2019-07-12
Tombe vuote nel cimitero Teutonico. Non c’è la Orlandi. E neanche un osso
Nelle sepolture del camposanto vaticano non solo mancano tracce di Emanuela, la ragazza misteriosamente scomparsa nel giugno 1983, ma anche dei resti delle due principesse che lì avrebbero dovute essere tumulate.Le tombe del cimitero Teutonico sono vuote. Non c'è traccia di Emanuela Orlandi. Non c'è nemmeno traccia dei resti delle due principesse che lì dovevano riposare in eterno. Il calice che la famiglia Orlandi ha dovuto sorseggiare, l'ennesimo da quando la ragazza è sparita nel giugno 1983, è però meno amaro del solito Di tutte quelle centinaia di volte che in questi anni di disperate ricerche si è imboccata una pista e si andava puntualmente a sbattere, oggi la sensazione è diversa. Alla vigilia dell'apertura, infatti, almeno due fonti diverse, secondo quanto risulta a La Verità, avrebbero anticipato l'esito dell'ispezione ai familiari: la tomba sarà trovata vuota. In Vaticano, si sapeva quindi che le tombe erano prive di salme. Un particolare abbastanza insolito per un camposanto dove - almeno in genere - ci si contende ogni millimetro di terra, a vantaggio dei congiunti saliti in cielo. Il particolare impone una rilettura della sequenza dei fatti più recenti e aiuta a capire la prudenza della famiglia Orlandi e del loro difensore, l'avvocato Laura Sgrò, nelle prime prudenti dichiarazioni. È cioè possibile che la tomba non sia in sé il luogo della sepoltura della giovane ragazza sparita da 36 anni ma rappresenti qualcosa di utile - nella sua localizzazione o nella sua storia - per individuare i resti della Orlandi. Infatti, in questa vicenda non si è mai arrivati a una verità ma a piccoli frammenti che vanno ricomposti come in un complicato puzzle. Che questo dopo l'apertura sia l'orientamento prevalente è anche sostenuto dalla volontà della famiglia Orlandi di chiedere l'immediata traduzione del registro del cimitero Teutonico, una sorta di mappa cronologica che potrebbe aiutare non solo a ricostruire la storia delle due principesse lì un tempo sepolte ma anche a rintracciare qualche indizio che potrebbe portare ad Emanuela. Non solo. Monsignor Gianfranco Girotti, già reggente della Penitenzieria apostolica, in una intervista all'Adnkronos, non si mostra stupito dell'esito: «Stiamo parlando di tombe degli anni passati, che appartengono ad alcune famiglie principesche che chiedevano di aver lì la sepoltura, poi con il passare degli anni, come succede in molti altri cimiteri, vengono tolte e portate altrove e sul posto resta la storia commemorativa della famiglia». Quindi, o quel luogo esprime un simbolo, indica un «passaggio» nel buio per arrivare a Emanuela, oppure bisogna avanzare altre ipotesi, altre domande. A iniziare da quella forse principale: come mai all'improvviso in Vaticano più fonti hanno avvicinato l'avvocato Sgrò, il fratello e le sorelle di Emanuela indicando quel cimitero? È evidente che questa indicazione, espressa da più persone, deve esser stata sollecitata da qualcosa, a meno che non si voglia ritenere credibile che siamo di fronte a un caso di improvviso ritrovamento collettivo della memoria. Sarebbe interessante verificare se questa indicazione proviene da chi vuole aiutare la verità o chi, al contrario, alimenta le braci di questo mistero con finte piste perché mai si spenga. Da quando Emanuela è sparita sul pozzo nero di questa storia si sono infatti affacciati variopinti soggetti con obiettivi contrapposti: chi voleva creare coltri di fumo tali da impedire la vista verso la risoluzione, chi invece aveva interesse a tenere alta l'attenzione sulla scomparsa per basso cabotaggio personale, ricatti, pressioni, interessi economici. Con la Santa Sede sul banco della parte lesa. Su questa giostra della disinformazione sono saliti in tanti, il più famoso è certamente Ali Agca, il turco che voleva uccidere Giovanni Paolo II, ma anche più di recente con il controverso Marco Accetti che aveva chiamato un programma televisivo per far ritrovare il flauto traverso che attribuiva proprio ad Emanuela. Peccato che quel flauto non venne riconosciuto con certezza dalla famiglia, né presentava impronte o tracce di Dna comparabile con quello della ragazza, ancora custodito dagli inquirenti.C'è anche da considerare che l'ottimismo degli Orlandi, dopo questa nuova delusione non scema, consapevoli come sono che il vento in Vaticano, sebbene assai lentamente, sta cambiando. La Sgrò, ad esempio, nelle sue dichiarazioni fa apertamente riferimento a un dialogo aperto con il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, che sembra manifestare un'attenzione di rilievo sulla vicenda. Parolin è ben consapevole che la risoluzione di questa storia, toglierebbe una spina alla Chiesa e quindi al pontificato. Non bisogna nemmeno dimenticare che il recente cambio del sostituto per gli Affari generali, l'attuale cardinale Angelo Becciu è da tempo alla Congregazione delle cause dei santi, e il prossimo trasferimento di un monsignore significativo come Alberto Perlasca, rafforzano il primo collaboratore del Pontefice nell'affrontare temi a lui finora distanti come le complicate «questioni italiane». Sono cambiamenti nell'equilibrio curiale che la famiglia Orlandi segue con attenzione, grazie a quei mille contatti costruiti nel piccolo Stato. La mamma di Emanuela vive ancora dentro le mura, Pietro ha lavorato per quasi vent'anni allo Ior, le sorelle si confrontano con la piccola comunità che vive o lavora lì. Con la speranza che la verità si avvicini per lasciare proprio alla mamma di Emanuela l'indispensabile possibilità di piangere la figlia su una tomba. Non vuota.
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