
Prove di cauto disgelo tra Washington e Teheran. Sabato, l’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha avuto in Oman dei colloqui indiretti sul nucleare con il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi. Colloqui che, definiti dalla Casa Bianca “molto positivi e costruttivi”, sono stati seguiti da un breve incontro diretto tra i capi delle due delegazioni. Le parti hanno anche deciso di tenere un nuovo meeting sabato prossimo. “Penso che siamo molto vicini a una base per i negoziati e se riusciremo a concludere questa base la prossima settimana, avremo fatto molta strada e potremo avviare vere discussioni sulla base di ciò”, ha dichiarato Araghchi. Sabato stesso, anche Donald Trump si espresso sui colloqui iraniani. “Nulla conta finché non si riesce a fare qualcosa, quindi non mi piace parlarne, ma sta andando tutto bene. La situazione in Iran sta andando piuttosto bene, credo”, ha affermato. Non è un mistero che il presidente americano voglia negoziare un nuovo accordo sul nucleare con Teheran, per impedire che gli ayatollah si dotino dell’arma atomica. E’ anche per spingere il regime a sedersi al tavolo che, negli ultimi due mesi, Trump ha portato avanti nei suoi confronti una vera e propria diplomazia della coercizione: ha ripristinato la politica della “massima pressione” su Teheran, ha ordinato vari raid contro gli Huthi nello Yemen e minacciato di bombardare i siti nucleari iraniani. In accordo con Benjamin Netanyahu, l'inquilino della Casa Bianca non ha del resto escluso l'utilizzo della forza contro i khomeinisti, in caso di fallimento dei negoziati sul dossier atomico. Il regime khomeinista, che nel 2024 è stato notevolmente indebolito dalla caduta di Bashar al Assad e dalla decapitazione di Hezbollah, non è rimasto comunque con le mani in mano. Per aumentare il suo potere negoziale, ha recentemente installato dei sistemi missilistici in tre isolette dello Stretto di Hormuz: un’area in cui passa circa il 20% del consumo mondiale di greggio.Insomma, che si registrino degli spiragli di disgelo tra Washington e Teheran è innegabile. Il quadro complessivo resta però, almeno al momento, piuttosto teso. Tra l’altro, il dossier iraniano va inserito all’interno di una cornice più ampia. Venerdì, il giorno prima cioé dei colloqui nell’Oman, Witkoff aveva avuto un incontro in Russia con Vladimir Putin. Ricordiamo che, il mese scorso, lo zar si era proposto come mediatore tra Iran e Stati Uniti sulla questione del nucleare. Mosca ha del resto perso significativamente influenza in Medio Oriente dopo il cambio di regime in Siria. E spera di risalire la china, ritagliandosi un ruolo nei negoziati tra Teheran e Washington. Il punto è che Trump non è affatto contento della condotta di Putin sull’Ucraina. Il presidente americano potrebbe quindi riconoscere allo zar un ruolo nella diplomazia iraniana in cambio di un suo ammorbidimento sulla crisi ucraina. Potrebbe essere (anche) questo il senso del tentativo di distensione portato avanti dalla Casa Bianca con gli ayatollah. La partita è complessa e, almeno per ora, resta ricca di incognite.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».






