2024-12-01
Turchia e America amici ma non troppo. Uniti contro Assad per scopi differenti
Recep Tayyip Erdogan e Donald Trump (Ansa)
Nella presa di Aleppo ci sono lo zampino degli Usa e di Ankara Ma le fazioni sostenute dalle due potenze sono in competizione.La nuova crisi siriana infuria. E ci si chiede perché sia esplosa proprio adesso. Indubbiamente, le forze ribelli hanno approfittato dell’attuale debolezza iraniana per fiaccare il regime di Bashar Al Assad. Tuttavia, sul piano strategico, è forse ipotizzabile un gioco di sponda sotterraneo tra Stati Uniti e Turchia. Entrambi potrebbero avere degli obiettivi da conseguire attraverso l’offensiva in atto contro il leader siriano.Cominciamo subito col dire che la Siria non è stata esattamente in cima alle preoccupazioni di Joe Biden in questi anni. Inoltre, Washington è rimasta piuttosto silenziosa da quando la crisi è esplosa. È comunque interessante notare come, nelle ultime settimane, le forze statunitensi abbiano in più occasioni bombardato le milizie iraniane e i loro depositi di armi, che si trovavano sul territorio siriano. L’ultimo attacco di questo tipo risale a martedì scorso: un giorno prima, cioè, dell’avvio dell’offensiva dei ribelli. Tutto questo, senza trascurare che, domenica scorsa, il consigliere per la sicurezza nazionale americano in pectore, Mike Waltz, ha parlato di un pieno coordinamento tra l’amministrazione entrante e quella uscente sui dossier di politica estera. «Siamo mano nella mano», ha detto. Insomma, almeno sui dossier internazionali, il team di Donald Trump e quello di Joe Biden stanno collaborando.Alla luce di questi elementi, non è improbabile che la strategia americana sia quella di mettere sotto pressione la Russia in Medio Oriente per fiaccarne il potere negoziale in vista delle trattative diplomatiche che Trump ha intenzione di avviare sulla crisi ucraina. Ed è qui che spunta il probabile ruolo turco. Alcune delle sigle che stanno conducendo l’attacco contro Assad sono storicamente più o meno collegate ad Ankara: parliamo soprattutto dell’Esercito nazionale siriano e dell’organizzazione jihadista Tahrir Al Sham. Non si può quindi escludere che si sia registrata una convergenza sotterranea tra gli Stati Uniti e una Turchia che, nonostante una politica estera assai autonoma, fa comunque parte della Nato. Recep Tayyip Erdogan potrebbe aver voluto approfittare della debolezza dell’Iran e dei suoi proxy per assestare un colpo al presidente siriano e azzoppare l’influenza regionale di Mosca. Non è neanche escluso che veda nell’indiretto indebolimento di Vladimir Putin un modo per ritagliarsi un ruolo centrale di mediazione nei futuri colloqui per l’Ucraina.Dall’altra parte, ammesso e non concesso che ci sia una sponda tra Washington e Ankara, non è detto che gli americani si fidino completamente del sultano. Forse non a caso, in un primo momento, le Forze democratiche siriane avevano preso il controllo dell’aeroporto di Aleppo, che è poi caduto nelle mani di Tahrir Al Sham. Storicamente spalleggiate dagli Stati Uniti, le Forze democratiche siriane sono a guida curda e risultano notoriamente ai ferri corti con Erdogan. Insomma, Washington coopera forse sottotraccia con il sultano ma cerca di mettergli al contempo dei paletti. Vuole forse anche convincerlo a rompere i suoi ambigui legami con gli schieramenti islamisti per averlo come futuro alleato contro di loro. Questo è un punto su cui potrebbe strutturarsi il rapporto tra Erdogan e Trump, il quale ha intenzione di ripristinare la linea dura nei confronti della Fratellanza musulmana e delle sue controverse galassie.Ecco perché il riposizionamento del leader turco potrebbe riguardare anche Israele. È vero: i suoi rapporti con lo Stato ebraico sono assai peggiorati dopo il massacro del 7 ottobre 2023. Tuttavia non è escludibile che Erdogan possa presto aprire a una distensione con Gerusalemme. D’altronde, Israele, che ieri ha colpito siti di Hezbollah destinati al contrabbando di armi al confine tra Siria e Libano, non è certo dispiaciuta degli scossoni a cui è attualmente sottoposto il regime di Assad. Se l’ipotesi di una tacita sponda tra Washington e Ankara sulla Siria è corretta, è verosimile che Trump possa cercare di coinvolgere Erdogan nell’architettura diplomatica degli Accordi di Abramo e nel piano di pace per il conflitto israelo-palestinese. Ovviamente non sarebbe un obiettivo facile da conseguire, ma neppure impossibile, visto che il sultano, nella sua spregiudicatezza, è avvezzo alle rivoluzioni diplomatiche. Ed è la stessa debolezza iraniana che potrebbe spingerlo a un disgelo con Israele. Del resto, a Erdogan non sfugge neppure che il prossimo presidente americano è intenzionato a rispolverare la linea della «massima pressione» su Teheran. Scommettere quindi adesso su una convergenza con gli ayatollah potrebbe rivelarsi geopoliticamente suicida.Resta infine il nodo russo. A Trump fa comodo che Mosca si avvii al tavolo delle trattative ucraine con un potere contrattuale diminuito a causa della crisi siriana. Dall’altra parte, non può però permettersi una Russia troppo debole. Uno degli obiettivi del tycoon è infatti quello di sganciare il più possibile Mosca da Pechino. La sfida che gli si pone davanti è quindi quella di trovare un bilanciamento tra Turchia e Russia in Siria, coinvolgendo magari entrambe in una più ampia strategia anticinese. Anche in questo caso, l’obiettivo non è facile da raggiungere: sia Mosca che Ankara hanno infatti rafforzato i loro legami con Pechino. Eppure attenzione. Putin teme l’abbraccio soffocante con il Dragone sul piano geopolitico, mentre la Turchia registra un notevole squilibrio commerciale con la Repubblica popolare. È dunque da qui che Trump potrebbe prendere le mosse per la sua strategia anticinese.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.