2021-03-10
Truffa da 1 milione nella cooperativa che fingeva di aiutare i richiedenti asilo
Non li assistevano e ottenevano rimborsi per ospiti non presenti. Tre arresti a Cassino. Matteo Salvini: «Ne parlerò subito con Draghi».Dal settore della formazione senza scopo di lucro avevano fiutato il grande affare dell'accoglienza. E da Napoli, dove è nata la coop Formland No Limes, hanno puntato agli appalti dei centri Cas del Basso Lazio e del Casertano. Lì, dopo aver vinto le gare bandite dalle Prefetture, avevano impiantato centri per l'accoglienza straordinaria a Galluccio, Caianello e San Vittore. Ma, hanno scoperto gli investigatori del commissariato di Cassino e quelli della Guardia di finanza, che ieri mattina su disposizione del gip Salvatore Scalera hanno notificato tre ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari a Francesco Odierno, classe 1972, Raffaele Odierno, del 1964, e Pasquale Napoli, del 1966, tutti e tre di Qualiano (Napoli), e cinque interdizioni dall'esercizio di attività imprenditoriale, gli indagati badavano solo al business, imbrogliando le Prefetture e facendo vivere i richiedenti asilo in sporche e affollate stamberghe. «Pecunia no limes», hanno ribattezzato l'operazione di polizia giudiziaria il pm Emanuele De Franco e il procuratore capo di Cassino Luciano d'Emmanuele, giocando un po' sul nome della finta coop no profit. Perché, ha scoperto l'accusa, parte dei fondi stanziati dalle Prefetture, invece di finire nelle strutture per l'accoglienza, veniva girato sui conti correnti personali dei cooperatori e ripulito tramite fatture alle quali non corrispondeva un reale servizio. «Gli stranieri», ha ricostruito l'inchiesta (nata da un'altra operazione nella quale lo scorso anno erano rimasti coinvolti anche degli amministratori locali), «vivevano in locali angusti, sporchi, fatiscenti ed in pessime condizioni igieniche». Le camere, come dimostrano anche i video registrati dagli investigatori durante un blitz all'interno delle strutture, erano sovraffollate oltre il limite consentito e in pochi metri quadrati erano stipate anche sei persone. Gli ospiti, inoltre, non erano assistiti da un numero sufficiente di operatori e «non usufruivano correttamente», sostiene l'accusa, «di assistenza sanitaria, sostegno psicologico, mediazione linguistica e culturale». Tutti servizi che sarebbero stati invece indicati al momento della partecipazione alle gare d'appalto. E non solo. Sul sito web della coop un paragrafetto propagandava così il loro convincente progetto: «Il programma di accoglienza proposto dalla No limes sposa il concetto di accoglienza integrata, ovvero la realizzazione di interventi che superino la mera distribuzione standardizzata di vitto ed alloggio, prevedendo in via complementare un paniere di supporti (accompagnamento sociale, tutela legale, percorsi individuali di inclusione e inserimento socio economico) mirati all'acquisizione dell'autonomia dei beneficiari». Di fatto, però, quelle si sono rivelate soltanto delle balle. Ma i cooperatori di Formland No limes non erano solo dei bravi parolai. Apparivano anche meticolosi nei conteggi. Le carte che arrivavano alle Prefetture, infatti, hanno spiegato gli inquirenti, apparentemente erano sempre a posto. Ma è bastato verificare alcuni dettagli per scoprire che gli indagati dichiaravano il falso e che i servizi pattuiti non venivano garantiti in modo corretto. In alcuni casi, poi, i cooperatori usavano un trucchetto vecchio come il cucco: certificavano la presenza di stranieri che in realtà si erano allontanati dalle strutture da diverso tempo. Alcuni, è emerso dai controlli alla frontiera, avevano addirittura già raggiunto altri Paesi. Bastava annotare la loro presenza sui registri per ottenere la quota giornaliera prevista per la presenza dei richiedenti asilo sul territorio nazionale. Ma non era l'unico escamotage. È emerso, inoltre, che sarebbero riusciti a far crescere i rimborsi taroccando il numero dei pasti somministrati. Nella fase due, invece, i cooperatori non profit ripulivano i soldi: «Gli ingenti profitti, frutto delle condotte illecite», hanno spiegato gli investigatori, «venivano trasferiti mediante operazioni di riciclaggio mascherate dall'utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti». L'affarone aveva fruttato ai cooperatori dell'accoglienza oltre un milione di euro. Niente male per un'impresa che alla Camera di commercio di Cassino ha dichiarato come attività prevalente quella dei corsi di formazione e di aggiornamento professionale non legalmente riconosciuti (anche se sul proprio sito web pubblicizza l'esatto contrario). Il gip quindi ha disposto sequestri di immobili e di conti correnti del valore equivalente. Le accuse: truffa ai danni dello Stato, frode in pubbliche forniture, autoriciclaggio, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. «Intendo confrontarmi al più presto con il presidente Mario Draghi e con il ministro Luciana Lamorgese per trovare soluzioni», ha tuonato il leader della Lega Matteo Salvini. «L'Italia», ha aggiunto Salvini, «soprattutto in pandemia e con molti cittadini costretti a casa, non può permettersi sbarchi a raffica, clandestini a spasso e illegalità».
Il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo (Imagoeconomica)
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