
Ucraina, verde, tecnologia, export: Stati Uniti e Commissione sono sempre più lontani. Per difendere i propri interessi, ai Paesi ormai conviene sottrarsi all’ombra dell’Unione.Se si confrontano le dichiarazioni sull’Ucraina di Ursula von der Leyen o del «ministro degli Esteri» Ue, l’estone Kaja Kallas, con il brutale riassunto su Truth fatto ieri sera da Donald Trump dopo il lungo colloquio con Vladimir Putin, lo iato fa quasi spavento. Il presidente americano ha parlato dell’omologo russo come di un pari grado, invitando un ricercato dalla Corte penale internazionale (come Almasri) in visita ufficiale negli Stati Uniti, concordando sulla necessità di chiudere le ostilità in Ucraina per poi concedere di aver intenzione di chiamare Volodymyr Zelensky, quasi a informarlo delle decisioni prese. Sembrano di un’altra era geologica i proclami sulla necessità di tutelare i confini del 2014, l’ineluttabilità dell’ingresso di Kiev nella Nato, l’impossibilità di considerare la leadership di Mosca come interlocutore legittimo.Il problema per Bruxelles, però, è che il dossier Ucraina è solo l’inizio di una serie di partite in cui America e Unione europea si stanno distanziando strategicamente sotto gli strappi della nuova amministrazione Usa. Se già da tempo atlantismo ed europeismo erano su rette quantomeno sghembe (per ragioni macroeconomiche - leggasi squilibri commerciali - e geopolitiche - leggasi Cina), ora diventa veramente complesso poterli immaginare come non divergenti. Lo stesso Trump sembra passato molto in fretta da un generico disinteresse per le istituzioni comunitarie (preferenza per relazioni bilaterali con i singoli Stati, scarsa disponibilità al lavoro con istituzioni sovranazionali in genere) a un esplicito attacco a qualcosa che inizia ad assomigliare a un ostacolo ai progetti Usa. Sull’Intelligenza artificiale, per esempio, J. D. Vance non è andato giù leggero: la regolamentazione della Commissione, vantata non senza ragioni come un unicum mondiale, è di fatto considerata un problema al dominio americano sul comparto. Il surplus di Berlino, al pari di quello cinese, rappresenta un nodo per Washington dall’amministrazione Obama in giù, e a crearlo è stata anzitutto la dottrina economica votata all’export dell’era Merkel, di cui le varie Commissioni sono state vassalle. Gli obiettivi Esg, incredibilmente imposti dalla Bce facendo violenza persino al proprio statuto, sono un nemico dichiarato del «Trump 2.0». Da ultimo, almeno per ora, tutta l’impostazione green tesa alla decarbonizzazione è considerata di là dall’Atlantico come un pericoloso errore da emendare in fretta, e non solo perché in aperto conflitto con la fame energivora dei data center e dell’Ia di cui sopra. Per tacere delle mazzate violentissime assestate al comparto più antropologico-culturale che va sotto il nome di gender, e che crea un altro oggettivo fronte di scontro con Bruxelles (e si potrebbe proseguire con i dossier Iran, migrazioni e rapporti tra politica e giustizia).Nel diluvio di tweet di Elon Musk si può continuare a scorgere il delirio di un pazzo tecno-autoritario, ma è complicato non rintracciare anche una profonda coerenza di fondo, piaccia o meno ciò che la esprime: il sostegno programmatico ai partiti più esplicitamente scettici verso i poteri, le ricette, le linee strategiche dell’Unione europea (Reform Uk è di fatto il responsabile politico della Brexit, Fdi è la principale forza in grado di condizionare le politiche del secondo mandato di Ursula von der Leyen, la Lega ne è all’opposizione, Afd ancor di più) risponde al disegno di un’amministrazione che sta iniziando a esplicitare ciò che è rimasto sotto traccia con i democratici al potere a Washington. Ovvero che Bruxelles si pone su diversi piani in contrasto aperto con Washington. Questa svolta non fa che levare il velo d’ipocrisia sulla presunta «sovranità europea» cui informare le posture nazionali: semmai, finché gli Usa sono così, conviene mostrare - per esempio a partire dai dazi - autonomia strategica a livello nazionale e sottrarsi a un’ombra, quella dell’Ue, che rischia di diventare fredda e inospitale. Ormai sta diventando una questione di autodifesa.
