2023-07-24
Tessuti per un’estate fresca
La termodispersione, che è fondamentale per abbassare la temperatura del nostro corpo alzata dal caldo esterno, è favorita da materiali traspiranti. Ecco quali sono e quali invece bisogna evitare.Nei giorni di caldo afoso che stanno caratterizzando l’Italia in questo periodo, complice l’anticiclone africano che esaspera la calura estiva, altrimenti normale, sentiamo spesso dire di indossare tessuti traspiranti, senza molte altre spiegazioni. Risulta invece molto utile conoscere i tessuti estivi. In questo periodo si parla molto anche di intelligenza artificiale. Beh, il tessuto è frutto dell’intelligenza umana e nel primo periodo della storia umana naturalmente si ottiene soltanto da vegetali e animali: quelli naturali e leggeri sono i tessuti migliori per il caldo.Il tessuto è un manufatto che compare in epoca neolitica, ottenuto tessendo lungo un ordito, cioè l’insieme dei fili tesi su un telaio, una trama, cioè un filo che con un progredire a S, da sinistra a destra e da destra a sinistra e poi di nuovo da sinistra a destra, si infila sopra e sotto ciascun filo verticale dell’ordito: è la tessitura, una pratica che potrebbe sembrare non rilevante e invece ha segnato un momento molto importante lungo la lunga storia della culturale e tecnica della civiltà umana. Oggi, il sintetico si espande sempre più a discapito del naturale, ma la storia della tessitura comincia con quella del passaggio dallo stato di cacciatori-raccoglitori a quello di allevatori-agricoltori, perché la disponibilità di animali allevati comporta anche quella di fibre animali. Fibre animali sono la lana e la seta. Fibre vegetali sono invece quelle ricavate da vegetali. Il tessuto ha lato trama e lato ordito e la tessitura anche detta armatura può essere semplice, ossia solo un ordito e solo una trama, detta tela, piccolo operato, con slegature di trama che danno luogo a strutture con disegni particolari, come il twill o saia, la seconda armatura base a lisca di pesce, o raso, la terza armatura base che è lucido sul lato ordito e opaco lato trama. Ci sono poi altre armature, sia di piccolo operato, sia di garza, come il tulle, un intreccio di trama e ordito regolare ma «lasco» che lascia uno spazio vuoto ad ogni incrocio, sia tessuti operati, sia a nido d’ape ecc. Potrebbero sembrare argomenti da altra trattazione, puramente estetica, ma nel tessuto la forma è decisamente sostanza perché diverse armature, in rapporto anche con lo spessore dei fili tessuti e con la naturalità o meno della fibra determinano «la dialettica» tra i nostri abiti e il nostro equilibro termico.La sensazione che un tessuto dà al tatto si chiama mano. La mano del tessuto fa riferimento alla sua morbidezza, al suo calore, alla sua rigidità, alla sua compattezza, alla sua pelosità, alla sua scorrevolezza. La mano si ripercuote anche sulla nostra pelle e in generale sul nostro corpo. In che modo? Nella scienza dei materiali, la traspirabilità di un materiale che in inglese si dice breathability, che si traduce più o meno respirabilità, si riferisce alla capacità di un materiale di essere attraversato dall’aria umida. Si capisce come, dunque, vestirsi di un tessuto anziché di un altro può fare una grande differenza in relazione al nostro benessere termico. Abbiamo visto poche settimane fa come funziona la regolazione termica del nostro corpo. La nostra temperatura interna ideale stanzia sui 36,5-37 °C e in parte dipende da quella esterna. La temperatura esterna ottimale che mantiene la temperatura interna, abbigliati con abiti leggeri, ai circa 37 gradi di norma si trova fra i 21 ed i 25 gradi ed è una temperatura detta «comfort termo-igrometrico» (quando siamo in spiaggia sotto l’ombrellone vestiti del solo costume si alza, il comfort termo-igrometrico si alza tra 27,8 e 30 gradi). Se la temperatura, sia che siamo in spiaggia, sia che siamo in giro vestiti di tutto punto, sale oltre i 30 °C, il nostro centro termoregolatore deve darsi da fare per mantenere la nostra temperatura interna sui 36,5-37 °C, operando sul rapporto tra termogenesi e termodispersione. Situato nell’ipotalamo, il nostro centro termoregolatore è costituito da neuroni sensibili ad anche minime variazioni di temperatura rispetto ai canonici 36,5-37 °C. I neuroni recettivi recepiscono le variazioni sotto o sopra quella temperatura, mentre i neuroni effettori decidono cosa operare tra la termodispersione e la termoconservazione che divengono necessarie per contrastare quelle variazioni. Il nostro organismo è omeotermo (dal greco: omòs = uguale; termos = calore), cioè agisce autonomamente