2023-08-24
Trump vince il dibattito senza presentarsi
Il tycoon snobba il confronto con gli altri candidati repubblicani su Fox News, facendosi intervistare da Tucker Carlson su Twitter. Uno schiaffo a liturgie di partito e media tradizionali. Tra i presenti spicca Ramaswamy, guarda caso il più simile a The Donald.Non si placa la tensione tra Donald Trump e Fox News. Non si tratta solo dei burrascosi rapporti tra l’ex presidente Usa e Rupert Murdoch, ma anche di una vera e propria svolta nella comunicazione della politica americana. Mercoledì, proprio mentre Fox News ospitava a Milwaukee il primo dibattito televisivo tra i principali candidati alla nomination presidenziale repubblicana, è stata pubblicata su X (il nuovo nome di Twitter) un’intervista rilasciata da Trump al giornalista Tucker Carlson: un video che ha già superato i 200 milioni di visualizzazioni. Certo, come notato da Forbes, è possibile che questa cifra non rispecchi pienamente il numero degli utenti che hanno visto l’intervista. Parliamo comunque di un numero assai elevato, che non può essere ignorato o minimizzato. Si tratta di una questione complessa, da analizzare sotto svariati aspetti.Innanzitutto, l’ex presidente ha deciso di non partecipare al classico dibattito televisivo in considerazione del significativo vantaggio nei sondaggi di cui gode rispetto agli altri candidati alla nomination: secondo la media di Real Clear Politics, Trump sopravanza attualmente i suoi sfidanti di ben 41 punti. In altre parole, l’ex presidente non aveva bisogno di incrementare la sua notorietà a livello nazionale e, aspetto più importante, era perfettamente consapevole del fatto che, pur non partecipando, alla fine sarebbe stato lui il vero protagonista del dibattito. D’altronde, il confronto ha avuto luogo il giorno prima che Trump si consegnasse alla prigione di Atlanta in riferimento alla quarta incriminazione subita dalla procura distrettuale di Fulton County. In secondo luogo, come già accennato, bisogna considerare i rapporti tutt’altro che rosei tra l’ex presidente e il capo di Fox News, Rupert Murdoch. Quest’ultimo è particolarmente ostile a Trump e in tal senso aveva originariamente deciso di puntare su Ron DeSantis: una scommessa che tuttavia, viste le magre performance sondaggistiche del governatore della Florida, si sta rivelando perdente. Non è d’altronde un caso che l’ex presidente si sia fatto intervistare proprio da Carlson: quest’ultimo è significativamente popolare tra la base repubblicana e, lo scorso aprile, è stato improvvisamente cacciato da Fox News, suscitando l’irritazione di numerosi telespettatori. È in questo quadro che l’anchorman ha successivamente trovato ospitalità giornalistica nella piattaforma social di Elon Musk: magnate originariamente vicino a DeSantis e gravitante nell’orbita repubblicana. In terzo luogo, è chiaro che, al di là delle tensioni politiche con Murdoch, Trump sta cercando di veicolare il proprio messaggio politico-elettorale a un pubblico mediamente più giovane e disilluso dall’establishment mediatico: un pubblico che si suppone faccia meno utilizzo della televisione. Non dimentichiamo del resto che, da quando si è ricandidato a novembre, l’ex presidente sta facendo notevolmente leva su Instagram per la sua campagna elettorale. Ora, non deve stupire certo l’uso dei social da parte di Trump, visto che parte consistente della sua ascesa politica nel 2016 fu dovuta proprio a Twitter. Quanto sta accadendo oggi però sembra segnare un cambio di passo. Le tensioni con Murdoch si sovrappongono alle critiche alla stampa tradizionale, che l’ex presidente considera faziosa e prevenuta nei suoi confronti. Questo poi ovviamente non significa che Trump abbia inaugurato una relazione idilliaca con i big della Silicon Valley: i suoi principali alleati al Congresso, a partire dal presidente della commissione Giustizia della Camera, Jim Jordan, stanno non a caso conducendo inchieste sulle grandi piattaforme, sospettate di collusione con il Partito democratico statunitense. La polemica di Trump verso Fox News e la stampa va semmai probabilmente ricompresa in un’operazione volta a rinverdire la storica linea antisistema che lo lanciò elettoralmente nel 2015. A conti fatti, l’ex presidente non sembra aver fatto poi tanto male a non partecipare al dibattito: si è trattato infatti di un confronto non esattamente memorabile, piuttosto stantio nella liturgia e, spesso, nelle opinioni che vi sono state espresse. L’unico candidato che, nel bene o nel male, è riuscito a sparigliare le carte è stato il businessman Vivek Ramaswamy. La strategia da lui adottata è risultata subito chiara: imitare la linea che fu di Trump al dibattito televisivo di Cleveland dell’agosto 2015. In altre parole, Ramaswamy ha criticato duramente i professionisti della politica, entrando così in rotta di collisione con molti degli altri contendenti sul palco. Non a caso, il businessman è stato probabilmente il candidato più attaccato nel corso del dibattito: esattamente quanto da lui auspicato. Ramaswamy si è alla fine rivelato il più trumpista della serata, segno che punta o alla vicepresidenza in un’eventuale seconda amministrazione Trump, oppure, qualora l’ex presidente dovesse abbandonare in futuro la corsa, a far convogliare su di sé i suoi voti. Anche Ramaswamy è stato recentemente intervistato da Carlson su X e, secondo Politico, risulterebbe più forte nei sondaggi su Internet rispetto a quelli telefonici: un segno che, secondo la testata, evidenzia come il businessman sia sostenuto soprattutto dai repubblicani più giovani. Insomma, anche nell’atmosfera paludata e stantia del dibattito di Milwaukee è un candidato antisistema a prendersi il centro della scena. Sarà sincero? O è solo costruito? Al momento non lo sappiamo. Ma una cosa è certa: il vecchio universo mediatico sta perdendo centralità nelle presidenziali americane.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)