2020-05-12
Turismo dimenticato e briciole alle aziende. Mini taglio Irap da 2 miliardi su 15
La misura riguarderà soltanto chi fattura tra i 5 e i 250 milioni e ha subito un calo del giro d'affari di almeno il 33%.La cosa certa è che non cambierà il nome. Decreto Rilancio piace a tutte le forze politiche della maggioranza. D'altronde visto il fallimento del nome «aprile» e il rischio che ulteriori slittamenti rendessero pure il termine «maggio» pericoloso, sia 5 stelle che Pd si sono messi d'accordo. È sui contenuti che invece ancora si litiga. Innanzitutto, l'agenda. Il pre Consiglio era fissato per le 12 di ieri, poi è slittato alle 14 e successivamente alle 18 per avviare le danze solo in tarda serata. Al di là della battaglia tutta politica attorno alla sanatoria dei lavoratori clandestini, il tema fondamentale di dibattito sta nelle coperture. La coperta è troppo corta. I 55 miliardi di deficit concordati con il Parlamento e l'Ue non sono sufficienti a coprire tutte le istanze dei partiti e le richieste di marchette avanzata per tramite dei ministeri. Così nell'arco della giornata di ieri sono uscite numerose bozze del decreto. Un gioco che serve ai singoli membri di governo per tastare le reazioni dell'opinione pubblica e quindi decidere se lasciare una norma, un'agevolazione oppure sfilarla dal pacchetto. Un metodo che lascia poco sperare sulla sostanza e sulla strategia delle decisioni. Il più grande incaglio resta quello dell'Irap. Prima dell'avvio del pre Consiglio il testo prevedeva un mini taglio. Soltanto le aziende con fatturato tra i 5 e i 250 milioni e con un calo del giro d'affari di almeno il 33% (confronto tra aprile 2020 e aprile 2019) potranno ottenere l'esenzione. In pratica a budget ci sarebbero 2 miliardi. Per avere una idea dell'entità ridicola, basta andare a prendere i report del Mef e vedere che nel 2019 l'imposta è costata (tra saldo e acconto) alle aziende private qualcosa come 15 miliardi. A favore dei microfoni dei tg, ieri sera intorno alle 20 il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha comunicato di aver trovato la quadra e di conseguenza l'accordo politico tra le parti. Lasciando anche intendere che il cdm che partorirà il testo definitivo si dovrebbe tenersi oggi. Aggiungendo: «Daremo dei contributi a fondo perduto a tutte le imprese piccole che hanno avuto delle perdite, saranno contributi erogati dall'Agenzia delle entrate». Dalla bozza in visione non è dato capire l'entità delle relative coperture. Visto l'andazzo, si rischia di avere pochi spicci. E quindi nessuna possibilità di aver un turbo per superare l'estate. Purtroppo nel complesso del decreto, ancora una volta, la scelta sembra essere al ribasso. Dentro le circa 450 pagine c'è infatti solo un contentino per le medie aziende (ricordiamo che il neo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha chiesto più di perseguire solo la strada del taglio delle tasse e abbandonare gli incentivi), inserendo però anche una filiera di aiuti in modo da garantire il sostegno a talune filiere piuttosto che altre. Sono stati limati gli aiuti al mondo green perché non fossero troppo stridenti e tolti ad esempio i bonus sui monopattini. D'altronde sarebbe stato folle dare 500 euro per un monopattino e 600 euro a una partita Iva. A indicare la totale mancanza di coraggio c'è il lungo elenco delle dazioni a pioggia. Un sistema che si sta dimostrando sbagliato nella sua essenza. Ad esempio, il ministro Dario Franceschini ha chiesto di stimolare il turismo. E nella bozza è entrata una tax credit per le vacanze in Italia per le famiglie con Isee fino a 50.000 euro anziché 35.000. Il bonus resterebbe di 500 euro a famiglia (300 se i componenti sono due, 150 per una persona sola), da spendere in imprese turistico ricettive o bed&breakfast. Sarà fruibile all'80% come sconto sul prezzo (a fronte di fattura elettronica o documento in cui compaia il codice fiscale del destinatario) e per il 20% come detrazione in sede di dichiarazione dei redditi. Sarebbe molto più semplice lasciare i soldi in tasca agli italiani, perché se li possano spendere come gli pare e piace. Il problema delle vacanze è fondamentale per il turismo. Purtroppo ci saranno molte famiglie che rimanderanno al 2021. Quei soldi serviranno per la fare la spesa e per la vita quotidiana. Dall'altra parte al momento il decreto sembra partorire per l'intero comparto alberghiero e della ristorazione poco più di un topolino. «Per il settore c'è poco e niente: il credito di imposta non servirà, viste le prospettive praticamente nulle di ripresa. E anche il fondo ha una dotazione irrisoria. Sembra quasi che il turismo, da sorvegliato speciale visto che è il più colpito dall'emergenza, sia diventato l'ignorato speciale», ha commentato ieri Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti. Fa eco Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria. «Capiamo che c'è da aiutare una fetta della popolazione e abbiamo sempre sostenuto il governo in questo, perché ci rendiamo conto che c'è un disagio sociale importante tra le persone per il lavoro», ha affermato, «ma un conto è l'aiuto che si dà alle persone, un conto alle imprese». In punto sta tutto qui. Se il governo non capisce che la ripresa passa solo attraverso l'iniziativa privata degli imprenditori e mai dai sussidi pubblici, l'Italia rischia concretamente di andare gambe all'aria.
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