2020-09-20
Tutti al voto per sbaragliare i falsi ricatti su fascismo e Ue
La maggioranza di governo ha fatto campagna minacciando: se perdiamo, torna il fascismo e non vedrete i soldi dell'Europa. Ma per gli italiani sarà bello riassaporare un po' di libertà e farsi sentire da chi vorrebbe un Paese in un lockdown permanente.Quanti ne ha assunti oggi Michele Emiliano? La battuta rischia di diventare lo slogan della domenica elettorale, il giorno in cui l'Italia finalmente torna alle urne con pregi e difetti, s'incammina sulla via del seggio come se fosse un luogo sconosciuto e in disuso. Eppure è il gesto supremo di ogni cittadino, il diritto costituzionale più limpido e insindacabile perché non ha lati oscuri, solo pregi, a meno di non rubare la matita come l'elettore di una divertente canzone di Giorgio Gaber. Votare è un dovere da esercitare per non abbandonare la presa. Per far capire a chi vorrebbe un Paese in lockdown permanente (facile governare a colpi di decreti in uno scenario di latente paura sanitaria), che prima o poi arriva il conto, se non il giorno del giudizio.È questo il primo dato certo della domenica elettorale (con coda al lunedì fino alle 15): bisogna andare a votare. Bisogna far sapere a una classe politica mediocre, a una maggioranza debole e rabberciata, a un esecutivo meravigliosamente esperto solo nel gioco delle tre carte che nulla sarà loro risparmiato e che gli italiani non si limitano a mettere i like su Facebook a ogni uscita banale o surreale, ma sanno ancora promuovere o bocciare i loro rappresentanti in base ai risultati. E il motivo principale per indossare la mascherina e recarsi al seggio è sventare un subdolo ricatto in atto nei confronti del Paese, smascherare una precondizione che le quattro sinistre al governo stanno facendo passare attraverso i molti media compiacenti: «Votate per noi, altrimenti». Altrimenti qualunque cosa, lo sta ripetendo a pappagallo Nicola Zingaretti da almeno due settimane. Altrimenti vince la destra degli impresentabili. Altrimenti il rilancio dell'Italia è rimandato. Altrimenti non arrivano i soldi dell'Europa. Non avendo nulla di concreto da proporre e non potendo portare alcun risultato al proprio mulino, il segretario del Pd si aggrappa agli altrimenti. E se il primo è semplicemente frutto dell'opinabile gusto personale (secondo noi sono più impresentabili le sue giacche da onoranze funebri), gli altri due evidenziano la subdola predisposizione a evocare antichi flagelli: «O con noi oppure c'è il baratro». Si tratta di un'illusione ottica perché il baratro lo stiamo osservando proprio per colpa del governo di Giuseppe Conte, il più immobile, catatonico degli ultimi 20 anni. Incapace di ogni iniziativa proprio per l'impossibilità di far funzionare l'alleanza tra i dem e il Movimento 4 stelle. La quinta già penzola dall'insegna sgangherata soprattutto dopo l'uscita da sacrestia di Dario Franceschini: «Noi e i grillini ci siamo tirati addosso pietre per anni, ma ora le raccogliamo per costruire la casa comune». Un'abitazione che lui da ministro della Cultura permanente conosce bene: somiglia ai ruderi di Pompei che gli cadevano in testa alcuni anni fa. Sbandierare i 209 miliardi del Recovery fund come prezzo del voto a sinistra è un segnale di povertà politica che neppure Goffredo Bettini saprebbe giustificare. È un ricatto morale inaccettabile che arriva in fondo alla pandemia più devastante del secolo, già strumentalizzata in lungo e in largo dall'esecutivo. Ed ora anche cavalcata per monetizzare in chiave politica un supporto economico importante ma ancora impalpabile, che dovrebbe comunque rimanere lontano dalle trincee elettorali. Ecco, è fondamentale andare a votare, non farsi pietrificare ancora una volta dall'inedia o dalla paura del virus cinese soprattutto per evitare il ricatto dell'altrimenti, quello sì negazionista. Quello sì erede diretto della scarpa sinistra di Achille Lauro e di un'Italia così succube e passiva da piacere follemente al potere conservativo di Conte e delle sue task force composte da signorsì.Oggi e domani gli italiani possono decidere se tagliare oppure no di un terzo i parlamentari, pur senza alcuna legge elettorale che dia un senso compiuto al gesto. E soprattutto gli abitanti di Val d'Aosta, Liguria, Veneto, Marche, Toscana, Campania, Puglia possono decidere in piena libertà (bello riassaporare il senso di una parola magica) quale sia il presidente di Regione migliore per loro. È questa la chiave di tutto, la sfida a viso aperto, senza sullo sfondo la pistola alla tempia di Bruxelles. Caricata a salve e senza appigli giuridici, perché un Paese come l'Italia ha diritto di scegliere i propri rappresentanti senza minacce o coazioni morali.È proprio la competizione pulita che le quattro sinistre temono, soprattutto nelle regioni in bilico come Puglia (lo confermano le assunzioni a pioggia di Emiliano) e Toscana, dove il terrore corre sul filo e i sostenitori del rosso antico sono pronti a incolpare gli sfaceli renziani dell'eventuale disastro. Sarà interessante vedere come funziona l'alleanza Frankenstein grillodem nell'unica regione in cui è stata formalizzata, quella Liguria dove Giovanni Toti ha tutte le carte per la riconferma. Conte si è già premurato d'annunciare: «Non ci saranno ricadute sul governo». Significa che ha molta paura ed è mosso da un unico scopo, il solito: sminare il terreno per continuare a dormirci sopra.