2021-01-07
Democrazia Usa in panne. Trump sconfitto non ci sta. Congresso preso d'assalto
I dem vincono in Georgia e consegnano il Senato Usa a Joe Biden. L'Asinello è in mano ai radicali. A Washington reazione violenta. Conflitto a fuoco tra manifestanti e polizia. Il Pentagono nega l'uso della Guardia nazionale.La sconfitta in Georgia e la perdita del Senato da parte dei Repubblica ha fatto rompere l'ultima barriera. Un Donald Trump infuriato ha di fatto aizzato i sosetnirori. Che nella tarda serata di ieri hanno assalito addirittura il Congresso. Fumogeni e spari. La polizia è intervenuto a difesa dei parlamentari. Mentre la speker Nancy Pelosi ha chiesto l'intervento della Guardia nazionale. Intervento negato dal Pentagono. Bruttissime notizia che derivano dai ben magri risultati che l'elefantino ha rimediato nei due ballottaggi di martedì in Georgia. Secondo Cnn, il candidato dem, Raphael Warnock, ha battuto la senatrice repubblicana uscente, Kelly Loeffler, con un vantaggio dell'1,2%: Warnock si avvia quindi ad essere il primo senatore afroamericano del Peach State, anche se - essendo stato eletto in un'elezione speciale - sarà eventualmente costretto a ricandidarsi per un secondo mandato già nel 2022. Nel momento in cui La Verità è andata in stampa, l'altra disfida era ancora formalmente aperta, con il candidato dem Jon Ossoff (già comunque dichiaratosi vincitore) avanti dello 0,4% sul senatore repubblicano uscente, David Perdue. Insomma, salvo sorprese, l'asinello sembrerebbe pronto a conquistare la maggioranza al Senato, grazie al ruolo dirimente della vicepresidentessa, Kamala Harris. Questi risultati innescheranno una resa dei conti in seno al Partito repubblicano. E già molti commentatori hanno definito la sconfitta in Georgia come una débâcle personale di Donald Trump: un Trump che comunque ieri, più che sui ballottaggi, era concentrato sul processo di certificazione della vittoria di Joe Biden al Congresso. A Washington il presidente uscente ha tenuto un battagliero comizio a cui hanno fatto seguito anche scontri che hanno portato le forze di polizia a blindare la zona. Trump è tornato all'attacco sulle elezioni presidenziali, lamentando brogli e criticando i suoi avversari, ma ha incassato l'«abbandono» del suo vice, Mike Pence, che si è rifiutato di opporsi alla formalizzazione della vittoria di Biden.La partita è però tuttora aperta. A fine dicembre, un giudice federale della Georgia ha ordinato a due contee di annullare una decisione che puntava a rimuovere oltre 4.000 persone dalle liste elettorali a causa di problemi sorti per il cambio di indirizzo. È pur vero che, secondo Politico, le prove per contestare le registrazioni di quegli elettori risultassero «scarse». Ma è altrettanto vero che il giudice espressosi sulla questione fosse Leslie Abrams Gardner: sorella dell'ex candidata dem al governatorato della Georgia, Stacey Abrams. Quella stessa Abrams che si è tra l'altro molto spesa nella campagna elettorale per i due ballottaggi di martedì. In secondo luogo, entrambi i candidati dem, Warnock e Ossoff, hanno goduto di una significativa potenza di fuoco in termini finanziari. Stando a quanto riferito da Cnn, costoro hanno raccolto oltre 100 milioni di dollari ciascuno, laddove gli avversari repubblicani hanno di poco superato quota 60 milioni. In particolare, The Hill ha riportato che numerose star di Hollywood (tra cui Leonardo DiCaprio, Mark Ruffalo e Joaquin Phoenix) abbiano effettuato donazioni in ossequio alla causa dem in Georgia. Inoltre, secondo il sito Open Secrets, Ossoff avrebbe ricevuto cospicui finanziamenti da colossi del web. Insomma, le elezioni nel Peach State confermano come il Partito democratico sia ormai diventato un punto di riferimento per i potentati economici americani (a partire dalla Silicon Valley). Nonostante questi fondi, i dem - dallo scorso 3 novembre - abbiano perso seggi alla Camera e ottenuto vittorie quasi esclusivamente sul filo del rasoio. In terzo luogo, attenzione al dato politico. È vero: la vulgata sostiene che dal Peach State sia arrivata una chiara vittoria per Biden. Un Biden che, si dice, potrà - grazie a un Senato dem - far approvare senza problemi le nomine dei propri ministri e condurre un'agenda politica in piena libertà. Eppure la situazione è più complicata di così. Le due vittorie in Georgia rafforzano infatti la sinistra dell'asinello, che farà adesso valere le proprie rivendicazioni, puntando a prendere politicamente in ostaggio il presidente entrante: un presidente che non ha poi troppo in simpatia Bernie Sanders, Elizabeth Warren e Alexandria Ocasio-Cortez. Un Senato repubblicano avrebbe costituito un alibi per Biden, onde raffreddare i bollenti spiriti dei radicali. Insomma, più che nel nuovo Franklin D. Roosevelt, Biden rischia di trasformarsi in un novello Romano Prodi: costretto a far da paciere tra le litigiose correnti del suo stesso partito. Infine, è molto più probabile che quei risultati rappresentino un problema per il capogruppo repubblicano al Senato, Mitch McConnell, che ha ingaggiato nelle ultime settimane una serie di battaglie politiche proprio col presidente uscente (e anche ieri al Congresso gli si è messo di traverso sulla certificazione dei voti di Biden). Obiettivo di McConnell era infatti quello di contendere di fatto la leadership del partito a Trump e avviare simultaneamente una collaborazione con la nuova presidenza. Le sconfitte in Georgia hanno tuttavia indebolito il capogruppo (e l'establishment di cui è rappresentante), lasciando (almeno per ora) il presidente uscente come unico «uomo forte» nella galassia repubblicana. Un fattore che potrebbe tornare utile all'inquilino della Casa Bianca, se decidesse di ricandidarsi nel 2024. La carica antisistema persiste. E un «partito di Trump» - che ieri ha proclamato la «fine» del Gop - si sta probabilmente profilando all'orizzonte.
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