per mantenere costante la propria temperatura corporea ideale a dispetto di quella ambientale. Ed è poi endotermo (dal greco: endon = da dentro; thermos = calore), cioè la sua temperatura corporea è regolata dalla produzione di calore metabolico interno. Gli altri vertebrati cioè pesci, anfibi e rettili e gli invertebrati sono invece ectotermi (dal greco: ektos = al di fuori; thermos = calore), cioè la temperatura corporea dipende dall’ambiente esterno. I rettili passano ore al sole e i pesci si spostano da correnti acquatiche fredde a calde per aumentare la propria temperatura corporea. Noi, predisposti a vedercela da soli, d’estate operiamo termodispersione e d’inverno termogenesi. Non tutto il nostro corpo ha la stessa temperatura: testa e torace, comprensivi di organi, costituiscono il cosiddetto «nucleo centrale» della temperatura che misura 36 gradi. Il resto del corpo, detto «guscio periferico», agisce da protezione del nucleo, presentando temperatura un pelo più bassa in condizioni di frescura ambientale: per le gambe è 31 gradi sui polpacci e 35 sulle cosce, per le braccia 36 sul colmo, 32 sul gomito e 28 sull’avambraccio, la pelle ha circa 21 gradi. D’estate, la temperatura esterna agisce riscaldando il guscio col rischio di riscaldare anche il nucleo centrale: se il guscio aumenta di temperatura giungendo anche a 36 gradi, per la nostra pelle sono ben 14 gradi in più. Allora, mentre noi percepiamo questo caldo come molto sgradevole, ancor di più se molto umido, perché ci sembrerà ancora più caldo, i nostri neuroni effettori ordinano attività che servono a raffreddare la temperatura del guscio per evitare che, salita quella, possa salire anche quella interna oltre i 37 gradi. In primo luogo, minimizziamo la produzione di calore interno: la digestione comporta produzione di calore, come qualsiasi attività, perciò in estate abbiamo meno fame e anche meno voglia di fare rispetto all’inverno.il ruolo del sudore Il nostro organismo massimizza la perdita di calore cioè la termodispersione anche tramite la vasodilatazione e la sudorazione. La vasodilatazione dei vasi vicini alla cute permette una migliore dissipazione del calore corporeo, è un escamotage di breve durata e anche di relativa efficienza che però si somma alla sudorazione per potenziarne l’effetto (ed è l’opposto di quanto accade in inverno quando contrastiamo il freddo con la vasocostrizione cioè chiudendo la gran parte dei capillari sottocutanei per trattenere il calore e riservarlo, appunto, soprattutto al nucleo centrale, prassi da cui deriva la tipica temperatura più fredda di mani e piedi). Il sudore: quando la pelle registra una temperatura troppo alta, il sistema nervoso invia alle ghiandole sudoripare il comando di produrre quelle gocce di acqua salata (salata perché contiene i sali minerali, perciò è importante rimineralizzarci oltre a bere per reidratarci) che chiamiamo sudore. È lo stesso meccanismo dello sport: più fatichiamo, più scaldiamo il corpo, più sudiamo. In estate, questo meccanismo si attiva semplicemente stanziando ad una temperatura ambientale di 35-40 gradi. La sudorazione cambia lo stato dell’acqua da liquido a gassoso e per farlo disperde calore. L’acqua contenuta nel sudore evapora entrando in contatto con l’aria ambientale calda e questa evaporazione sottrae calore al corpo. Sudando, noi riusciamo a mantenere il corpo ai 37 gradi anche quando fuori ce ne sono 40. È la stessa cosa che fanno anche i mammiferi ricoperti di pelliccia e con poche ghiandole sudoripare come il cane, che non le ha sottopelle, ma solo vicino ai polpastrelli, e comunque non le usa per «sudare» fuori il caldo: l’acqua, nel cane, non evapora dalla sua pelle, ma dall’apparato respiratorio e dalla lingua con l’attivazione dell’ansimo. Se noi isolassimo la lingua del cane con un materiale antitraspirante, gli impediremmo di termodisperdere e questa è la stessa cosa che avviene se ci vestiamo con tessuti non traspiranti o poco traspiranti: la termodispersione, che ci è fondamentale per abbassare la temperatura del nostro corpo alzata dal caldo esterno, è permessa e favorita da tessuti traspiranti. Impedita, con successivo aumento della temperatura del nostro corpo, da tessuti non traspiranti. Sono non o poco traspiranti e quindi andrebbero evitati in estate il poliestere, l’acrilico, il nylon e l’elastan. Nel caso in cui si indossino tessuti misti, composti per la maggior parte di fibre naturali e una sola piccola parte di fibre sintetiche, ci troviamo comunque in una situazione accettabile. Tutto l’abito di fibra sintetica, invece, non è consigliabile. La