2021-11-15
«Tra gli imputati di Bibbiano i grandi assenti sono i giudici»
L'avvocato dei bimbi «rubati», Francesco Morcavallo: «Ipocrisia che il ministero della Giustizia si dica parte offesa. Da anni i tribunali invece di accertare i fatti si consegnano a quelli come Foti»«In Italia tutti i processi si fanno sulla base di fatti e di prove, tranne uno: quando in gioco ci sono i minori, ci si affida alle sensazioni, alle opinioni personali di chi ha il potere di muoversi incontrastato». È il «grande accusatore» del sistema, Francesco Morcavallo. Negli anni trascorsi come giudice del Tribunale dei minorenni di Bologna, ha conosciuto e denunciato gli ingranaggi che muovono la macchina degli affidi. Gli incarichi e i ruoli degli assistenti sociali. Le opacità di cui si è nutrito il sistema, ben prima del clamore suscitato dall'inchiesta «Angeli e demoni» intorno ai presunti affidi illeciti nella Val d'Enza: «Sappiamo di Bibbiano perché si è attivata la Procura competente», dice l'ex giudice che ha lasciato il suo ruolo per tornare a fare l'avvocato al fianco delle famiglie. «Per tanti territori non conosciamo ancora nulla: non per l'assenza di zone d'ombra, ma perché i procuratori non si sono mossi altrettanto virtuosamente». Francesco Morcavallo, partiamo dall'ultimo atto di questa storia: la condanna a 4 anni con rito abbreviato per lo psicoterapeuta Claudio Foti e 17 rinvii a giudizio, tra cui quello di Federica Anghinolfi, responsabile dei servizi sociali dell'Unione della Val d'Enza. «Non metto in discussione il principio della presunzione d'innocenza, ma c'è un punto che mi sorprende: queste persone non si difendono respingendo i fatti di cui vengono accusate, ma dicendo che quello era l'unico modo. Che rifarebbero tutto perché andava fatto così». Claudio Foti parla di «criminalizzazione di un metodo». Che ne pensa?«Intervenire sulla serenità e sull'equilibrio di un minore, sostituendo la psicanalisi o la psicodiagnosi all'accertamento dei fatti che compete al giudice, non è lecito né scientificamente plausibile». Eppure è diffuso in tutta Italia. Tracce del «metodo Foti» si riscontrano anche nel Cismai, il Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l'abuso all'infanzia. «Ho visto usare quel metodo in moltissime occasioni. Ci sono pletore di psicoterapeuti che fanno esattamente lo stesso ragionamento: presumono che ci siano state delle violenze e sostituiscono la psicoterapia all'accertamento dei fatti. Anche a costo di inventarli. Nel dubbio tra l'esistenza reale di una violenza e la circostanza che il minore sia stato indotto a percepirla, si è arrivati perfino a inventare delle patologie come la sindrome di alienazione parentale. Una stupidaggine che da almeno dieci anni la Corte di cassazione indica come una valutazione inidonea a formare un giudizio». Quello di Foti è «un altro caso Tortora», si spingono a dire i legali dello psicoterapeuta. «Gli epigoni del Partito radicale, che è stato protagonista delle più importanti battaglie civili nel corso dei decenni, stanno prendendo delle strane derive. Fischi per fiaschi, mi verrebbe da dire». Che cosa intende?«Fanno una battaglia sulla presunzione di innocenza quando ci sono persone accusate di aver basato tutta la loro attività su una concezione diametralmente opposta: prendevano i ragazzi e li convincevano di essere stati violentati. Presumono che ci siano maltrattamenti in tutte le famiglie del mondo. Tutto ciò è stato fatto con l'avallo dei giudici». Qual è il loro ruolo in questa vicenda?«Dietro l'ipocrisia del ministero della Giustizia, che si professa persona offesa, c'è il ruolo centrale dei giudici. Nessuno, compreso lo psicoterapeuta, sarebbe potuto intervenire se non con un provvedimento dei giudici. I veri assenti nel novero degli imputati sono loro. Abbiamo un'indagine su chi ha sparato il colpo, manca l'indagine sui mandanti. Non sappiamo se la Procura competente - quella di Ancona - la stia facendo oppure no, ma un'indagine sui giudici di Reggio Emilia sarebbe la prosecuzione logica della vicenda». Nell'inchiesta Angeli e demoni ci sono perizie artefatte e disegni manipolati per suffragare la tesi inconsistente degli abusi. Insomma, si sarebbe fatto di tutto pur di togliere i bambini alle famiglie. Perché? Per ideologia o per soldi?«In tutti questi casi non ho mai ravvisato una motivazione ideologica. Certo, potrà essere l'elemento caratterizzante del comportamento di qualcuno, ma non ho mai percepito l'ideologia come un aspetto portante. Sono i soldi a trainare tutto: c'è un volume di affari rispetto a queste vicende che non era immaginabile dall'esterno prima di Bibbiano». Di che cifre parliamo esattamente?