2024-05-01
L’ultima metamorfosi dei test Invalsi. Serviranno per catalogare i ragazzi
Con il Pnrr, i risultati delle prove non saranno più anonimi ma entreranno nel curriculum digitale degli alunni. Così quell’esito condizionerà per sempre le loro opportunità di carriera. Infischiandosene delle fasi di crescita.Nella selva oscura delle sigle e degli acronimi che infestano il mondo della scuola, l’Invalsi si è conquistata nel tempo una fama particolare. Tant’è che, come uno di famiglia, entra nelle case di tutti, si accomoda e si serve senza chiedere il permesso. Si dà per scontato che ne abbia titolo, e facoltà. Periodicamente gli viene rifatto il trucco e diventa man mano più invadente. Da ultimo il Pnrr, nell’agglutinare anche l’Invalsi all’interno della mastodontica infrastruttura digitale stesa sul sistema scolastico, lo ha ulteriormente potenziato fino a trasfigurarlo. Finalmente ha potuto esprimere tutte le straordinarie potenzialità che portava scritte nell’atto di nascita.Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo e di istruzione) dai primi anni Duemila somministra su base censuaria, in determinate fasi del percorso scolastico, dei test standardizzati. Inizialmente era stato venduto al pubblico come strumento di valutazione delle scuole e non degli studenti: l’analisi dei risultati su larga scala avrebbe permesso - si diceva - di monitorare l’andamento generale del sistema scolastico italiano. Non solo. Ci avevano assicurato che le prove erano rigorosamente anonime e che, in omaggio alla privacy, non era possibile risalire in alcun modo dai codici alfanumerici all’identità dell’autore. Ci avevano altresì spacciato i test come non obbligatori e infatti qualcuno li schivava, infastidito da tutte quelle bizzarre richieste di informazioni su status familiare, titoli di studio e professione dei genitori, numero di locali in casa, numero di auto possedute, di libri, eccetera eccetera: con la scusa di valutare le scuole, agli scolari era chiesto di scattare una fotografia socio-economica delle rispettive famiglie, dall’interno. Insomma, c’era qualcosa di sospetto nel libretto di istruzioni del marchingegno e non tutti se l’erano bevuta.Ma intanto Invalsi, sulla spinta della carica intimidatoria insita nella funzione di ente valutatore, diventava una sorta di oracolo e si circondava di un’aura di sacralità, al punto da spingere molti docenti a sperperare ore su ore di lezione per allenare gli sventurati alunni a suon di batterie di test a crocette, invece che insegnare la propria materia. Al contempo gli cresceva intorno, e si cristallizzava, un apparato burocratico e un indotto economico sempre più saldamente incistati nel tessuto istituzionale di scuola e università.Nel corso di questa sfolgorante carriera, Invalsi ha calato tutte le maschere indossate al debutto e, da termometro neutro del sistema, si è tramutato in un appuntito strumento di controllo individuale. Infatti a un certo punto, come per magia, le prove sono diventate propedeutiche agli esami di terza media e di maturità, cioè requisito necessario per l’ammissione, cioè obbligatorie. I risultati hanno assunto addirittura valore predittivo: sono stati, cioè, investiti, quali indicatori di fragilità individuale, della capacità divinatoria di prevedere precocemente disagi e insuccessi scolastici. Con tanti saluti all’anonimato, i codici identificativi consentono di associare i valori ottenuti alla scheda personale di ogni studente; per giunta, il cosiddetto bollino di fragilità viene appiccicato all’insaputa delle famiglie. Un vero capolavoro di trasparenza e di democrazia.Ecco, infine, che arriva il Pnrr e stabilisce che i risultati dei test, decisi insindacabilmente dagli algoritmi, entreranno a far parte del curriculum dello studente allegato al diploma finale di scuola superiore e contenuto nell’E-Portfolio cui si accede tramite la piattaforma ministeriale Unica, che è una sorta di scatola nera nella quale sono raccolti d’ufficio tutti i dati di tutti gli studenti.L’integrazione dell’Invalsi nel curriculum digitale consentirebbe, tra le altre cose, la valorizzazione delle eccellenze, ovvero di premiare gli studenti che hanno conseguito i punteggi migliori, offrendo loro un vantaggio in vista di future attività formative e lavorative. Dal che risulta evidente come, nella mens del legislatore, i dati raccolti e immortalati nel profilo virtuale degli studenti sono tali da condizionarne le opportunità future. Vale a dire, sono in grado di rappresentare, nel bene e nel male, uno stigma indelebile.Ciò significa che, all’esito di una singola prestazione, localizzata nel tempo e nello spazio, viene ricondotta l’etichettatura definitiva di un soggetto in via di formazione: a ognuno resterà incollato addosso, e scolpito nella memoria delle banche dati, il proprio marchio di qualità o di infamia, facendo strame del potenziale di crescita e di maturazione, delle metamorfosi imprevedibili e repentine, delle salite e delle discese, delle cadute e dei miracoli che costellano la vita di ogni essere umano, soprattutto se in fase di crescita.Le sorti dell’umano, insomma, le decide in anticipo la macchina leggendo una serie di crocette secondo automatismi imponderabili, senza che all’umano sia possibile financo verificare ex post la correttezza del procedimento usato e del punteggio ottenuto e, quindi, senza alcuna possibilità di contestarlo, di ripeterlo, di correggerlo, nemmeno di pretenderne a un certo punto l’oblio. Il responso va accettato per puro atto di fede. Perché ipse (Invalsi) dixit. Con l’amplesso tra il vecchio Invalsi, che quatto quatto aveva preparato il terreno, e un Pnrr scatenato che, all’insegna della fretta, sta smantellando le ultime vestigia di ciò che un tempo era la scuola, è stato portato dunque a compimento un colossale piano di raccolta dati (non solo relativi al rendimento scolastico, ma anche al contesto sociale e culturale di appartenenza) e di schedatura capillare degli studenti italiani affidata integralmente agli algoritmi e affrancata da qualsiasi interferenza umana: l’enorme database è pronto a elargire alla bisogna informazioni personali e premonizioni oracolari. In pratica, un mostro reso onnipotente traccia e pilota le biografie dei nostri figli, obbligati a viaggiare per la vita con la propria scatola nera cucita addosso. Non per nulla li chiamano «capitale umano».Ecco a noi le meraviglie del progresso. Chi negli anni scorsi avvertiva qualche disagio nel prestare la prole ai rilevamenti statistici richiesti per il miglioramento della scuola, della specie, dell’ecosistema, del pianeta; chi magari pensava addirittura che l’Invalsi, in realtà, fosse una polpetta avvelenata a lento rilascio, beh, ora sa che aveva ragione.
Chicco Testa (Imagoeconomica)