
In audizione dice di essere estraneo alla soffiata sui 600 euro, poi tace sui nodi: dalla profilazione alla telefonata di Ettore Rosato.Un Pasquale Tridico affannato e trafelatissimo ha ossessivamente ripetuto, in collegamento con la commissione Lavoro della Camera, che la notizia dei cinque deputati e dei 2.000 eletti locali che avrebbero fatto richiesta del bonus da 600 euro «non è uscita né direttamente né indirettamente da me». E, come vedremo, incalzato sulla telefonata ricevuta da un vicepresidente della Camera, si è incredibilmente trincerato dietro la formula «È una questione personale», senza che la presidente Debora Serracchiani (Pd) facesse una piega. Nella ricostruzione del presidente dell'Inps, Tridico sarebbe stato chiamato il 7 agosto dal direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, il quale gli avrebbe comunicato di essere in possesso della notizia riguardante i deputati e di avergli chiesto i nomi dei cinque. Tridico si è definito «sorpreso» e ha dichiarato di non aver rivelato alcunché: «Sono accuse infondate, le rimando ai mittenti». E ancora: «La notizia è stata trafugata, non è uscita da fonti ufficiali dell'Inps. Ho già ordinato un audit interno».Successivamente, Tridico ha ammesso di conoscere la notizia da fine maggio e di averla condivisa (la notizia, non i nomi) solo con il cda dell'Inps (il 30 maggio). Il presidente dell'Istituto ha anche sostenuto che l'azione di incrocio e controllo sarebbe stata giustificata dal fatto che parlamentari e consiglieri regionali (e in parte altri amministratori locali) sono sottoposti a un regime previdenziale differenziato.Dopo di che, lo speech iniziale di Tridico ha avuto passaggi francamente imbarazzanti: il tema dell'evasione fiscale e contributiva (che non si vede cosa abbia a che fare con il bonus); una specie di mozione degli affetti («Abbiamo servito il Paese, siamo stati a dormire nelle sedi dell'Istituto»); l'incongruo riferimento alla profilazione fatta da aziende private («Google ci segnala prodotti»). Per non dire del costante richiamo, per giustificarsi, al numero altissimo di prestazioni erogate dall'Inps durante l'emergenza Covid, a partire dai 4 milioni di bonus («Guardiamo il dito e non la luna!», ha ripetuto Tridico). Eppure ogni mese l'Inps eroga 20 milioni di pensioni, e quindi avere a che fare con grandi numeri è la regola, non l'eccezione. Tra gli interventi, molto duri gli esponenti della Lega Donatella Legnaioli («Perché le informazioni sono uscite dopo tanto tempo?») e Andrea Giaccone, che ha chiesto conto del motivo del coinvolgimento dei consiglieri comunali, cioè di persone che hanno indennità ridottissime e svolgono altra attività professionale e dunque non meritavano di essere messe nel calderone dello scandalo; Paolo Zangrillo (Fi), che ha apertamente chiesto le dimissioni del presidente dell'Inps; Walter Rizzetto di Fdi («Da Tridico una lezioncina e una difesa d'ufficio»). Pesante ma non pesantissimo, dalla maggioranza, l'esponente di Italia viva Gianfranco Librandi, che ha precisato di non chiedere le dimissioni dei vertici Inps: «Presidente Tridico, non si sente responsabile del circo mediatico di questi giorni? Ci dimostri di essere un uomo non di parte, ma sopra le parti».Prevedibile e acrobatica difesa a corpo morto di Tridico, invece, da parte degli esponenti M5s Niccolò Invidia («Supportiamo in pieno Tridico») e Tiziana Ciprini («Tridico è stato chiarissimo, sta operando benissimo, evidentemente dà fastidio a qualcuno»). In un'area di cautela, ponendo domande ma senza forzare la mano, si sono infine collocati Renata Polverini (Fi), Antonio Viscomi (Pd), Guglielmo Epifani (Leu), Flora Frate (Misto), Camillo D'Alessandro (Italia viva).Nella replica finale di Tridico, ancora toni patetici («Sono amareggiato: l'Inps è una vittima, non un carnefice»), risposte vaghe, nessuna chiarificazione convincente e sostanziale. Il presidente dell'Inps non ha invece fornito i nomi degli altri due deputati, quelli che hanno chiesto il bonus senza ottenerlo. Ciò detto, restano almeno sette punti che non tornano nella ricostruzione di Tridico, in larga misura coincidenti con le domande poste sin dal primo giorno da questo giornale.Primo. C'è un problema di responsabilità oggettiva dell'Inps nel custodire i dati riservati che sono affidati all'Istituto. Quindi Tridico non può cavarsela limitandosi a escludere un suo ruolo diretto nella fuga di notizie. Nella migliore delle ipotesi, esiste una culpa in vigilando che ricade sull'Inps e sul suo vertice. Né rassicura un passaggio surreale della replica di Tridico: «Non è né la prima né l'ultima volta che ci sono fughe di notizie dall'Istituto».Secondo: Tridico ha ammesso che i controlli hanno riguardato circa 40.000 percettori, e sarebbero stati motivati dal regime previdenziale di quei cittadini e dall'opportunità di eventualmente recuperare ciò che l'Inps avesse loro indebitamente versato. L'incrocio sarebbe avvenuto attingendo per i politici ai dati del ministero degli Interni e del Parlamento, e per gli altri soggetti ad archivi diversi. Ma su tutto questo esiste solo la parola dell'Inps. Chi verifica in dettaglio?Terzo. Tridico non ha spiegato (né i parlamentari gli hanno chiesto) come mai sia uscito sui media il riferimento a un «conduttore televisivo». C'è stata dunque una profilazione a carico di una serie di altre personalità pubbliche, politici a parte?Quarto. Come mai, subito dopo l'uscita della prima notizia, i grillini già evocavano i presunti gruppi politici di appartenenza dei parlamentari beneficiari del bonus? Hanno tirato a indovinare o qualcuno gli aveva passato delle informazioni precise?Quinto. Come si è arrivati alla rivelazione sui media dei nomi e dei cognomi delle persone coinvolte? Non è certo da escludere che anche su questo alcuni spifferi possano essere venuti dall'Inps. Sesto. Pesa come un macigno il legame logico e cronologico tra la fuga di notizie e la campagna sul referendum grillino. È questo, inutile girarci intorno, il cuore politico della questione. Settimo. Nonostante la domanda del deputato Rizzetto, Tridico non ha dato risposta sulla telefonata dell'onorevole Ettore Rosato, vicepresidente della Camera, che pare volesse essere rassicurato sul fatto che non fossero coinvolti esponenti di Italia viva. Tridico ha parlato di «questione personale». Una presidenza di commissione adeguata lo avrebbe scorticato vivo, mentre la Serracchiani si è accontentata e ha chiuso lì. Da segnalare infine l'incredibile gestione dell'audizione, e non solo per questo episodio finale. La Serracchiani era collegata da non si sa dove, e molto spesso non è stata nemmeno in grado di farsi materialmente ascoltare, divenendo oggetto di battute da parte dei colleghi. Forse era il caso, prima dell'inizio dei lavori, che qualcuno ricordasse alla presidente l'opportunità di guidare i lavori dall'aula della commissione: ai molti onori di chi presiede una commissione, dovrebbe corrispondere anche qualche onere.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).