Giuseppe Cavo Dragone (Ansa)
La paura sta spingendo l’Occidente ad adottare i metodi degli autocrati. Diventando insofferente a principi, come libertà e democrazia, in nome dei quali afferma di lottare.
Quando si fanno i conti con un nemico esistenziale, si corre sempre un rischio: diventare come lui, pur di non lasciarlo vincere. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, nell’intervista dell’altro ieri al Financial Times, in cui ha lanciato l’idea di un cyberattacco preventivo della Nato contro la Russia, ha svelato da dove nasce uno slancio che pare rinnegare la natura giuridica dell’Alleanza atlantica. Incursioni di droni, malware, campagne di disinformazione orchestrate dal Cremlino.
Federica Mogherini (Ansa)
Perquisiti l’ex ministro degli Esteri di Renzi, poi Alta rappresentante europea, e l’ex diplomatico noto per aver esposto la bandiera del gay pride all’ambasciata italiana. Una vita all’ombra di Prodi, Veltroni, Franceschini...
Naturalmente le accuse nei confronti di Federica Mogherini sono tutte da dimostrare. Così come devono essere provate quelle mosse dalla Procura europea nei confronti dell’ambasciatore Stefano Sannino. Secondo i magistrati, l’ex ministra degli Esteri della Ue e il diplomatico di stanza a Bruxelles avrebbero fatto un uso improprio dei fondi dell’Unione. Le contestazioni nei loro confronti andrebbero dalla frode in appalti pubblici alla corruzione e tra le imputazioni ci sarebbe pure il conflitto d’interessi. Per questo la polizia avrebbe perquisito le abitazioni e gli uffici di Mogherini e Sannino, sottoponendo entrambi al fermo giudiziario.
Beppe Sala, Matteo Lepore e Stefano Lo Russo (Ansa)
Torino ostaggio dei centri sociali, Milano preda dei maranza, Bologna razziata dai pro Pal: per i primi cittadini è tutto ok.
Mi viene in mente quel che mi diceva la mia mamma quando non sapeva più cosa fare data la mia esuberanza: «’un so più da che parte prenditi». Questo rappresentava il massimo della disperazione. Non sapeva più cosa fare con me e di me. Ecco, mi viene da dire la stessa cosa sulle dichiarazioni e sulle prese di posizione di alcuni sindaci di sinistra riguardo a gruppi di ragazzine e ragazzini che rapinano i coetanei, baby gang e affini.
Putin e Witkoff durante i colloqui a Mosca (Ansa)
Ieri l’incontro tra il delegato americano e lo zar a Mosca. Trump: «Ci stiamo provando, è un casino». Zelensky trema: «Ho paura che gli Usa perdano interesse a negoziare».
Le trattative sulla crisi ucraina sono a un punto di svolta? Ieri sera, Vladimir Putin ha ricevuto al Cremlino l’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e il genero di Donald Trump, Jared Kushner. Prima che iniziasse la sessione a porte chiuse, Witkoff - che avrebbe cenato in un ristorante stellato con piatti a base di caviale quaglia e carne di cervo - ha definito Mosca «una città magnifica». Nel momento in cui La Verità andava in stampa, il colloquio, a cui hanno preso parte anche i consiglieri presidenziali russi Kirill Dmitriev e Yuri Ushakov, non era ancora terminato, anche perché, secondo la Cnn, lo zar avrebbe fatto attendere la delegazione Usa, non rispettando la tabella di marcia prevista. Il meeting è del resto iniziato con più di due ore di ritardo. Poco prima dell’incontro, il presidente russo ha accusato i governi europei di sabotare i negoziati di pace. «L’Europa sta impedendo all’amministrazione statunitense di raggiungere la pace in Ucraina», ha tuonato, bollando le richieste europee come «inaccettabili per la Russia». «Se l’Europa vuole combattere la guerra, siamo pronti adesso», ha aggiunto. «Se le forze di Kiev continueranno ad attaccare petroliere e altre navi nel Mar Nero, la Russia risponderà nel modo più radicale, isolando l’Ucraina dal mare», ha continuato il presidente russo.






