2021-10-22
Trump si fa la sua «Verità» contro Big Tech
L’ex presidente lancia Truth, un social network aperto a tutti di sua proprietà. Obbiettivo: vendicarsi di Facebook e Twitter che lo hanno bannato, farci un po’ di soldi e preparare la piattaforma di lancio per tornare in pista in vista delle presidenzialiTruth. Verità. Si chiama così la piattaforma social di Donald Trump. Senza l’articolo, altrimenti gli avremmo chiesto di pagarci i diritti sul marchio. Battute a parte, l’ex presidente degli Stati Uniti ha annunciato che lancerà una nuova società per «resistere alla tirannia dei Big Tech». La piattaforma sarà disponibile tramite app su Apple Store come versione beta in prova per una seria di «ospiti invitati» a novembre e la società prevede il lancio finale nel primo trimestre del 2022. La società che la controllerà si chiama Trump Media and Technology Group (Tmtg) , avrà un valore d’impresa iniziale di 875 milioni di dollari ed è stata fondata con la missione «di dare voce a tutti», riferisce lo stesso Trump in una nota. Sottolineando che «viviamo in un mondo in cui i talebani hanno un’enorme presenza su Twitter, eppure il vostro presidente americano preferito è stato messo a tacere». Il gruppo Tmtg ha già avviato una fusione con Digital World Acquisition Corp per diventare una società quotata a Wall Street con Trump come presidente. La World Acquisition Corp. appartiene infatti alla categoria delle Spac, acronimo di Special purpose acquisition companies, ovvero veicoli finanziari creati specificamente per raccogliere fondi sui mercati e usarli per fondersi con una società privata. Le Spac, a loro volta, pagano per le loro acquisizioni con il denaro di chi ha comprato le azioni al momento dell’offerta pubblica iniziale. In questo caso, l’Ipo dell’8 settembre di Dwa ha raccolto 287,5 milioni di dollari, secondo un documento depositato alla Sec (la Consob americana).Non solo. Tmtg sta anche lavorando a un servizio di video on demand (chiamato Tmtg +) che includerà programmi di intrattenimento, notizie e podcast. E che punta a fare concorrenza a Facebook, Twitter, Netflix, Disney+ e la Cnn. E a lungo termine l’obiettivo è anche quello di diventare una potenza nel cloud computing e nei pagamenti in diretta competizione con Amazon, Microsoft, Google e Stripe. Un piano troppo ambizioso? Vedremo. Di certo, ieri la Spac Dwa ha messo le ali a Wall Street segnando un balzo di del 130% con ordini di acquisto che sono il triplo degli ordini di vendita. Trump, insomma, vuol monetizzare la sua vendetta ma anche avere un megafono social per restare sulla scena politica anche in vista delle elezioni di Midterm nel 2022 (e con un occhio alle presidenziali del 2024). L’ex presidente, ricordiamolo, è stato estromesso da Twitter e Facebook (per due anni) dopo essere stato accusato di aver incitato alla violenze e alla sommossa del 6 gennaio al Campidoglio. Lo scorso 7 luglio aveva lanciato una crociata giudiziaria mettendosi a capo di una class action contro Twitter, Facebook e Google (per Youtube) e i loro amministratori delegati che lo hanno bandito invocando la violazione del primo emendamento della Costituzione, chiedendo il ripristino degli account e pretendendo un risarcimento danni. Il 2 ottobre Trump ha poi presentato richiesta a un tribunale di Miami in Florida perché sia ripristinato il suo account su Twitter denunciando che l’oscuramento dell’account è stato deciso su pressioni dei suoi rivali al Congresso americano. Nel frattempo, una piccola soddisfazione per Trump è arrivata lo scorso 14 ottobre quando è scoppiata la nuova grana per Mark Zuckerberg dopo le esplosive rivelazioni dell’ex manager Frances Haugen sulle opacità di Facebook. Il patron della piattaforma social è stato infatti accusato di aver finanziato nelle ultime elezioni con quasi mezzo miliardo di dollari un paio di organizzazioni no profit, nominalmente «non partisan» ma di fatto schierate a sinistra, che avrebbero «infiltrato» gli uffici elettorali favorendo il voto democratico e la vittoria di Joe Biden. Una sorta di «sistema elettorale ombra» che avrebbe influenzato il voto dall’interno grazie ai «Zuckerbucks», ossia ai dollari di Zuckerberg. Il j’accuse era contenuto in un’analisi del Federalist, controverso web magazine di destra, poi rilanciata dal New York Post, tabloid conservatore controllato da Rupert Murdoch. Entrambe le testate simpatizzano per Trump, che proprio in quegli stessi giorni aveva esortato i suoi sostenitori a non andare alle urne per il voto di Midterm del prossimo anno e anche alle presidenziali del 2024 se prima i repubblicani non risolveranno la questione dei brogli di Usa 2020, che lui continua a denunciare pur avendo perso tutti i ricorsi. Secondo l’indagine del magazine, i soldi di Zuckerberg hanno aumentato significativamente il margine di voto di Biden in alcuni Stati chiave, come la Georgia e l’Arizona, dove il candidato dem ha vinto rispettivamente di 12.000 e 10.000 preferenze, ma anche in Wisconsin, altro Stato conteso, assicurandogli così la vittoria del collegio elettorale. Nel mirino dell’inchiesta di Federalist erano finiti in particolare il Center for Technology and Civic Life (Ctcl) e il Center for Election Innovation and Research (Ceir), che avrebbero usato 419 milioni di dollari donati dal fondatore di Facebook per «infiltrare» gli uffici elettorali con attivisti di sinistra e promuovere campagne e prassi elettorali favorevoli ai dem (a partire dal voto per posta) nelle grandi città dei cosiddetti swing states, dove è concentrata la maggioranza degli elettori liberal. Il Ctcl è accusato inoltre di non essere apolitico perché i tre fondatori hanno già lavorato per il New Organizing Institute, una defunta organizzazione gestita dall’ex collaboratore di Obama, Ethan Roeder, e finanziata da magnati liberal come George Soros per formare attivisti nella strategia digitale elettorale.