcha in Oriente è usato anche come spezia o colorante naturale in cibi quali il mochi o la soba, il gelato al tè verde e i wagashi come torte, biscotti, tiramisù, cioccolatini, gelati industriali ed artigianali, crème caramel, muffin, frappé, granite... Pensate, in principio questo tè non era verde. Il matcha fu introdotto in Giappone nel XII secolo. In origine, il tè arrivato dalla Cina era probabilmente costituito da tè pressato di colore marrone scuro, ridotto in polvere che dunque risultava marrone. Nel XIV secolo, col divieto imposto da Zhu Yuanzhang della dinastia Ming alla produzione del tè pressato (tuánchá), predecessore del matcha, questa pratica scomparve in Cina e il tè in polvere continuò a svilupparsi unicamente in Giappone. Dove, grazie appunto al miglioramento delle tecniche di coltivazione e lavorazione di impronta buddhista di cui abbiamo già parlato, si cominciò a ottenere una polvere a base di tè verde (tencha), simile a quella conosciuta oggi.La peculiarità della coltivazione umbratile e del successivo trattamento conservativo è alla base delle caratteristiche superfood anzi supertè del nostro tè matcha. Questa concentrazione organolettica gli conferisce anche un sapore molto particolare, che potremmo certamente definire umami. Umami è una parola giapponese che vuol dire gusto buono, dagli anni Novanta identifica un nuovo gusto oltre a dolce, salato, amaro e aspro. La consistenza del tè matcha è tra polveroso e polposo, il suo gusto è rotondo, intenso, persistente, leggermente aspro (il matcha va bevuto senza zucchero per essere apprezzato nel pieno assoluto del suo vero sapore): il tè matcha avvolge la bocca e dona una sensazione unica, molto diversa da tutti gli altri tè. A questo contribuiscono non solo le caratteristiche fisiche, essere un trito di tè, ciò che vuol dire che si beve tutto il tè, non solo ciò che l’acqua ne estrae. Contribuiscono anche le caratteristiche organolettiche. Vediamole meglio. 100 g di tè matcha apportano 300 calorie, ma considerate che per una tazza se ne usano al massimo 5 g, quindi siamo a 30 calorie. Troviamo nel tè matcha qualche proteina, vitamina A, vitamine del gruppo B, vitamina C, vitamina E, vitamina K e poi tracce di sali minerali, in particolare ferro (vegetale).Il tè matcha è soprattutto, però, una fonte di polifenoli, catechine, clorofilla, L-teanina e teofillina.L’Egcg, acronimo per epigallocatechingallato, è un polifenolo del tè verde ed ha proprietà antiossidanti in quanto contrasta i radicali liberi e l’invecchiamento cellulare. Poiché il tè matcha non subisce processi fermentativi, mantiene intatte le caratteristiche chimiche delle foglie di tè verde che mantengono una capacità antiossidante di 3.500 Orac. Pensate che il tè matcha contiene una quantità di antiossidanti 100 volte superiore a quella degli altri tè verdi. La scala Orac (Oxygen radical absorbance capacity, capacità di assorbimento dei radicali dell'ossigeno) misura il livello di antiossidanti negli alimenti e il più alto contenuto ad oggi conosciuto di sostanze antiossidanti è quello del frutto maqui, che ha un Orac di circa 28.000 micromole di Te/100 g. I polifenoli del tè matcha in caso di diabete possono aiutare a ridurre i livelli di trigliceridi e di colesterolo totale nel sangue oltre ai livelli epatici di glucosio. Possono inoltre proteggere i reni, difendere la salute del fegato e favorire la salute cardiovascolare. La l-teanina è un importante aminoacido non proteico naturalmente presente nelle foglie del tè verde che aiuta il rilassamento nervoso tramite un’azione ansiolitica e sedativa. Il tè matcha, quindi, pur essendo un tè non agita perché l’effetto antistress della teanina contrasta le proprietà eccitanti della caffeina contenuta anch’essa nel tè matcha (e in tutti i tè). Allo stesso tempo, la l-teanina non «calma» l’effetto del tè matcha sulla perdita di peso corporeo. Naturalmente insieme ad attività fisica e dieta ipocalorica, il tè matcha aiuta a perdere peso perché la l-teanina stimola il metabolismo. Inoltre, questo prezioso aminoacido favorisce la concentrazione e la memoria e stimola il rilascio di dopamina e serotonina. Se volete macchiarlo o preparare il matcha latte, una specie di cappuccino con in più acqua oltre al latte, oltretutto montato, e tè matcha al posto del caffè, meglio usare bevande vegetali surrogate del latte vaccino come il latte di soia o il latte di mandorle, perché la caseina del latte vaccino può ridurre l’assorbimento dei polifenoli antiossidanti del tè matcha. La presenza di teofillina aiuta ad aumentare le energie e quella di clorofilla stimola i meccanismi di depurazione dell’organismo, pare anche dai metalli pesanti. Questo tè sembra anche aiutare a combattere le infezioni e a ridurre il rischio di cancro oltre a essere utile in caso di disturbi di natura gastrointestinale. Il tè matcha non è il solo tè verde in polvere giapponese, ci sono per esempio anche il Funmatsu-ryokucha e il Konacha, che però non sono matcha. Sono tè verdi in polvere dall’aspetto molto simile a ltè matcha, ma di qualità, di norma, ben minore e con il quale il matcha non deve assolutamente essere confuso. Una piccola curiosità: oltre che matcha, si può scrivere maccha.
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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