
La tv di Stato intervista Giuseppe Viozzi e Valerio Lattanzio, supertestimoni dei magheggi della banda dei massoni di Flavio Carboni attorno a Banca Etruria. Prima del 4 marzo era impensabile.Sono passate le elezioni e improvvisamente le due gole profonde delle Dolomiti che stanno inondando di verbali la Procura di Belluno hanno iniziato a interessare i media. La Rai ha spedito un inviato del Tgr Toscana a intervistare i due super testimoni, al secolo Valerio Lattanzio e Giuseppe Viozzi. La strana coppia (quarantaduenne agente immobiliare romano il primo, sessantaquattrenne consulente bancario marchigiano il secondo) sta denunciando fatti e misfatti della banda dei massoni che ha provato a scalare Banca Etruria, ma anche il Monte dei Paschi di Siena. Non sappiamo quando verrà trasmessa la doppia intervista, ma è già una notizia che la tv di Stato, sino al 4 marzo un inespugnabile fortino renziano, dopo aver ignorato per mesi tutte le inchieste su babbo Boschi e la cricca che ruotava intorno ai faccendieri Flavio Carboni, Valeriano Mureddu e Giuliano Michelucci, dopo il terremoto elettorale, abbia spedito un giornalista a fare le stesse domande che aveva già fatto La Verità nei mesi scorsi. E, a quanto risulta a chi scrive, anche altre trasmissioni Rai stanno preparando servizi di approfondimento sui guai di babbo Boschi e babbo Renzi. Un bel cambio di passo per l'ex TeleRignano. Quando, a inizio marzo, pubblicammo la prima puntata sull'inchiesta di Belluno (titolo: «Nuove accuse e misteriosi dossier su Boschi»), il procuratore Paolo Luca si premurò di far sapere che la notizia era «del tutto destituita di fondamento». I giornali il giorno dopo ripresero con diffidenza il nostro scoop e riportarono queste dichiarazioni del procuratore: «Due persone hanno effettivamente chiesto di essere sentite in Procura, ma Boschi non c'entra nulla, se non di quindicesima sponda. Le stesse devono aver contattato Giacomo Amadori della Verità, non si capisce bene perché, ma sarà verificato. La notizia è inventata. Una bomba di profondità a salve». Eppure Lattanzio e Viozzi, nelle scorse settimane, il nome di Boschi l'hanno fatto realmente mettere a verbale e i rapporti del babbo con la banda dei massoni, al centro dell'inchiesta, sono ormai assodati. Ora la sorpresa: i due testimoni hanno ripetuto il nome del celebre genitore non solo davanti ai magistrati, ma anche alle telecamere. E non all'insaputa delle toghe. L'intervista si è svolta con la supervisione di due carabinieri che hanno controllato che fosse garantito l'anonimato delle due fonti, che vengono definite dagli inquirenti «credibili. «La Procura li ha autorizzati a rilasciare l'intervista e loro erano ben disposti», ha commentato un investigatore. Intanto l'inchiesta prosegue a gran ritmo, tra interrogatori e approfondimenti. Il 23 marzo scorso gli uomini dell'Arma sono stati autorizzati a uscire dal territorio di competenza per raggiungere Altidona in provincia di Fermo ed effettuare una perquisizione nell'appartamento in cui ha vissuto sino al 2016 Giuseppe Viozzi e dove è stato ospitato per alcuni mesi pure Lattanzio. L'agente immobiliare sostiene di essere stato tenuto in cattività dalla banda di Michelucci a partire dal novembre 2015 a causa di alcuni scontri con la cricca e che nel febbraio 2016 venne trasferito ad Altidona e consegnato alle cure di Viozzi. Ma Lattanzio e il suo carceriere si sarebbero alleati e il 28 agosto 2016 avrebbero lasciato il condominio di due piani in fretta e furia temendo di essere in pericolo di vita, a causa delle minacce che avrebbero ricevuto dalla banda. Durante quella repentina fuga avrebbero abbandonato nell'appartamento due sacchi di documenti e un computer. Nove giorni fa i carabinieri si sono presentati nelle Marche con un decreto di perquisizione, ma quando sono entrati nell'appartamento lo hanno trovato in condizioni disastrose. Sul pavimento della sala c'erano coperte e cuscini, come se qualcuno avesse dormito