2025-05-18
Tripoli, assalto alla sede del governo. Haftar muove l’esercito verso Sirte
Guerriglia contro il premier libico. Il generale pronto ad arrivare in città. Ue in panne.La calma a Tripoli è durata poche ore e ieri alcune migliaia di persone hanno cercato di assaltare la residenza del primo ministro Abdul Hamid Mohammed Dbeibah chiedendo le sue dimissioni. Le forze di sicurezza hanno reagito sparando in aria per disperdere i manifestanti e caricando la folla. Negli scontri un poliziotto è rimasto ucciso e molti civili sono stati portati in ospedale. Nei tre giorni di violenza si contano oltre 50 morti, anche se ancora mancano cifre ufficiali. La capitale libica si è trasformata in un campo di battaglia e il governo dí Dbeibah ha gettato la maschera rivendicando l’eliminazione di Abdel Ghani al Kikli che ha creato il caos. Il premier ha dichiarato che la sua milizia era diventata un pericolo per la stabilità del Paese e che questa è la fine che faranno tutti quelli che si oppongono al governo di unità nazionale (Gnu). Dbeibah era però convinto che le milizie a lui fedeli potessero prendere rapidamente il controllo della città, ma invece si combatte in tutti i quartieri meridionali, mentre gli alleati di Al Kikli si sono spostati a Est portando via i mezzi blindati. Il piano del primo ministro libico prevedeva lo smantellamento della Stability support authority (Ssa) di Al Kikli e soprattutto della forza speciale di deterrenza per la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata (nota come Rada), comandata dal salafita Abdul Rauf Kara e che ha come braccio destro Osama al Masri. La Rada non si è però fatta trovare impreparata e all’arrivo dei miliziani filo governativi, guidati dalle truppe di Misurata, aveva schierato tutte le sue forze con circa 1.500 uomini armati distribuiti nei quartieri orientali della capitale. I miliziani della Shuhada al Nasr di Zawiyah e gli uomini del generale Usama al-Juwaili di Zintan si sono uniti a Rada respingendo facilmente gli attacchi dei governativi. Mentre i soldati di Dbeibah fallivano la missione, un altro scaltro comandante locale come Haitham El-Tajouri, sospettato di una serie di crimini, faceva girare per Tripoli le sue forze con il logo Rib87, che rappresenta l’Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar. L’uomo forte della Cirenaica ha intanto già mosso il suo esercito verso Sirte, la città natale del colonnello Muammar Gheddafi, dove le milizie locali, deluse da Dbeibah, sembrano pronte a sostenerlo. A Misurata invece, l’ultima grande città sulla strada per Tripoli, tutti i gruppi combattenti sono in massima allerta e hanno radunato le forze di Zintan per bloccare l’avanzata del generale Haftar. Queste due aree, a meno di 200 chilometri da Tripoli, restano fedeli al governo e stanno richiamando migliaia di uomini dalla capitale dove erano andati per annientare gli eserciti privati di Al Kiki e della Rada. Haftar sa bene che se riuscisse ad arrivare alla periferia di Tripoli il governo attuale non avrebbe la forza di difendersi e questa volta, al contrario del 2019, non ci sarebbero russi e turchi a fermarlo. Il vecchio generale è appena tornato da Mosca carico di soldi per pagare i suoi soldati, mentre il figlio Saddam era in missione ad Ankara dove ha firmato un accordo per una fornitura di armi e droni. Russia e Turchia si confermano i veri padroni della Libia con l’Europa ridotta ancora una volta al ruolo di spettatore inerme. L’ambasciatore dell’Unione europea Nicola Orlando ha dichiarato che la delegazione resta operativa e impegnata nella crisi, proponendosi come mediatore, ma senza nessuna risposta ufficiale, mentre la missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) si è limitata a fare appelli alla calma. Nemmeno Abdul Hamid Mohammed Dbeibah, storicamente appoggiato dall’Europa e dalle Nazioni Unite, per il momento ha cercato il sostegno dell’Ue, ma si è rivolto al suo vecchio mentore turco convocando l’ambasciatore di Ankara. Un’altra grande partita geopolitica che l’Europa e le Nazioni Unite sembrano aver definitivamente perso.
Luca Palamara (Getty Images)
Silvio Berlusconi (Getty Images)