traspirabilità è chiaramente collegata alla porosità di un materiale: legno o tessuto che sia, più un materiale è traspirante, minore è la possibilità che si crei condensa, sulla sua superficie. L’alta traspirabilità è positiva già per materiali da costruzione, per esempio. Se si crea meno condensa sulla superficie, il materiale è soggetto a minori sbalzi termici, che possono deteriorarlo. isolamento termicoLa traspirazione favorisce l’isolamento termico, perché l’aria stagnante ha un coefficiente di scambio termico più basso di quello dell’acqua. L’elevata traspirabilità permette anche il ricircolo di ossigeno tra ambiente esterno e materiale, ciò vale sia per un infisso in legno, sia per una giacca di lino anziché di poliestere. Il tessuto traspirante da una parte protegge il corpo dal calore esterno, che ci può riscaldare per irraggiamento diretto, per convezione e per conduzione. Dall’altra, permette che il sudore del corpo evapori passando attraverso di esso e ciò fa sì che il sudore non si condensi sulla pelle ma diventi vapore acqueo che allontanandosi senza problemi dalla pelle abbassa la temperatura della stessa, prima di quella, poi, e attraverso quella, del nucleo centrale. La traspirabilità del tessuto asseconda la traspirabilità biologica. Sono molte le cose che non sappiamo sui tessuti: non per forza il tessuto impermeabile o elastico non è traspirante. Anzi, soprattutto per uso sportivo si sono messi a punto molti tessuti con entrambe le caratteristiche. Esiste anche la canapa elastica, creata da un italiano. Il suo nome di brevetto è Herotex ed è composta da 92% di canapa, 4% di lycra e un 4% di poliestere: la sua traspirabilità è 2165 g/mq/24 ore. La traspirabilità dei tessuti si misura quantificando i grammi di acqua in forma di vapore che attraversano 1 metro quadrato di tessuto in 24 ore e la sua unità di misura è g/mq/die. Ci sono varie scale: c’è la scala Mvtr (Moisture Vapour Transmission Rate) che misura la quantità di liquido evaporato in un certo periodo di tempo indicandolo appunto secondo l’unità di misura g/mq/die, per esempio 6.000g/mq/24h (si usa anche 24 h al posto di die) che però può anche essere semplificata nella forma «traspirabilità dell’indumento 10.000». E c’è la scala Ret che non indica i g ma esprime la traspirabilità secondo intervalli della Resistance of Evaporation of a Textile, cioè la resistenza alla trasmissione del vapore acqueo. L’intervallo Ret si misura ponendo l’indumento su una piastra metallica porosa scaldata a 35 °C che emette vapore acqueo. Questo processo imita la sudorazione del corpo vestito, risale a oltre 50 anni fa, è stato standardizzato in norma Iso e (la 11092) ed è il più usato. Il valore Mvtr da 15.000 a 40.000 g/mq/24h e Ret da 0 a 6 è estremamente traspirante. Mvtr da 15.000 a 10.000 g/mq/24h e Ret da 6 a 13 identificano un tessuto molto traspirante, Mvtr da 3.000 a 10.000 g/mq/24h e Ret da 13 a 20 traspirante, Ret da 20 a 30 appena traspirante, Ret oltre 30 non traspirante. In conclusione, ribadiamo che d’estate risulta effettivamente utile e salutare indossare tessuti che permettano al meglio la traspirabilità biologica ed evitare quelli che, invece, la ostacolano. Fatta salva l’eccezione dei tessuti tecnici sintetici ma al contempo traspiranti, studiati proprio per ottenere questo risultato, o di quelli come la canapa impermeabile su vista, in linea di massima il tessuto naturale, di origine animale o vegetale, è perfetto, quello di sintesi industriale no. Ricordatevi che non traspirabile vuole anche dire che non liberandosi del sudore, o non potendo sfogare il suo calore anche se non suda, il corpo non riesce ad abbassare la sua temperatura. Il tessuto sintetico è spesso caratterizzato anche da bassa o nulla idrofilia e igroscopicità, diversamente da quelli naturali che le hanno alte, quindi non fa passare il vapore acqueo e nemmeno assorbe il sudore, perciò fa sentire più caldo. Poi, essendo plastico, isola mentre non fa traspirare e questo fa alzare ancora di più la temperatura. Queste indicazioni sui tessuti valgono anche per lenzuola e tende. Certo, non tutti i tessuti naturali sono indicati. Per esempio la lana non è adatta al nostro clima estivo, mentre è perfetta per l’inverno perché è traspirante ma anche isolante e protegge i nostri 37 gradi interni dall’attacco degli oltre 30 gradi ambientali in meno. I beduini nel deserto, dove le temperature raggiungono i 50 e 60 °C, usano la lana proprio per difendersi da un caldo tanto eccessivo, anche con l’isolamento del corpo. Ma da noi non è necessario.
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)