Dopo l’annuncio dell’addio a Borsa italiana, il primo titolo sale, il secondo scende. Il listino perde 3 miliardi di capitalizzazione.
Dopo l’annuncio dell’addio a Borsa italiana, il primo titolo sale, il secondo scende. Il listino perde 3 miliardi di capitalizzazione.Nella notte della finale di Sanremo e nel «santo Stefano» del Festival, è arrivata la notizia di due grandi addii dal red carpet di Piazza Affari. Due aziende, una fiore all’occhiello del made in Italy, l’altra big di un settore industriale strategico. Entrambe gestite da due famiglie: i fratelli Della Valle e i Moratti. Accomunate anche dal calcio (i primi sono stati per anni i proprietari della Fiorentina, i secondi dell’Inter) e dallo stesso destino, sebbene con ragioni diverse: Tod’s e Saras si preparano a lasciare la Borsa di Milano. Che in un solo weekend ha perso altri due pezzi da novanta del suo parterre: in termini di valore parliamo di circa 3 miliardi di euro. Secondo le statistiche di Borsa italiana, a febbraio la capitalizzazione di Borsa complessiva ammontava a quasi 705 miliardi di cui 694 miliardi rappresentati dalle 232 società principali e 11 miliardi dalle 193 quotate sul cosiddetto Egm, ovvero sull’ex mercato Aim diventato Euronext growth Milan. Partiamo da Tod’s, il cui titolo ieri si è allineato di gran carriera al prezzo dell’Opa con un +18,3% a 43,04 euro. Il fondo L Catterton ha lanciato un’offerta amichevole sulla società con obiettivo il ritiro dal listino. Il prezzo è stato fissato a 43 euro, contro i 36,4 della chiusura di venerdì (un premio del 17,59%), per un’operazione da 512 milioni. Rispetto agli ultimi dodici mesi, il premio è del 20,5%. Non solo. Il prezzo di 43 euro è dell’8% circa sopra i 40 euro a cui era stata quotata Tod’s nel 2000 e a cui i Della Valle avevano lanciato un’Opa ad agosto 2022, senza però raggiungere l’adesione necessaria. Il secondo tentativo di delisting di Tod’s arriva infatti dopo il primo piano di delisting di agosto 2022 e vari anni di sottoperformance del prezzo del titolo, che è sceso dagli oltre 150 euro raggiunti a inizio 2014 ai circa 36 euro di prima del lancio dell’Opa. La famiglia Della Valle ha il 64% del gruppo, mentre Lvmh ne controlla il 10% attraverso Delphine (la quota è stata comprata ad aprile 2021 per 75 milioni). Il colosso francese è titolare di una percentuale di minoranza degli investimenti in L Catterton. Il fondo, che in Italia ha già investito in Etro, precisa comunque che «opera in modo completamente indipendente da Lvmh». I fratelli Della Valle, Diego e Andrea, si sono impegnati a portare in adesione all’Opa il 10,45% del capitale (11,98% dei diritti di voto). A Opa conclusa, i due imprenditori marchigiani terranno il 54%, Delphine il suo 10% e a L Catterton farà capo il restante 36%. Gli azionisti di maggioranza di Tod’s si sono impegnati, in vista dell’assemblea del 24 aprile, ad approvare il rinnovo dell’intero cda, a presentare e votare in favore di una lista di candidati alla carica di consigliere di amministrazione sei candidati individuati dagli azionisti di maggioranza stessi e tre candidati individuati dall’offerente. «In questo momento, uscire dalla Borsa, con la quale abbiamo sempre avuto ottimi rapporti, riteniamo sia la scelta strategicamente più idonea», ha detto Diego Della Valle. Che che con il fratello conserverà la maggioranza assoluta della società. Assai diversa l’operazione annunciata dai Moratti che escono dalla scena della grande industria dopo aver siglato l’accordo per la vendita del 35% di Saras al gruppo petrolifero olandese Vitol al prezzo di 1,75 euro per azione. L’incasso previsto è di 582,5 milioni. Il titolo ieri è sceso del 3,7% a 1,72 euro adeguandosi al prezzo dell’offerta anche a riprova della fiducia che la Borsa esprime sul fatto che l’operazione possa superare il vaglio del golden power. Di certo, è la fine di un’era a 62 anni dalla fondazione della società di raffinazione da parte di Angelo Moratti, come sottolinea il presidente e amministratore delegato di Saras, Massimo Moratti. «Con i miei nipoti e i miei figli ho ritenuto che la miglior garanzia per il futuro successo della raffineria di Sarroch fosse l’aggregazione con un primario operatore industriale del settore energetico globale quale è Vitol», ha spiegato. A spingere per la cessione sarebbero stati soprattutto i nipoti di Massimo Moratti, Angelo e Gabriele Moratti, figli di Gian Marco Moratti, scomparso nel 2018, e avuti da quest’ultimo rispettivamente da Lina Sotis in prime nozze e da Letizia Moratti. La Saras nacque da un’intuizione di Angelo Moratti, che nel 1962 decise di mettere a frutto la sua esperienza nel campo petrolifero lanciando la scommessa della raffineria di Sarroch, a pochi chilometri da Cagliari, che giunse in poco tempo a coprire un quarto della produzione italiana. L’offerta di Vitol è però stata un’occasione da non perdere. Meno contenti i sottoscrittori dell’Ipo che avevano pagato 6 euro per ogni azione Saras. Una ipervalutazione che aveva portato anche a un’indagine della Procura di Milano conclusa con un nulla di fatto. Il titolo non ha più toccato quei 6 euro. Le due holding della famiglia Moratti, dal canto loro, si portano a casa circa 800 milioni con una plusvalenza di circa 750 milioni considerando il valore di carico in bilancio alle due accomandite.
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L’eurodeputata del Rassemblement National: «Il presidente non scioglie il Parlamento per non mostrare la sua debolezza ai partner europei. I sondaggi ci danno al 33%, invitiamo tutti i Repubblicani a unirsi a noi».
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)
- Individuata dagli Usa una base sotterranea finora ignota, con missili intercontinentali lanciabili in tempi ultra rapidi: un duro colpo alla deterrenza del resto del mondo. La «lezione» iraniana: puntare sui bunker.
- Il regime vuole entrare nella ristretta élite di Paesi con un sistema di sorveglianza orbitale. Obiettivo: spiare i nemici e migliorare la precisione delle proprie armi.
- Pyongyang dispone già di 30-50 testate nucleari operative e arriverà a quota 300 entro il 2035. Se fosse attaccata, per reazione potrebbe distruggere Seul all’istante.