2023-03-16
Test e vaccini, a Hollywood c’è chi si ribella
Woody Harrelson (Getty Images)
Woody Harrelson paragona Pfizer & Co. ai cartelli della droga e sbotta: «Protocolli farsa». Tim Robbins: «Ha ragione». In passato Fran Drescher («La Tata») aveva contestato i sieri obbligatori. E ora Tilda Swinton chiarisce: «Non metterò la mascherina sul set».Il 25 febbraio, sul palco del celeberrimo Saturday Night Live, Woody Harrelson ha scandito uno dei monologhi più urticanti della sua intera carriera d’attore. Libertario fino al midollo, anarchico secondo la sua stessa definizione, Harrelson ha iniziato scherzando sul proprio stile di vita non esattamente sobrio, poi ha infilato un paio di battute diciamo velate sull’obbligo di vaccino. Sorridendo ha raccontato al pubblico di aver letto la peggior sceneggiatura della sua vita. «Il film funziona così», ha detto. «I maggiori cartelli della droga del mondo si mettono insieme e comprano tutti i media e tutti i politici e forzano tutte le persone nel mondo a stare chiuse in casa. E le persone possono uscire soltanto per prendere le droghe fornite dal cartello, e assumerle ancora e ancora».Non aveva ancora finito di pronunciare l’ultima frase che su Twitter erano già iniziate le polemiche e le accuse: cospirazionista, no vax, terrapiattista! Ovviamente nel testo c’erano alcune iperboli, dopo tutto si trattava di un monologo satirico, ma la posizione di Harrelson era piuttosto chiara, e il riferimento alla gestione dei vaccini risultava evidente. Più o meno negli stessi giorni, l’attore ha rilasciato un’intervista al New York Times in cui ha espresso più chiaramente il suo pensiero, contestando sia l’obbligo di vaccino sia i protocolli Covid ancora in vigore a Hollywood, in base ai quali le case di produzione possono imporre ai lavoratori cosiddetti di fascia A (attori compresi) l’iniezione obbligatoria.Al giornalista che gli chiedeva che cosa ci fosse di assurdo nei protocolli, Woody ha risposto secco: «Il fatto che siano ancora in vigore! Non credo che qualcuno dovrebbe avere il diritto di pretendere che continuiamo, tre anni dopo, a fare test e indossare le mascherine, e che siamo costretti a vaccinarci. Dico solo: facciamola finita con queste sciocchezze. Non è giusto nei confronti delle troupe. Perché dovrebbero portare la mascherina? Perché dovrebbero essere vaccinati? Perché non dovrebbe dipendere dalla loro scelta?». Harrelson non è apparso felice di parlare ancora del virus, ma incalzato dall’intervistatore ha insistito. «Non credo che dovremmo imporre test obbligatori, mascheramento e vaccinazione forzata. Un Paese così non è libero. È sbagliato. Sono tre anni. È ora di smetterla».Non avrebbe potuto essere più chiaro. E manco a dirlo si è attirato parecchie critiche. Quel che sorprende, però, e che nelle settimane successive alcuni colleghi, anche piuttosto noti, sono giunti a dargli man forte. Il primo è stato Tim Robbins, sceso in campo con un tweet: «Woody ha ragione», ha scritto. «È ora di finirla con questa farsa». Semplice e diretto.All’inizio di marzo si è pronunciata anche Fran Drescher, attrice nota soprattutto per la serie televisiva La Tata. Oggi la Drescher è presidente di Sag-Aftra, un sindacato dei lavoratori del cinema, e si è fatta notare per lo spirito battagliero e per i non indifferenti successi ottenuti a livello di trattative sui contratti. In un discorso pronunciato all’assemblea annuale del sindacato, l’attrice ha dichiarato: «Mentre la nazione dichiara la fine dell’emergenza Covid questo maggio, spero che vedremo tutti tornare a lavorare con pari opportunità. La nostra industria porta miliardi di dollari di produzione agli stati di tutta la nazione, ma se vogliono i nostri soldi, esercitiamo la nostra influenza finanziaria per far agire i governatori nel migliore interesse della libertà, della diversità, dell’inclusione e della democrazia».La Drescher ha ribadito più volte le proprie convinzioni. Su Twitter aveva definito l’obbligo vaccinale «una violazione della legge sulla disabilità, della legge sulla libertà di religione e della sovranità del corpo». In una intervista a Variety ha spiegato di avere una posizione di minoranza all’interno del suo sindacato sul tema vaccini, ma ha ribadito che «il mio compito è quello di far sì che tutti gli iscritti abbiano pari opportunità di lavoro. Sostengo le misure per impedire i contagi sul set, che però non si riducono al vaccino. Non tutti possono vaccinarsi, e altri non vogliono».Buona ultima, pochi giorni fa, è stata Tilda Swinton a intervenire sui protocolli Covid, ma senza toccare il vaccino. L’attrice si è limitata a dire che non ha più intenzione di indossare costantemente la mascherina. «Sto per girare un film in Irlanda», ha spiegato. «Mi hanno detto che avrei dovuto indossare una mascherina tutto il tempo. Non lo farò». La Swinton, per altro, ha raccontato di aver avuto il Covid più volte, di averlo preso anche in maniera pesante, e di essere oggi in perfetta salute.Il fatto che tutte queste celebrità si espongano in modo deciso è piuttosto interessante. Certo, non si tratta di un movimento di popolo, bensì di singoli che hanno scelto di prendere posizione (alcuni di loro si sono espressi anche in tempi non sospetti, per altro). Tuttavia le loro uscite mostrano l’esistenza di una vitalità inaspettata nel mondo dello spettacolo: un ambiente che per tre anni si è prestato senza esitazioni a sostenere il discorso prevalente, propagandando l’ossessione sanitaria. Saranno forse pochi attori, ma sono sicuramente di più di quelli che hanno preso la parola dalle nostre parti, dove gli artisti hanno esibito un silenzio e una sudditanza imbarazzanti. È perfino entusiasmante, poi, sentir parlare di lotta alle discriminazioni da parte della Drescher nei panni di sindacalista: i sindacati italiani, di fronte alla maggiore emergenza occupazionale del dopoguerra, non hanno avuto nemmeno un pizzico del suo coraggio, e anzi si sono schierati a favore dell’obbligo vaccinale.Sono soltanto attori, dirà qualcuno. Ed è senz’altro vero. Ma basta leggere le carte dell’inchiesta di Bergamo per rendersi conto di come, nel corso dell’emergenza, i primi a recitare una parte siano stati i nostri politici. Fornendo, per giunta, prestazioni imbarazzanti.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)