per terra e sopra un guanciale era stato appoggiato un coltello. Ma di carte e pc nemmeno l'ombra.Ma torniamo all'incontro dei due testimoni con la Rai e con una cronista del Corriere delle Alpi. Ai giornalisti Lattanzio ha confermato quanto già raccontato alla Verità a partire dalle presunte rivelazioni di un suo presunto carceriere a proposito della morte di David Rossi, ex capo della comunicazione di Mps. Il quarantaduenne romano ha anche ripetuto la storia della tentata truffa ai danni dell'Inter. A proposito dei suoi consolidati rapporti con il Vaticano ha riferito di aver avuto notizia di uno strano traffico d'oro tra la Santa Sede e una ditta di Arezzo. Viozzi ha ripercorso il suo rapporto di collaborazione con Giuliano Michelucci, lungo quasi 25 anni: «Si era presentato come un uomo dei servizi di sicurezza e io pensavo di lavorare per lo Stato». Ha aggiunto che la banda e in particolare l'avvocato svizzero Pier Francesco Campana, intervistato da questo giornale a fine febbraio, aveva provato a scalare 4-5 banche: «Ho assistito personalmente ad alcune riunioni in cui sono stati studiati i bilanci di istituti creditizi e banche d'affari». Viozzi ha ribadito che il Franco Di Colli, di cui si parla nel libro I Segreti di Renzi del direttore Maurizio Belpietro, era stato segnalato proprio da lui alla banda come possibile direttore generale di Etruria, ai tempi in cui babbo Boschi era il vicepresidente di Bpel, ma che il candidato aveva declinato l'offerta. Con La Verità, Di Colli ha ammesso di aver avuto rapporti, seppure non approfonditi, con Viozzi e di aver ricevuto l'offerta, ma di non aver preso sul serio la proposta, considerandola un pourparler e ritenendo di non avere i titoli per ricoprire un tale incarico. Viozzi con i magistrati ha parlato anche dei rapporti di Michelucci con alcuni importanti esponenti della comunità italoamericana, in particolare con i principali rappresentanti delle loro associazioni, come il defunto Frank Stella (Niaf), in contatto pure con la famiglia Tulliani, e con Vincenzo Marra (Ilica). Negli anni '90 Viozzi partecipò con Michelucci a una sfarzosa cena a stelle e strisce in un noto ristorante umbro. Nell'occasione Michelucci era il responsabile della sicurezza: diresse il corteo di auto con lampeggianti e piazzò uomini armati sui tetti. Alla fine nessuno pagò il conto e il proprietario del ristorante ebbe un malore. Viozzi ha fatto il nome anche di un consulente, tale G. V., detto Giò, commercialista di origine statunitense. «Era lui la persona che faceva aprire conti bancari e società in America». Il vaso di Pandora bellunese potrebbe riservare ancora molte sorprese.
Bill Emmott (Ansa)
Giannini su «Rep» favoleggia di un mondo parallelo di complotti neri, mentre sulla «Stampa» Emmott minimizza il video manipolato di The Donald. Quando giova ai loro obiettivi, indulgono su bavagli e odio.
S’avanza la Cosa Nera. Un orrore primordiale simile all’It evocato da Stephen King, entità oscura che stringe la città di Derry nelle sue maligne grinfie. Allo stesso modo agiscono le «tenebre della destra mondiale» descritte ieri su Repubblica da Massimo Giannini, che si è preso una vacanza dal giornalismo per dedicarsi alla narrativa horror. E ci è riuscito molto bene, sceneggiando una nuova serie televisiva: dopo Stranger Things ecco Populist Things. Una narrazione ambientata in un mondo parallelo e totalmente immaginario in cui «populisti e estremisti deridono le istituzioni democratiche, avvelenano i nostri dibattiti, traggono profitto dalla paura». Un universo alternativo e contorto in cui «gli autocrati possono spacciare le loro verità alternative a community scientemente addestrate a un analfabetismo funzionale coerente con lo spirito del tempo».
Maurizio Landini (Ansa)
- Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
- Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.
Lo speciale contiene due articoli.
Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.






