2025-08-24
Trump dà un’altra «botta» al Green deal Ue
L’amministrazione Usa ferma i lavori (arrivati all’80%) del colosso danese Orsted: un progetto eolico offshore a Rhode Island. Una tegola per una delle big delle rinnovabili in Europa che già viveva difficoltà finanziarie e ora valuta di fare causa agli Stati Uniti.«Fermate le pale eoliche, uccidono la bellezza dei vostri Paesi». Non servivano le esternazioni, come al solito poco diplomatiche di Donald Trump che a fine luglio, appena arrivato in Scozia per l’incontro sui dazi con la Von del Leyen se l’era presa con le le mega-turbine, per capire la posizione del presidente Usa sulle rinnovabili. Non servivano perché la battaglia contro «i mulini a vento» è parte fondante delle politiche Maga e della campagna elettorale con la quale The Donald è arrivato per la seconda volta alla Casa Bianca. Non solo. Perché anche le lotte ai dazi e ai mille vincoli europei che il tycoon sta spingendo mettono nel mirino il Green deal, il piano che nelle intenzioni di Bruxelles dovrebbe portare alla transizione verso un’industria e un approvvigionamento energetico più pulito. Il progetto europeo non sta in piedi e La Verità l’ha raccontato in tutti i modi. E una nuova spallata sta arrivando proprio da Trump. Nelle ultime ore infatti l’amministrazione Usa ha imposto alla danese Orsted di interrompere i lavori di costruzione di un progetto eolico offshore vicino al Rhode Island. Si tratta di un progetto già in fase avanzata (siamo arrivati all’80% della costruzione) e lo stop potrebbe aggravare la situazione finanziaria del colosso europeo delle rinnovabili. Orsted, è tra le maggiori aziende mondiali nel settore dell’eolico offshore, ma negli ultimi mesi molti dei suoi progetti si sono «ingarbugliati». È recentissima la decisione di cancellare «Hornsea 4». Un parco da 2,4 Gigawatt al largo della costa dello Yorkshire, in Inghilterra. Motivi? I costi eccessivi che hanno reso l’investimento insostenibile. Da una parte ci sono le strozzature nella catena di approvvigionamento dei materiali e dall’altro l’incremento dei rischi di esecuzione. Una battuta d’arresto preoccupante anche per l’Unione Europea. Il Regno Unito rappresenta una sorta di Eldorado per l’eolico, sia per la situazione climatica favorevole sia per le politiche dell’amministrazione Starmer. Insomma, se si bloccano i progetti dove ci sono le migliori condizioni, cosa succederà altrove?In questo periodo nero dell’eolico off shore e di Orsted in particolare gli Stati Uniti stanno avendo un peso decisivo. Da ricordare che Joe Biden aveva cercato di stimolare il settore con una massiccia iniezione di sussidi pubblici che avevano l’obiettivo di arrivare a quota 30 Gigawatt entro il 2030. È vero che già nel 2023 alcuni progetti negli Usa (i lavori per i parchi Ocean Wind 1 e Ocean Wind 2 dalla capacità combinata di 2,2 Gigawatt) si erano arenati, ma è dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca che la musica è completamente cambiata. Il ciclone The Donald già nelle primissime ore del suo insediamento, nel mese di gennaio, aveva sospeso il rilascio di nuove concessioni per l’eolico offshore in attesa di una revisione ambientale ed economica dei progetti. Quindi c’è stata l’approvazione del «Big Beautiful Bill», la manovra di bilancio che ha dato ulteriore impulso a tutte le promesse elettorali del presidente. In particolare, il disegno di legge ha reso più difficile lo sviluppo negli Stati Uniti delle strategie su solare ed eolico eliminando dal 2026 tutti i crediti di imposta per i progetti sulle rinnovabili non ancora avviati.Una mannaia non inaspettata che sta facendo scappare a gambe levate tutti i potenziali investitori dal settore.Un bel guaio per per Orsted, la società danese controllata al 50,1% dallo Stato. Lo stop all’ultimo progetto americano arriva infatti in un momento delicatissimo. All’inizio di agosto il colosso delle rinnovabili era stato costretto a chiedere ai suoi azionisti un finanziamento di 9,4 miliardi di dollari per sostenere il progetto Sunrise Wind al largo della costa di New York, dopo che potenziali partner si erano ritirati. Il motivo era ovviamente Trump. E adesso il nuovo stop potrebbe mettere a rischio la sostenibilità dell’azienda. Che infatti è subito uscita con un comunicato nel quale accenna una bozza di reazione. «Orsted sta valutando tutte le opzioni per risolvere rapidamente la questione», ha dichiarato la società, aggiungendo anche che sta mettendo in fila tutti i risvolti finanziaria del fermo (compreso il sicuro ritardo degli introiti preventivati) per valutare se intraprendere un’azione legale.Il progetto da 1,5 miliardi di dollari, Revolution Wind, doveva vedere la luce nel 2026 e nelle intenzioni gruppo dovrebbe produrre energia elettrica sufficiente ad alimentare 350.000 abitazioni nel Rhode Island e nel Connecticut. Tutte le fondamenta offshore erano state installate e 45 delle 65 turbine eoliche erano già in posizione. Numeri che difficilmente faranno braccia nel cuore di Trump che da tempo e a suon di ordini esecutivi ha riaperto la corsa alle trivelle per la gioia della sua base elettorale.
Andrea Sempio e Luciano Garofano (Ansa)
(Totaleu)
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