2023-09-12
Trovati i veri colpevoli del mancato trionfo di Kiev: siamo noi
L’offensiva di Kiev fa flop? Per Ezio Mauro la responsabilità è nostra, in quanto poco democratici e pure un po’ populisti. Quasi ogni giorno speriamo intensamente di essere sorpresi, stupiti - anche se non in maniera piacevole - da un cambio di registro, da un leggero variare di argomentazioni. Invece, purtroppo, ci dobbiamo rassegnare alla martellante ripetitività dell’oppressione intellettuale, alla banalità della retorica prevalente. Che si tratti della discussione pubblica sulla transizione ecologica, sul Covid o sulla guerra alla fine non cambia assolutamente nulla. Lo gnosticismo politico si manifesta ogni volta con i medesimi connotati. Il canovaccio è il seguente: un gruppetto di menti eccelse individua un problema e lo proclama emergenza, e contestualmente fornisce una soluzione che - guarda caso - passa sempre per un radicale cambiamento delle abitudini degli italiani o per un sacrificio di sangue richiesto agli incolpevoli cittadini. Le soluzioni proposte vengono indicate come la via per raggiungere il paradiso in terra: pace, salute, prosperità. Chi non è d’accordo viene marchiato quale eretico. Poi, regolarmente, si scopre che il sentiero che avrebbe dovuto condurre al nuovo Eden in realtà porta al disastro. A quel punto, poiché bisogna mantenere una parvenza di democrazia almeno formale, occorre giustificare il fallimento plateale. Ergo si deve individuare qualcuno su cui scaricare la colpa. Esempio: nonostante dieci dosi di farmaco i contagi si verificano ancora? Colpa dei non vaccinati o degli asintomatici o dei terrapiattisti. Facile no? Ecco, con la guerra va nella stessa maniera, e lo dimostra perfettamente ciò che ieri ha scritto su Repubblica Ezio Mauro. Fin dall’inizio, è bene ricordarlo, questo giornale si è mostrato scettico riguardo alle miracolose azioni che avrebbero dovuto favorire una rapidissima conclusione del conflitto. Abbiamo spiegato e rispiegato quali fossero le zone d’ombra della panacea imposta (mandiamo più armi all’Ucraina e facciamo dichiarazioni bellicose dal nostro tinello). E la realtà, se permettete, ha dimostrato che non avevamo tutti i torti. La guerra, infatti, non è conclusa e non se ne vede la fine. In compenso c’è una lunga sfilza di effetti collaterali non semplici da gestire a livello sociale, economico e geopolitico. Che qualcosa non torni deve ammetterlo pure Ezio Mauro, il quale ieri ha scoperto che ci troviamo in una «zona grigia». «Il balbettio del G20 che riunisce in India i Grandi del mondo col 60 per cento della popolazione globale, il 75 per cento del mercato internazionale, l’80 per cento del Pil planetario, ma non riesce a pronunciare una formula di condanna della guerra in Ucraina è lo specchio ingigantito dello stallo diplomatico e politico, non soltanto militare, del conflitto», scrive Mauro. E dettaglia: «La controffensiva ucraina avanza nel territori occupati dall’aggressione russa, ma più lentamente del previsto, e intanto finisce questa estate scelta da Zelensky come la stagione del contrattacco, e spesa da Putin sul fronte interno per cancellare l’autonomia ribelle dei miliziani Wagner a qualsiasi costo, compresa la morte violenta di Prigozhin. Ormai contendenti sono faccia a faccia, col mondo impotente». Si tratta di eufemismi, con tutta evidenza. La controffensiva ucraina tanto sbandierata ha fallito, l’invio massivo di armi da parte dell’Occidente non ha prodotto svolte fondamentali ma in alcuni casi ha indebolito le nazioni europee. In più, come era evidente fin dal principio, una bella fetta del pianeta ha rigettato il racconto atlantico preferendo schierarsi con la Russia o comunque non contro di essa. In compenso, di spiragli per la trattativa non se ne vedono, anche se perfino il ministro Guido Crosetto si è convinto a dire che «siamo arrivati a un momento in cui, sul campo, la guerra non sembra avere soluzioni se non a lunghissimo tempo» e che serve una mediazione, un tavolo di pace. Che fare, dunque? Semplice: si trova un capro espiatorio. E infatti Ezio Mauro non perde tempo a trovare il cattivo di turno. «Per l’Occidente c’era nell’ingaggio a fianco dell’Ucraina una ragione in più, che potremmo definire l’obbligo morale della democrazia», scrive. «Era evidente, infatti, che l’aggressione russa colpiva le città e le persone in Ucraina, ma calpestava nello stesso tempo le condizioni universali della democrazia, a qualsiasi latitudine. Erano le nostre stesse ragioni di convivenza civile ad essere prese d’assalto e negate con le armi: scoprivamo all’improvviso che la democrazia non ha confini, e soffre ovunque quando viene attaccata in un punto qualunque, come se esistesse una moderna internazionale democratica che nessuno si è mai sognato di convocare, appunto perché la sua universalità non è nelle alleanze, ma nei principi e nei valori, vale a dire nella difesa dei diritti, delle libertà e delle costituzioni-istituzioni che ne derivano. Ma tutto questo, tradotto sul campo, significa che l’Occidente sosteneva l’Ucraina non solo per solidarietà e fraternità, bensì perché si ribellava alla pratica dispotica dell’imperialismo russo. Una scelta politica e morale in nome della libertà. Oggi quell’imperativo morale imposto dalla democrazia si sta visibilmente indebolendo: e il punto di cedimento è esattamente l’Occidente». Tradotto: è colpa nostra. Di noi occidentali affetti da «avarizia morale» e dunque incapaci di sostenere le ragioni della democrazia. Sentite qua: «Se si avverte che Putin sta attaccando in Ucraina anche le regole di base del nostro modo di vivere e ciononostante non si sente più la necessità di difenderle, questo significa che si sta modificando la relazione tra il cittadino e la democrazia. È l’ultimo atto della crisi in cui viviamo da troppi anni, anzi delle crisi, che non si sommano ma si saldano, confermandosi: corrodendo la società, logorando le istituzioni, arrugginendo le fondamenta della civiltà quotidiana. Assistiamo all’indebolimento della democrazia, alla sua difficoltà, al risentimento dei tagliati fuori che le imputano il peccato capitale, l’esclusione. E vediamo crescere la tentazione di portare compimento la grande semplificazione populista». Ma certo. È colpa del popolo. Il popolo che non si vaccina abbastanza, che inquina ostinandosi a usare auto vecchie, che non suona abbastanza la tromba della carica al grido di «Slava Ukraini». Come se al popolo fosse stato concesso di avere voce in capitolo sulla vicenda ucraina (o su una qualsiasi delle altre). L’attuale governo come già il precedente si è completamente appiattito sulla linea statunitense. Ci è stato intimato di mandare armi e lo abbiamo fatto. La propaganda è stata martellante, i sondaggi che indicavano la contrarietà della popolazione sono stati ignorati. I critici sono stati bollati di putinismo e infamati. E adesso il celebrato editorialista ci viene a dire che la colpa del fallimento è degli occidentali che hanno in dispregio la democrazia? Ma esattamente quale democrazia è stata esercitata nella gestione del conflitto? Il popolo che non ha avuto voce adesso è responsabile del disastro? Questo è, per usare una formula cara alla sinistra, puro victim blaming, cioè colpevolizzazione della vittima. Prima ci vessano, poi ci rimproverano. E mentre si lagnano per le amare sorti della democrazia, passano i giorni a farne strame.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.