2025-01-13
Tolkien riscritto dai progressisti: da antimoderno a banale ecologista
J.R.R. Tolkien (Getty Images)
«Robinson», inserto di «Repubblica», trasforma lo scrittore in una specie di ambientalista di sinistra. Ma lui osteggiava il progresso senza limiti che porta a manipolare il creato. Esattamente l’opposto dei liberal di oggi.Per una volta che fanno una cosa buona, devono correre a giustificarsi. Robinson, inserto culturale di Repubblica, pubblica un testo inedito di JRR Tolkien, geniale creatore di universi e buon demiurgo del Signore degli anelli, tratto da La caduta di Numenor, che uscirà per Bompiani il 15 gennaio. Una grande opera d’arte che non avrebbe bisogno di cornici, introduzioni o spiegazioni. Ed è qui però che sorge il problema: come presentare al lettore progressista qualcosa che nell’immaginario appartiene alla cultura del nemico destrorso? Come fargli digerire che un autore conservatore e cristiano possa aver realizzato tanto splendore dopo avergli ripetuto per anni che tutto quanto esula dal catalogo Einaudi e dai consigli di Corrado Augias non è cultura? Facile: si cerca di mistificare, di infilare lo scrittore in un contenitore politico. Gesto stupido in sé e ancora più odioso se agito nei riguardi di chi non ha fatto mai mistero delle sue idee. Tolkien diventa dunque un ecologista, si celebra la sua «anima verde», nemmeno fosse un iscritto a Fridays for future e avesse modellato i piccoli Hobbit sul profilo di Greta Thunberg. La manipolazione è particolarmente subdola poiché Tolkien era, in effetti, un ecologista. Ma di un ecologismo profondo radicalmente differente da quello oggi di moda, per lo più antiumano e materialista ossessionato da riscaldamento globale e auto elettriche. E non ci sarebbe nemmeno nulla di male nel rileggerlo da sinistra, anche perché la sua opera è stata per un po’ un feticcio della controcultura, e ha fertilizzato i sogni della parte migliore del movimento hippy. Del resto egli manifestava un atteggiamento apolitico intimamente aristocratico, il che lo rende superiore alle nostre futili divisioni. È costretto, sotto sotto, ad ammetterlo perfino Stefano Cappellini, il quale tuttavia - assumendo l’inedito ruolo di commissario politico - si sente in dovere di spiegare come e perché la destra italiana abbia lungamente abusato di Tolkien e dei suoi mondi fatati, e inventa una «appropriazione politica indebita». Tentativo in cui la firma di Repubblica si cimenta arrampicandosi su qualche specchio magico di troppo. «Non fu solo fuffa e scippo, e i semi dell’operazione culturale hanno germogliato eccome: l’ecologismo e il pacifismo di destra, per esempio, nascono così, e anche il vecchio anticapitalismo sociale da fascisti rossi trova nuova vita nei simbolismi tolkeniani. Per le stesse ragioni per le quali, un decennio prima dell’infatuazione destrorsa, Il Signore degli anelli era passato di mano in mano nella generazione hippy e della controcultura universitaria negli Usa, trovando peraltro nuovi lettori di sinistra anche in tempi più recenti», scrive Cappellini evocando a sproposito il rossobrunismo e Julius Evola, perché un po’ di odore di zolfo ci sta sempre bene. Prosegue l’editorialista: «Questo aspetto bifronte del mondo tolkeniano, capace di ispirare letture empatiche da fronti opposti, è molto speciale perché non è detto che si basi per forza su interpretazioni diverse. Portelli ci aveva visto lunghissimo, e mica solo su Tolkien, a proposito di questa convergenza rossobruna: “Uno dei fatti perturbanti degli ultimi tempi è la scoperta che idee e pratiche reazionarie sono presenti anche nella sinistra”. Ma il grande Tolkien, sia chiaro, non ne porta alcuna colpa. Aveva ragione Eco, sull’autore che non controlla nulla di ciò che ha creato, e ha ragione pure Tarchi: Tolkien non è la malattia, è il sintomo». Bel tentativo: si pubblica un reazionario e si tenta di farlo passare da docile ambientalista, purgandolo dei tratti che non sono graditi. La verità è che Tolkien ha attributo alla natura, nelle sue opere e nella sua politica, un ruolo centrale. Da un lato, seguendo suggestioni pagane, l’ha divinizzata. Dall’altro, come ha ben spiegato Patrick Curry, «l’ecocentrismo di Tolkien coesiste con un altro dei suoi valori e impegni fondamentali, vale a dire un’etica cristiana di amministrazione». Già: poiché la natura è sacra l’uomo ha il compito di conservarla, il che è appunto il cuore del pensiero conservatore. Tolkien, spiega Curry, suggerisce che «Lothlórien è bella perché lì gli alberi erano amati. Sam è onorato come giardiniere e il suo lavoro di seminare la Contea è benedetto e aiutato nientemeno che da Galadriel. Questo punto di vista è più antropocentrico: la natura è benedetta come risultato delle nostre azioni subcreative (dopo Dio) e i suoi frutti sono per il nostro beneficio (come decretato da Dio)». In tutto ciò non vi è nulla dell’ideologia verde contemporanea. Vi è però molto di antimoderno, anticapitalista e reazionario. L’amore di Tolkien per la natura è opposizione a quella che egli, in una lettera, definiva la Macchina (o magia) cioè la tecnica utilizzata per il dominio e lo sfruttamento. «Un altro modo in cui la Terra di Mezzo animata e incantata di Tolkien può essere compresa è chiedendosi qual è il suo opposto», scrive ancora Patrick Curry. «La Natura astratta e senza vita creata (non scoperta) dalla tecno-scienza industriale. Quest’ultima si occupa di potere, di dominare cose e persone, non da ultimo trasformando ogni cosa, comprese le stesse persone, in cose (unità intercambiabili che possono poi essere manipolate e vendute). Come Tolkien ha giustamente visto, questa è la nostra Magia moderna. Il risultato è, nella migliore delle ipotesi, il modo in cui i centri commerciali e le catene di negozi non partecipano a nessun luogo in particolare, offrendo una sorta di apparente sicurezza e affidabilità di cui presumibilmente abbiamo il controllo. Nella sua forma più patologica, tuttavia, il risultato è il disastro sociale ed ecologico caratterizzato da Mordor, dove “Terra, aria e acqua sembrano tutte maledette... una terra contaminata, malata oltre ogni guarigione, a meno che il Grande Mare non vi entri e la lavi con l’oblio”». Il grande avversario, la magia nera contemporanea, è dunque il progresso senza limiti, il desiderio sfrenato di superare ogni confine per manipolare il mondo e il prossimo, il mancato rispetto dell’ordine del creato. In pratica, il programma politico della sinistra liberal odierna. La quale fa benissimo, per carità, a pubblicare e leggere Tolkien. Ma potrebbe per decenza (e per non rendersi ridicola) evitare di edulcorarlo.
Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale (Imagoeconomica)
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)