2021-11-14
Tutti all’arrembaggio degli under 12 ma nessuno tira fuori i numeri veri
L'Iss: «Casi in aumento». Non si sa chi siano i piccoli ricoverati (erano fragili?) né quanti siano gli asintomatici. Ed è giallo pure sulla scuola: sarebbero conteggiati come positivi sia gli infetti sia gli altri alunni in quarantena.Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss), ha dichiarato venerdì che «c'è una circolazione aumentata del virus, in particolare sotto i 12 anni» e nella fascia 0-19 anni «sebbene molto limitato, c'è un lieve movimento nell'impatto dei ricoveri». Numeri utili non ne ha forniti, tanto per cambiare. L'Iss si limita ad affermare che «dall'inizio dell'epidemia al 9 novembre nella fascia 0-19 anni sono stati confermati 791.453 casi, 8.451 ospedalizzazioni, 249 ricoveri in terapia intensiva, 36 morti». E che dal 25 agosto al 9 novembre, nella fascia di età 6-10 anni c'è stato un incremento pari a 24.398 casi. Ancora una volta, fare i conteggi dal febbraio 2020 non aiuta a far chiarezza, anche perché non viene detto quanti di quei giovanissimi avevano patologie pregresse. L'incremento, poi, relativo agli ultimi due mesi, si riduce a un numero buttato lì senza spiegare se erano positivi al tampone e hanno passato i Covid con pochi o tanti disturbi (nelle fasce più giovani il virus crea ben poche complicanze), e se sono finiti in ospedale magari perché avevano malattie polmonari croniche, disturbi neurologici e altri gravi problemi che li rendevano a rischio. La tecnica è sempre quella, annunciare l'aumento dei contagi per seminare panico e indurre i genitori a vaccinare i loro figli, non fornendo il quadro esatto di come si sta diffondendosi il Covid tra i minori. Forse un'alta percentuale di quei positivi al tampone era composta da bambini asintomatici, mai registrati come guariti ma già dotati di anticorpi. Quindi immunizzati come meglio non potrebbe essere, senza bisogno di vaccino. Gli autori di uno studio pubblicato a fine ottobre su Nature Communications, rivista scientifica peer reviewed, spiegano di aver stimato che nei pazienti presi in esame, colpiti dal Covid, «i livelli anticorpali associati alla protezione contro la reinfezione probabilmente durano in media 1,5 -2 anni». Altro che i pochi mesi della copertura vaccinale. Precisano che «queste stime potrebbero essere utili per elaborare la pianificazione delle strategie di richiamo della vaccinazione». Invece la Sip, la Società italiana di pediatria, è subito balzata sui dati annunciati dall'Iss e attraverso una circolare ha confermato «la propria ulteriore disponibilità nel rendersi parte attiva per l'implementazione della strategia vaccinale Covid-19 anche per la fascia di popolazione pediatrica 5-11 anni». I medici dei bambini andranno in tv per cercare di convincere i genitori che è giusto e necessario inoculare le loro creature, non a rischio come testimoniano ormai numerosi studi scientifici. «La vaccinazione Covid-19 consentirà ai bambini di poter riprendere in sicurezza tutte quelle attività, così importanti per la loro salute e il loro benessere psicologico, sospese durante la pandemia, dalla scuola allo sport, alla vita sociale», afferma la presidente Sip, Annamaria Staiano. Almeno Alberto Zanobini, presidente di Aopi, l'associazione che riunisce gli ospedali pediatrici italiani e ha sottoscritto il documento, riconosce che «fortunatamente, nella maggior parte dei casi, il Covid-19 colpisce i bambini in modo più lieve rispetto alla popolazione adulta». Però aggiunge: «I dati che abbiamo a disposizione indicano con chiarezza che l'infezione da coronavirus non è priva di rischi anche per l'età pediatrica». Fornite dati precisi, allora. Che cosa significano 24.398 nuovi casi nella fascia 6-10 anni? Erano preoccupanti o forme lievi di Covid? Nella stagionale influenzale 2018-2019, secondo Influnet-Vir, il sistema specifico di sorveglianza virologico in Italia, il virus colpì la fascia 0-4 anni in un percentuale che passò dall'11,95% dei casi della prima settimana al 29,18% della terza settimana, per balzare al 41,65% dopo cinque settimane. Su una popolazione di 2.264.538 bimbi in quell'età, significa che l'influenza in poco più di un mese passò dal colpire 270.612 creature a 943.180. Nella fascia 5-14 anni, quindi 5.463.016 soggetti, i contagiati dal virus furono 311.392 (5,7%) nella prima settimana e 1,3 milioni (23,53%) nella quinta. I virus circolano, lo sappiamo, i pediatri dovrebbero raccomandare il vaccino per i più fragili ma confortare le famiglie sull'incremento del contagio, perché in questo modo i giovanissimi maturano anticorpi durevoli e non si ammalano in modo grave, andando ad occupare posti letto in ospedali. È chiaro che il numero dei positivi doveva aumentare pure tra gli under 12, ma l'endemizzazione che sembra stia avvenendo nonostante i vaccini, fa sì che le infezioni siano in generale sempre più innocue. Sarebbe anche la prova che il vaccino anti Covid protegge le altre fasce di età, lasciando esposti i più piccoli che sanno reagire molto bene al virus. Lo conferma il numero di decessi annunciati dall'Iss, 36 morti da inizio epidemia tra 0-19 anni. In quell'età, la media dei decessi nel quinquennio 2015-19 è stata di 2.505 l'anno, fate voi l'inevitabile raffronto. Ciò non significa che bambini e giovani adulti sani dovrebbero rinunciare a ogni precauzione, a scuola resta importante buona aerazione dei locali chiusi, microfono a docenti, ragionevole igiene delle dita delle mani, uso non prolungato di mascherine nelle situazioni con rischi di cariche virali alte. È inevitabile anche chiedersi come vengano conteggiati i casi Covid a scuola. Positivi risultano solo i due alunni che hanno fatto decretare la quarantena per l'intera classe, o tutti i loro compagni finiscono nel calderone «contagi in aula»? Di certo, mentre milioni di persone si sono vaccinate in primavera estate e adesso risultano non protette, bisognose di uno o più richiami, il ministro Roberto Speranza vorrebbe gettare i più piccoli nella stessa baraonda sanitaria pur sapendo che possono rischiare parecchio.
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