2023-04-04
La fiera napoletana dell’assurdo rischia di rovinare la festa più bella
La protesta dei tifosi del Napoli sugli spalti dello stadio Maradona (Ansa)
Il presidente Aurelio De Laurentiis ai ferri corti con una parte preponderante dei tifosi azzurri. Accuse reciproche e faide tra ultras: si contesta il club per la gestione degli spalti. «Ci stanno guastando l’atmosfera scudetto».«Je so’ pazzo/ Je so’ pazzo», con quel che segue mentre Pino Daniele fischietta da lassù. È la follia atavica di una città fuori dagli schemi che non riesce ad assaporare fino in fondo la gioia, a godersi il trionfo, a vivere con la leggerezza di un tunnel di Diego Maradona la stagione che porta nella leggenda. Il Napoli domina il campionato, sta per vincere il terzo scudetto dopo 33 anni, ha 16 punti di vantaggio sulla seconda (Lazio), 20 sul primo degli invisi «squadroni del Nord» (Milan); guarda il mondo dei normali col binocolo e una smorfia di degnazione come un astronauta che osserva una discarica; fin qui ha steccato tre partite in croce (domenica la terza proprio contro il Diavolo rossonero); in Champions è ai quarti di finale per la prima volta nella storia dopo un cammino da Real Madrid. Eppure il classico marziano paracadutato a Castel dell’Ovo oggi direbbe: «Napoli è infelice».L’hanno vista tutti in tv, la guerriglia sugli spalti. Risse fra ultrà, fumogeni, gastriti omeriche e una contrapposizione forte fra il presidente Aurelio De Laurentiis e la tifoseria organizzata, qualcosa che covava da anni, un feeling mai sbocciato. E un tempismo da commedia eduardiana per esprimere il dissenso. Il motivo ufficiale è il costo piuttosto alto dei biglietti della sfida di Champions con il Milan (130 euro i distinti, 90 le curve, 72 per gli abbonati) e il divieto di far entrare tamburi e striscioni, compresi i vessilli storici, deciso dal questore Alessandro Giuliano dopo gli scontri con i tifosi romanisti. E ribadito dopo le risse con quelli dell’Enitracht Francoforte per evitare il pugno di ferro dell’Uefa. Ma c’è molto altro, perché Napoli si appresta a pazziare per lo scudetto «comodo» (il primo fu lo scudetto «Diego», il secondo lo scudetto «cattivo» per via della moneta tirata ad Alemao a Bergamo) e non ha alcuna intenzione di lasciarlo in appalto al presidente e al sindaco Gaetano Manfredi, che per il 4 giugno - in sfregio anche alla scaramanzia - hanno già organizzato una festa a numero chiuso in piazza Plebiscito. La somma di cause porta al motivo strisciante, che sta avvelenando l’anima: il braccio di ferro tra il club e i due gruppi ultrà più strutturati, i Fedayn e il Gruppo Ultras 72. E di conseguenza due diverse strategie nel mettere in atto la protesta. Prima della partita con i rossoneri, Alessandro Cosentino, uno dei capi della Curva B, ha provato a spiegare la faida: «È il nostro modo di rispondere alle accuse che il signor De Laurentiis rivolge alle curve, formate da gente che da decenni viene allo stadio senza chiedere niente in cambio. E lo ha fatto anche negli anni più bui. Oggi al comando della società c’è uno che si crede primo attore, parla di tifosi virtuali e di feste a numero chiuso con vip e amici suoi. Una pretesa impossibile in una piazza così passionale, che non riconoscerà mai quella come festa propria». Da qui la contrapposizione. Domenica sera una parte degli ultrà voleva voltare le spalle al campo, creare un buco in curva abbandonandola per rendere eclatante il caso; non tutti erano d’accordo e alla fine le due fazioni si sono scontrate fra loro. Così, mentre il Milan dilagava, al Maradona i tifosi hanno trascorso più tempo a insultare De Laurentiis che a sostenere la squadra in difficoltà. E quando gli ultrà milanisti hanno inscenato un coro feroce contro di lui, il resto dello stadio - come in un incubo surreale - ha preso ad applaudirli.Clima pessimo. Erano volate parole grosse già prima dello showdown: «Giorgia Meloni faccia come la Thatcher con gli hooligans. Per questa gente il tifo è un pretesto» (il presidente). «Lui pretende di essere il padrone della città ma non è così» (le curve). E vai con gli schiaffi mediatici e poi quelli veri nel momento più delicato (e sbagliato) della stagione. La tensione ora è palpabile. E in una città così porosa nei sentimenti e nelle emozioni, è difficile che non contagi la meravigliosa macchina da guerra sportiva costruita da Luciano Spalletti. Lo scudetto è in banca ma la doppia sfida con il Milan in Champions diventa un obiettivo stellare anche per il bilancio del club.È l’autolesionismo di sempre, quello che travolge chi non riesce a frenare le proprie emozioni neppure nella stagione del Rinascimento. Napoli e il Napoli sono di gran moda. Jürgen Klopp e Pep Guardiola hanno definito la banda Osimhen «la miglior squadra d’Europa», le statistiche sono tutte favorevoli, il centravanti mascherato e l’immaginifico Kvara (Khvicha Kvaratskhelia, capace di dribblare anche le sue consonanti) saranno al centro di un calciomercato milionario. Eppure. Ieri ha preso la parola anche Gennaro Montuori detto «Palummella», storico leader del tifo partenopeo autodefinitosi «professore dell’università della curva», per spiegare una situazione da psicanalisi collettiva. «È un errore offendere il presidente, ma lui ha sparato nel mucchio e la reazione è questa. Tutto ciò è conseguenza di provvedimenti assurdi: si vietano gli striscioni e i tamburi, si emettono Daspo al minimo spostamento, si calpestano diritti invece immutati per i tifosi delle altre squadre. Ormai nel nostro stadio i sostenitori avversari si sentono anche se sono in 2.000, i nostri no. Ci stanno rovinando l’atmosfera scudetto, molti lo giustificano per i risultati, altrettanti lo criticano. De Laurentiis ha creato un derby dentro la stessa tifoseria. Io non ci dormo e ci piango». Je so’ pazzo. Masaniello è tornato ma non ha mai fatto gol.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.