2023-05-07
I pianti di Tridico hanno le gambe corte
Pasquale Tridico (Getty Images)
Il presidente uscente dell’Inps attacca il governo per il commissariamento, ma fu proprio con lo stesso metodo che prese il posto di Tito Boeri. E difende il proprio operato nonostante i pasticci sul Reddito. I suoi uomini, intanto, hanno iniziato a riposizionarsi.Le prime reazioni al commissariamento dell’Istituto da parte del presidente ormai ex Pasquale Tridico lasciano stupefatti. Secondo Tridico il commissariamento è un fatto gravissimo essendo stato utilizzato lo strumento del decreto legge e dietro c’è soltanto un intento politico perché un ente si commissaria quando c’è malaffare, corruzione o dissesto finanziario, mentre l’Inps gode di ottimo stato.Tridico dimentica che lui stesso è arrivato ai vertici dell’Istituto proprio come commissario, sebbene camuffato da perifrasi degna del miglior avvocato azzeccagarbugli e cioè «soggetto con i poteri, rispettivamente del presidente, del vicepresidente e del consiglio di amministrazione». E ci arrivò come padre ideatore del Reddito di cittadinanza, bandiera del Movimento 5 stelle, soltanto per questo. Non c’è mai stata nella storia dell’Istituto una nomina più politica della sua. Tridico ha poi dichiarato che non farà causa. Ci mancherebbe altro che un presidente dell’Inps facesse causa allo Stato per restare attaccato alla sua poltrona. In difesa di Tridico, oltre ai partiti di opposizione, è scesa in campo la Cgil, che in un comunicato ha definito «grave e pericoloso» il commissariamento di Inps e Inail, bollando come «ennesimo atto unilaterale con cui il governo punta al controllo politico dei due enti». Si tratta - sottolinea la Confederazione in una nota - di «una forzatura inaccettabile, compiuta senza alcun confronto con chi rappresenta lavoratori, e pensionati, che sono gli “azionisti di maggioranza” di queste realtà». E continua: «Da sempre difendiamo l’autonomia di Inps e Inail, un valore fondamentale a garanzia di tutti. L’esecutivo sceglie, invece, di metterla pesantemente in discussione». Si era forse lamentata nello stesso modo la Cgil dell’avvento di Pasquale Tridico che è avvenuto contestualmente alla riforma della governance dell’istituto operata dall’allora governo Conte 1 con un atto? No, anzi: in un comunicato del 22 febbraio 2019 aveva rivolto al neo commissario gli auguri a nome del sindacato.Quanto al fatto che l’Istituto goda di ottima salute, è tutt’altro che vero. La gestione Tridico si caratterizza politicamente per essersi prestata a fare da cassa di risonanza al Reddito di cittadinanza da erogare a pioggia prima della consultazione elettorale per il Parlamento europeo rimandando a dopo ogni verifica e controllo dei requisiti necessari. Tutto il resto è passato in secondo piano, nel silenzio degli organi deputati al controllo interno come il collegio dei sindaci.Gli stessi membri del collegio dei sindaci (gestioni di Tito Boeri e Tridico) si stanno riciclando, candidandosi per la posizione di nuovo presidente dell’Inps, mentre ancora le «spoglie» politiche di Tridico sono calde. Innanzitutto, Concetta Ferrari, già direttore generale della direzione per le politiche previdenziali e assicurative (decreto di nomina firmato da Luigi Di Maio), e poi designata quale componente del collegio dei sindaci Inps dal ministro del Lavoro Andrea Orlando (Pd); infine promossa a presidente dell’organo di controllo Inps.L’altro a sgomitare sarebbe Danilo Giovanni Festa, nominato nel 2014 dal governo Letta prima direttore generale del ministero del Lavoro e poi membro del collegio dei sindaci Inps su proposta di tre ministri in successione, Giovannini, Di Maio e Nunzia Catalfo (sempre M5s).Ora la Ferrari è rientrata al ministero del Lavoro mentre Festa è stato promosso a presidente del collegio dei sindaci dall’attuale ministro Elvira Calderone.A margine di uno degli ultimi convegni organizzati da Tridico e dal direttore generale Vincenzo Caridi, Festa aveva dichiarato: «L’Inps non è un semplice esecutore di erogazione di servizi, li