«Mezza finanziaria. Facendo una stima orientativa, circa 3-4 miliardi l'anno. Ci sono enormi quantità di diagnosi, terapie, tutte attività che determinano flussi di denaro pubblico di cui beneficiano strutture private e cooperative convenzionate».Come mai non c'è un controllo sufficiente, vista la quantità di fondi? «Non c'è controllo proprio perché esiste il giro di denaro. Uno come Foti - e non mi riferisco a lui come persona, ma a coloro che svolgono quella attività - in un processo minorile dovrebbe intervenire molto marginalmente, in rare occasioni. La psicoterapia non è un mezzo di accertamento dei fatti. I ragazzi in comunità sarebbero pochissimi se venisse applicato il principio normativo di riferimento, più volte ribadito dalla Cassazione».Quale sarebbe?«Il minore deve essere allontanato solo nel caso in cui la permanenza in famiglia sia per lui pericolosa».Ci sono altri aspetti da correggere?«Dal punto di vista normativo, occorrerebbe forse un ulteriore chiarimento per esplicitare che tutti i processi, compresi quelli sulla famiglia, si fanno sulla base di fatti e di prove. Gli obbrobri di cui parliamo sono frutto di uno sconvolgimento del sistema, per cui i processi non si basano più su fatti e prove, ma sulle sensazioni personali. Il mestiere dell'assistente sociale è quello di aiutare le persone, non quello di accertare i fatti. Che invece è competenza del giudice, dopo aver ascoltato le persone». Perché l'ascolto viene delegato al terapeuta o al consulente? «L'ascolto deve essere fatto direttamente dal giudice e non può essere omesso, se non in casi eccezionali e specificatamente motivati. Nella gran parte delle circostanze, invece, si preferisce delegare proprio a quei soggetti che somministrano diagnosi o terapie. La valutazione di chi ha un interesse economico a continuare una terapia o a prorogare la permanenza di un minore nella propria struttura potrebbe risultare falsata».Lei è tornato a fare l'avvocato, al fianco delle famiglie. Quali sono le paure più ricorrenti dei genitori?«C'è un aspetto che ricorre spesso: molti genitori non riescono a capire da quali fatti debbano difendersi. Il più delle volte si trovano a doversi difendere da una valutazione. Accusare un genitore di aver tenuto un comportamento è un fatto determinato, dal quale ci si può difendere più o meno proficuamente. Ma dire a una persona “non sei in grado di fare il genitore" è un giudizio di valore, difficile da contestare».Recentemente abbiamo assistito a immagini piuttosto dure: minori in lacrime allontanati con la forza dalle loro famiglie. Qual è il suo giudizio su una prassi così violenta? «Il mio pensiero può risultare brutale, ma forse lo è meno rispetto a quello che accade: non si tratta di esecuzioni di provvedimenti, ma di rapimenti. Anche a voler prescindere dalle motivazioni dell'allontanamento, il minore resta una persona, con i suoi connotati di dignità, libertà e intangibilità, che sono tutelati dalla Costituzione e dalla giurisprudenza sovranazionale, alla quale la nostra Carta si richiama. Non è solo raccapricciante dal punto di vista morale ed emotivo, ma operare in quel modo e compiere attività esecutive di quel tipo non è consentito».Bibbiano ha creato un'enorme eco mediatica e politica, che si è andata via via spegnendo nel corso dei mesi. Per quale motivo, secondo lei?«È servito solo come argomento da campagna elettorale, per contrapporre due schieramenti in vista delle elezioni regionali in Emilia Romagna. Se pensiamo che queste vicende si verificano su tutto il territorio nazionale e sotto ogni amministrazione, non credo possa esserci qualcuno legittimato a dire che “i nostri non hanno partecipato"».Per quale motivo non si parla abbastanza del sistema degli affidi?«Chi opera in questo settore, e ne trae vantaggio, ha tutto l'interesse a mantenere il silenzio su un certo tipo di vicende. Queste attività, di cui il caso Bibbiano rappresenta una briciola, si sono sempre nutrite della scarsa conoscenza di chi è estraneo a certi meccanismi. Se qualcuno avesse raccontato quanto accadeva in Val d'Enza prima di Angeli e demoni, avrebbero stentato a credergli. Oggi certe circostanze sono estese al punto da non riguardare soltanto le famiglie più povere: il sistema è diventato una mano cieca, che pesca dove può per procurare il maggior numero possibile di affari».
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)