2022-09-08
Tremonti un po’ mago un po’ filosofo si scatena contro il transumanesimo
Giulio Tremonti (Imagoeconomica)
Nel suo ultimo libro l’economista prende di petto le vere sfide della contemporaneità: la fluidità di genere, i supertecnocrati della finanza, il ruolo dei giganti digitali e la volontà di potenza dell’ultramodernità globale.La versione magica di Giulio Tremonti, in effetti, ci mancava. A chi avesse dimestichezza con i libri del professore ed ex ministro, attualmente candidato con Fratelli d’Italia, il suo sano antiglobalismo era noto, e dunque in gran parte il contenuto del nuovo saggio - Globalizzazione. Le piaghe e la cura possibile (Solferino) - non giunge certo inaspettato. Ma stavolta c’è qualcosa di più: Tremonti si spinge un passo oltre, e affronta con piglio deciso argomenti che qualcuno potrebbe considerare esoterici. La fluidità di genere, il ruolo dei giganti digitali, il transumanesimo… C’è persino un riferimento, nemmeno troppo velato, agli «illuminati» che manovrano le leve del potere. E va detto che leggere certe righe dirette e convinte, nel generale timore che avvolge la politica anche e soprattutto a destra, rinvigorisce lo spirito.In parte, dicevamo, il Tremonti rientrato con prepotenza sulla scena è quello di sempre. Ad esempio, non fa molto per nascondere l’insofferenza verso Mario Draghi, di cui si perita addirittura di citare (definendolo «memorabile») il discorso tenuto, il 2 giugno 1992, a bordo del panfilo Britannia. In particolare, egli rimarca i passaggi in cui Draghi spiegava che «un ampia privatizzazione è una grande - direi straordinaria - decisione politica, che scuote le fondamenta dell’ordine socio-economico, riscrive i confini tra pubblico e privato, […] induce un ampio processo di deregolamentazione, indebolisce un sistema economico in cui i sussidi alle famiglie e alle imprese hanno ancora un ruolo importante». Giusto un paio di pagine dopo, Tremonti non manca di ricordare il «colpo di Stato dolce e postmoderno» messo in atto in Italia nel 2011, nel quale ha giocato un ruolo rilevante l’ex governatore della Banca d’Italia. Al fiele il commento: «Fu così che le nostre élite, patriotticamente organizzate nei migliori salotti di Berlino e Parigi, di Francoforte e di Roma, e già da mesi piazzate nell’anticamera del peggio, finalmente potevano venire a occupare l’agognata suite nel Grand Hotel dell’Abisso. E in effetti «siamo sull’orlo dell’abisso» si usava dire».Già in queste ultime frasi s’avverte l’afflato metafisico che pervade il Tremonti pensiero nell’anno domini 2022. Egli descrive l’Occidente come una «società in decomposizione», trova particolarmente calzante il paragone con la Repubblica di Weimar e la sua apocalittica commistione di genio e perdizione. Inveisce contro i «maghi della finanza», che hanno trionfato facendo leva «sulla confusione tra tecnica e politica e poi sulla supremazia della prima sulla seconda», creando così una bolla impressionante destinata a esplodere (e forse nel breve periodo).«La festa della globalizzazione è durata trent’anni, ma come tutte le feste anche questa è finita», è il memento mori di Tremonti, il quale ribadisce che è giunto il momento di pagare «un conto che per l’Occidente è drammatico, perché abbiamo scambiato il presente con il futuro, una vita felice ma effimera con il vuoto di quella a venire». Ma stia attento chi sia intenzionato a creare la caricatura del no global antieuropeista e magari persino filorusso (laddove la Russia assumerebbe i connotati di una potente forza anti occidentale). Il professore è fin troppo benevolo quando mostra apprezzamento per il Pnnr e il Recovery fund, che sarebbero a suo dire il segno di un ritrovato spirito europeo. E di certo non utilizza parole dolci per Vladimir Putin, che presenta sostanzialmente