controlla anche questi servizi».Prima di affidare la guida del più importante ente pubblico previdenziale, che per numeri costituisce il secondo bilancio dello Stato, è lecito domandarsi cosa è stato fatto dall’organo di controllo dell’Inps in tutti questi anni.Ad esempio, dove era il collegio dei sindaci dell’Inps quando in tutti questi anni l’istituto ha erogato a pioggia il Reddito di cittadinanza, al punto tale che la Corte dei conti ha dovuto aprire un’inchiesta sulla indebita percezione e sugli omessi controlli nella erogazione del reddito di cittadinanza, e relativi conseguenti danni patrimoniali?Ieri abbiamo raccontato che la decisione del governo di commissariare Inps ha avuto uno strascico polemico. Infatti la decisione di affidare la scelta del direttore generale al presidente anziché al ministro ha trovato in disaccordo la Calderone, la quale stimerebbe l’attuale dg. Il quale, secondo alcuni critici, sarebbe in parte responsabile del cosiddetto databreach (perdita dati sensibili) dell’ente quando lui era a capo della direzione centrale tecnologia informatica.Caridi ci ha risposto: «Ero stato appena nominato a capo dell’informatica nel 2020, il giorno in cui due milioni di persone hanno acceduto al sito Inps contemporaneamente per fare domanda di bonus Covid (in realtà, erano passati due mesi e mezzo, ndr). Solo qualche giorno prima, il sito viaggiava, come tanti altri della pubblica amministrazione, su poche centinaia di accessi contemporanei. L’emergenza a cui l’Italia ha dovuto far fronte non è stata solo sanitaria, ma anche informatica e sicuramente economica. E senza aprire un dibattito sul livello di digitalizzazione della pubblica amministrazione all’epoca, quello che so e che penso conti è che tutti i cittadini siano riusciti a inoltrare la domanda e che l’Inps abbia pagato tutti in pochissimi giorni e reagito prontamente al “databreach” in stretta collaborazione con il Garante della privacy. Non trovo nessun demerito in questi risultati che sono a disposizione di tutti». Difende anche la raffica di assunzioni e promozioni portata avanti da lui: «Non trovo demeriti nell’aver lavorato, in qualità di dg, per riconoscere la professionalità di tanti colleghi o realizzato concorsi per far fronte all’oggettiva carenza di organico. Tutto nell’esclusivo interesse pubblico volto alla più corretta e tempestiva erogazione dei servizi». E sui mancati controlli sulla distribuzione a pioggia del Reddito di cittadinanza? «È anche grazie al lavoro che abbiamo svolto, alle convenzioni siglate, all’attuazione di sofisticati sistemi antifrode che abbiamo messo a punto, se le ispezioni e le indagini di polizia giudiziaria riescono a fare chiarezza» giura Caridi. Il quale conclude: «Mi permetto una considerazione conclusiva: la mia carriera e il mio operato sono agli atti e con lo spirito di servizio che mi contraddistingue avrei rimesso il mio mandato di direttore generale al ministro e al nuovo cda, con o senza l’intervento del nuovo decreto. E questo perché la fiducia si conquista sul campo, non attraverso amicizie e parentele politiche che, comunque, non ho. Il resto è restaurazione, non innovazione».Qui sembra di capire che Caridi prenda le distanze dalle dichiarazioni rilasciate alla Camera da uno più autorevoli esponenti di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, il quale lo aveva catalogato come manager in quota 5 stelle e più precisamente come uomo di Stefano Buffagni. La verità è che Tridico ha messo Caridi a capo di in una struttura delicata come quella informatica, la più delicata dell’Inps, direzione che controlla tra l’altro un sito che gestisce centinaia di migliaia di utenti contemporaneamente (non pochi utenti) senza che l’attuale dg avesse mai avuto esperienza nel settore, a riprova del violento spoils system applicato da Tridico al momento del suo insediamento da commissario in sostituzione di Tito Boeri, in barba ai principi che dovrebbero garantire il buon funzionamento della macchina pubblica.
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