Il progressista Tusk blinda i confini contro i respingimenti di Berlino

Donald Tusk, attuale presidente del Consiglio polacco e presidente del Consiglio dell’Unione europea per il primo semestre di quest’anno (testimone consegnato ora al primo ministro danese, la socialdemocratica Mette Frederiksen), è ai ferri corti con il suo omologo tedesco, Friederich Merz, in fatto di respingimenti dei migranti; per questo, ha ripristinato i controlli di frontiera militarizzando i confini con la Germania, oltreché con la Lituania. Cinquantadue i passaggi sorvegliati lungo la linea tedesca e 13 a Nordest, con la repubblica baltica.
A dare conferma dell’operazione, iniziata nella notte tra domenica e lunedì, è stato il ministro dell’Interno della Polonia, Tomasz Siemoniak, precisando che nella manovra, per ora programmata per 30 giorni, sono impiegati complessivamente 800 funzionari della Guardia di frontiera insieme con 300 agenti della polizia polacca e 700 soldati. Sempre Siemoniak ha specificato che i controlli sono rivolti a «coloro che sono coinvolti nel traffico illegale di migranti attraverso il confine. I viaggiatori comuni non hanno nulla da temere». Essi riguarderanno principalmente autobus, minibus e auto con un gran numero di passeggeri, come ha dichiarato il portavoce della guardia di frontiera Konrad Szwed all’agenzia di stampa Pap, aggiungendo che «anche i veicoli con vetri oscurati saranno oggetto di attenzione».
Due giorni fa Tusk, annunciando il provvedimento, ha spiegato che il ritorno temporaneo ai controlli delle frontiere è necessario per ridurre il flusso degli immigrati illegali. La Guardia di frontiera polacca ha informato che, nel corso dei primi sei mesi del 2025, alla frontiera polacco-lituana sono stati fermati 412 immigrati illegali, mentre, nel corso dell’intero anno precedente, le persone fermate erano state 432. La decisione di Varsavia è stata varata anche in seguito alla scelta della Germania di prolungare i controlli alla propria frontiera con la Polonia, introdotti per la prima volta nell’ottobre 2023. Il ministro dell’Interno tedesco, Alexander Dobrindt, ha infatti ordinato controlli di frontiera più intensi poco dopo l’insediamento del nuovo governo federale a maggio. In più, il premier polacco deve fare anche i conti con il fatto di aver visto il suo candidato sconfitto alle scorse presidenziali dal politico nazionalista Karol Nawrocki. Ha quindi bisogno di mostrarsi duro sul tema dell’immigrazione per resistere alla pressione dei partiti alla sua destra.
Parlando al quotidiano Rheinische Post, il capo del sindacato di polizia tedesco Gdp, Andreas Rosskopf, ha affermato che i due Paesi necessitano di una «procedura praticabile» e ha messo in guardia dal rischio che le guardie di frontiera polacche e tedesche si impegnino in una «partita a ping pong» con i richiedenti asilo, rimandandoli avanti e indietro. A questo si aggiunge la voce del capogruppo parlamentare dell’Unione cristianodemocratica tedesca, Jens Spahn: «Chiunque raggiunga la Germania per chiedere asilo qui ha già attraversato diversi Paesi sicuri in cui è possibile avviare una richiesta d’asilo. E il diritto dell’Ue stabilisce chiaramente che le domande devono essere presentate nel primo Paese in cui si entra. Se l’accordo di Dublino funzionasse, il numero di domande di asilo in Germania sarebbe pari a zero. Ma non è così». Tradotto: ai tedeschi vanno bene i migranti, fintantoché non arrivano in Germania.
In tutto ciò la manovra non piace neanche un po’ al presidente lituano, Gitanas Nauseda, che ha criticato la decisione della Polonia di reintrodurre i controlli ai confini e l’ha definita una «capitolazione» alle sfide poste dalla migrazione irregolare: «I controlli interni nell’area Schengen riflettono problemi accumulati che riteniamo non possano essere risolti con altri mezzi. Tuttavia, tali misure devono essere realmente temporanee e tali da aiutare a rendere più rapidi i tempi per il raggiungimento degli obiettivi preposti».