come un demone. Semmai, Tremonti simpatizza per la lotta ucraina, in cui ravvisa un benefico ritorno del patriottismo in contrapposizione allo sradicamento globalista. Volendo su questi punti si potrebbero aprire smisurati dibattiti, ma di sicuro si sgombra preventivamente il campo da qualsiasi accusa di «intelligenza col nemico».Le ricette del savio Giulio per guarire le piaghe della globalizzazione sono per lo più note, e riecheggiano anche nei testi programmatici di Fratelli d’Italia. Egli immagina un «piano di difesa e ricostruzione nazionale», basato «sull’emissione di titoli pubblici a lunghissima scadenza, con rendimenti moderati ma sicuri e fissi, garantiti dal sottostante patrimonio della Repubblica, […] titoli assistiti, come in un tempo che è stato felice, da questa formula: «Esenti da ogni imposta presente e futura»». Tremonti contesta le liberalizzazioni, che fabbricano «una occulta tirannia»; dettaglia una riforma fiscale basata su «cinque imposte (Irpef, Ira, Iva, servizi, accise), un solo codice»; evoca una Simple tax, il concordato fiscale triennale preventivo, ripropone la legge Tremonti del 1994 che detassava chi investiva e chi assumeva. Fin qui l’economista, che rivendica con orgoglio tesi populiste e sovraniste.Qui però c’interessa quasi di più il Tremonti «filosofo», perché più inedito, e disposto a battere su tasti che in troppi oggi evitano con timore. Dell’ecologismo che innerva il suo pensiero ha in parte dato conto un’intervista con il Corriere della Sera, che però lasciava in ombra un passaggio importante. Secondo il professore, infatti, oggi si è imposta una ortodossia ambientalista «incrociata e sostenuta con enormi nuovi interessi economici - e qui c’è il greed (l’avidità) ad avere una sinistra assonanza con il green dell’ambiente! - che reclama e postula forme accelerate di applicazione, queste a loro volta causa certa di ulteriore disordine globale». Insomma, Tremonti non è certo un fan della rivoluzione verde così come oggi viene venduta, non a caso considera una piaga il crollo della natalità, che in parte deriva dal fatto che «abbiamo identificato il sesso con il piacere, separandolo dalla vita». Oggi assistiamo alla mutazione della famiglia tradizionale «in una indefinita horizontal family con l’apparizione nell’individualismo terminale di schiere globali di Eliogabali con l’iPad», dice Tremonti, che depreca i documenti politici «illuminati» celebrativi della gender fluidity.Le questioni arcobaleno conducono direttamente al grosso bersaglio che il professore prende di mira: il transumanesimo. È qui che Tremonti si fa davvero magico, a tratti, ma niente complottismo, per carità, bensì comprensione dei rischi reali che corriamo. Non ci sono nel mirino soltanto i colossi digitali, sempre più invadenti e incontrollabili, ma una intera visione del mondo. Secondo Tremonti, «attraverso la vittoria degli algoritmi e delle macchine ruba pensiero, il transumano tende a superare il dualismo tra corporeo e mentale e a superare le vecchie categorie politiche realizzando, in una logica di suprema artificialità, un nuovo misterioso ma reale progetto politico, espressione ultima della volontà di potenza dell’ultramodernità globale, un progetto che ormai proietta sulle nostre vite la sua ombra artificiale e spettrale». L’analisi è precisa, e radicale. E forse meriterebbe d’essere accompagnata da pari radicalità su questioni analoghe (il ruolo dell’Europa, ad esempio, e quello degli Usa) che Tremonti invece tocca con fin troppa cautela. Ma il fatto che ci sia qualcuno intenzionato a prendere di petto le vere sfide della contemporaneità, compresi i cosiddetti temi etici, è un gran bel segno. Ora non resta che vedere cosa riuscirà a fare Fratelli d’Italia: le idee ci sono, poi toccherebbe tradurle in pratica.