2025-08-17
La Russia vince sui media. Ma nei fatti è Trump che ora conduce le danze
Vladimir Putin e Donald Trump durante l'incontro del 15 agosto in Alaska (Getty Images)
Lo zar esce dal vertice in Alaska con un importante trionfo simbolico. Su molti tavoli, tuttavia, Mosca arranca. E Washington ne approfitta, portandola verso Yalta 2.0. È stato un «minuetto» tra Carl von Clausewitz e Sun Tzu quello svoltosi l’altro ieri in Alaska. Il vertice di Anchorage tra Donald Trump e Vladimir Putin non ha portato a un accordo per il cessate il fuoco in Ucraina. Eppure, i due leader hanno espresso ottimismo per la risoluzione della crisi. Ieri, lo zar ha definito il summit «tempestivo e molto utile», aggiungendo di voler «risolvere pacificamente tutte le questioni». «Una giornata fantastica e di grande successo in Alaska!», ha dichiarato, sempre ieri, il presidente americano su Truth. «L’incontro con il presidente russo Vladimir Putin è andato molto bene, così come la telefonata a tarda notte con il presidente ucraino Zelensky e con diversi leader europei», ha proseguito, per poi aggiungere: «Tutti hanno deciso che il modo migliore per porre fine alla terribile guerra tra Russia e Ucraina è quello di giungere direttamente a un accordo di pace, che porrebbe fine alla guerra, e non a un semplice cessate il fuoco, che spesso non regge». «Il presidente Zelensky arriverà a Washington, nello studio ovale, lunedì pomeriggio. Se tutto andrà per il meglio, fisseremo un incontro con il presidente Putin. Milioni di vite potrebbero essere salvate», ha concluso.Trump, che inizialmente aveva affermato di voler arrivare a un cessate il fuoco durante il vertice di Anchorage, si è quindi spostato adesso su un’altra posizione: il raggiungimento di un trattato di pace definitivo. Una posizione che cozza con quanto auspicato, negli scorsi giorni, tanto da Zelensky quanto dai leader europei. Costoro avevano infatti sostenuto che la tregua dovesse essere una precondizione. Forse non a caso, secondo Axios, la telefonata tra Trump e Zelensky, avvenuta dopo il vertice in Alaska, si sarebbe rivelata «non facile». Lo stesso Trump, intervenendo venerdì sera su Fox News, aveva parlato di una non meglio precisata questione «significativa» su cui Mosca e Washington risulterebbero ancora distanti.In questo quadro, era già abbastanza chiaro prima del summit che Putin avrebbe assunto una posizione clausewitziana. «Se si vuole costringere il nemico, bisogna metterlo in una situazione ancora più spiacevole del sacrificio che gli si chiede di compiere. Le difficoltà di quella situazione non devono ovviamente essere solo passeggere», scriveva il generale prussiano, per poi aggiungere: «Altrimenti il nemico non cederebbe, ma aspetterebbe che la situazione migliori». È quindi esattamente questa logica che lo zar ha portato al tavolo negoziale venerdì. Putin ritiene di essere in vantaggio sul campo di battaglia. E ha quindi interesse a negoziare un eventuale accordo di pace mentre si combatte, evitando una tregua che, dal suo punto di vista, consentirebbe al nemico di riorganizzarsi. È in tal senso che, durante il summit, Putin, secondo il Financial Times, avrebbe offerto il congelamento delle linee del fronte a Kherson e Zaporizhzhia in cambio del Donetsk. Sotto questo aspetto, lo zar, sempre dal suo punto di vista, ha sicuramente conseguito un buon risultato durante il vertice di Anchorage. Sostenere però che abbia ottenuto un trionfo appare quantomeno azzardato. Nelle scorse ore, vari politici e commentatori hanno affermato che Trump avrebbe ceduto del tutto a Putin. Occorrono a tal proposito alcune precisazioni. Innanzitutto, andrebbe rammentato che, il 16 giugno 2021, Joe Biden incontrò lo zar a Ginevra: non solo l’allora presidente americano non ottenne nulla di concreto, non solo offrì gratuitamente a Putin una passerella internazionale ma, il mese dopo, diede anche l’ok al gasdotto Nord Stream 2, soddisfacendo i desiderata di Mosca e Berlino. Tutto ciò non impedì comunque che la Russia, a febbraio 2022, invadesse l’Ucraina. In secondo luogo, è vero che venerdì non c’è stato l’accordo sul cessate il fuoco per cui Trump aveva tanto premuto. Ma è anche vero che ci troviamo nel bel mezzo di un processo diplomatico. Sarebbe quindi consigliabile andare con i piedi di piombo. Molto dipenderà dall’incontro tra Trump e Zelensky di domani. E molto dipenderà anche dall’eventuale vertice tra i tre presidenti. È comunque un dato di fatto che Mosca e Washington siano tornate a parlarsi dopo anni di stallo. Ed è anche un dato di fatto che mai come oggi si sia vicino a un possibile incontro tra Zelensky e Putin. Del resto, nonostante abbia il coltello dalla parte del manico sul campo di battaglia, la Russia si è notevolmente indebolita in Medio Oriente dopo la caduta di Bashar Al Assad in Siria. Non solo. Il recente accordo, mediato da Trump, tra Armenia e Azerbaigian ha inferto un duro colpo all’influenza di Mosca nel Caucaso del Sud. Infine, l’aumento dei dazi americani all’India ha fatto sì che Nuova Delhi riducesse l’acquisto di prodotti energetici russi. Trump sta insomma cercando di esercitare una pressione indiretta sullo zar, consapevole del fatto che la guerra in Ucraina ha distratto il Cremlino da altre aree di suo interesse strategico. «In ogni combattimento, il metodo diretto può essere utilizzato per scendere in battaglia, ma saranno necessari metodi indiretti per assicurarsi la vittoria», scriveva Sun Tzu. Ciò non significa che il presidente americano non stia al contempo cercando di ricorrere ad allettanti proposte economiche per ammorbidire Mosca sull’Ucraina e, al contempo, allontanarla da Pechino. Recenti indiscrezioni hanno riportato che la Casa Bianca potrebbe offrire al Cremlino l’accesso alle risorse minerali dell’Alaska e la revoca di alcune sanzioni. Putin, dal canto suo, punta anche a sfruttare una politica dei due forni tra Usa e Cina: circostanza, quest’ultima, che Trump vede però come il fumo negli occhi. Il destino della nuova pace di Vestfalia, insomma, si gioca qui. E il bivio è ormai chiaro: o una Yalta 2.0 o il caos.
Sandro Mazzola (Getty Images)
Una foto di scena del fantasy «Snowpiercer» con Chris Evans e Tilda Swinton firmato dal coreano Bong Joon. Nel riquadro una tavola del fumetto