2021-01-07
Le telefonate di Benetton jr sugli intrecci tra Pd e azienda
Alessandro Benetton (Ansa)
Dal think tank «VeDrò», caro all'ex premier Enrico Letta, all'attuale ministro Paola De Micheli. Una ex manager del gruppo piazzata da Matteo Renzi nel cda di Alitalia in quota Italia viva.Ieri Il Messaggero rilanciava l'idea di un cambio di passo nei rapporti tra Cdp e il gruppo Benetton: procede il progetto di Enrico Laghi.Lo speciale contiene due articoli.L'obiettivo è chiaro: assicurarsi la concessione. La chiacchierata telefonica intercettata nell'inchiesta partorita da quella sul crollo del Ponte Morandi è tra due pezzi da novanta: Alessandro Benetton, figlio di Luciano, e Gianni Mion, manager da sempre al servizio della famiglia, posizionato al timone di Edizione (società che controlla Atlantia) proprio dopo la tragedia di Genova. È il 24 gennaio 2020. Ed è Benetton a spiegare: «Bisogna tenere la barra, i livelli e le posizioni». «Esatto!», risponde Mion, che sembra avere le idee chiare sul futuro dell'impero: «Dobbiamo riportare le aziende in galleggiamento come stavano prima, dopodiché se c'è qualcuno che dice: “I Benetton devono andare a casa", vediamo quali sono i termini». Benetton sembra voler fare pulizia, per evitare ulteriori scossoni a causa dei coinvolgimenti giudiziari di Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Atlantia e di Autostrade per l'Italia.Mion sembra d'accordo: «Stamattina ho fatto a pezzi Bertazzo (Carlo Bertazzo, in quel momento appena nominato amministratore delegato di Atlantia, ndr) e, come si chiama, Cerchiai (Gianni Cerchiai, presidente di Atlantia, ndr)». In una successiva telefonata, del 26 gennaio, Mion ribadisce il concetto con Erede: «Per me Cerchiai avrebbe dovuto dare le dimissioni 18 mesi fa e sta ancora lì a girare con i suoi amici massoni del cazzo». E se il direttore generale di Atlantia, Giancarlo Guenzi, che ad aprile 2020 è andato in pensione, viene definito «un minus habens», non è l'unico nelle telefonate a prendersi gli improperi. Mion: «C'hanno ancora quello stronzo di Delzio e tutta la sua corte». Mion sostiene pure che Delzio «sta sempre lì a difendere Castellucci e i suoi». «E mandatelo via però», intima Benetton. Francesco Delzio, editorialista di Avvenire, il quotidiano dei vescovi, dal 2012 a marzo 2020 è stato direttore delle relazioni esterne di Atlantia e di Aspi. Nel 2014 fu tra i fondatori di VeDrò, think tank con sconfinamenti nel lobbismo dell'ex premier Enrico Letta. Ovvero ai tempi in cui per i Benetton Berta filava senza intoppi. «Addirittura», incalza Mion, «c'è una certa dottoressa Giordani, che è stata sottosegretaria al ministero della Cultura... che racconta in giro che i Benetton sapevano sempre tutto e che Castellucci ha fatto sempre tutto quello che gli dicevano i Benetton». E mentre Benetton commenta con un «pazzesco», Mion arriva al punto: «E quindi dico... siccome tra l'altro non è assolutamente più spendibile alle relazioni istituzionali, cazzo... mandate a casa 'sta gente». Simonetta Giordani nel frattempo ha scelto Matteo Renzi e da lì, in quota Italia viva, è entrata nel cda di Alitalia. Ma per meglio ordinare le coincidenze è necessario un passaggio: è passata pure lei dal gruppo di Letta, l'uomo che nel 2013 ha firmato a Palazzo Chigi la modifica della concessione per Aspi. Poi il Bullo l'ha infilata nel Cda delle Ferrovie. E qualche anno dopo è tornata in Atlantia, per lasciare l'azienda a metà 2020. Cioè dopo la telefonata tra Benetton e Mion. Ma gli intrecci di coincidenze non sono finiti. Perché Letta, dopo Palazzo Chigi, è andato a fare il consigliere d'amministrazione di Abertis, poi acquisita da Atlantia. Lui, per evitare grane, si dimise dopo l'ingresso dei Benetton (anche se le trattative tra i due gruppi erano note da tempo). Ed è ancora una volta una coincidenza se a un certo punto della chiacchierata spunta fuori baffetto? Il riferimento viene fatto da Mion a telefono con Erede: «Supponendo che ci siano tre persone serie serie lì dentro tra cui D'Alema (fu il governo guidato da Massimo D'Alema a privatizzare le autostrade ndr)». Dalle intercettazioni, insomma, viene fuori l'intreccio storico tra Pd e uomini di Benetton. Resta da capire chi sono gli altri due. E Mion tira fuori un'altra dem: «Ieri la ministra (Paola De Micheli, ndr) è andata a vedere i lavori da duecento e fischia di milioni di euro che sta facendo Adr (Aeroporti di Roma), è un messaggio, no? Il Pd si barcamena fra questi scemi dei 5 Stelle. Il fatto che sia andata lì con te è significativo, non ti ha messo lo stigma del lazzarone». E se prima c'erano gli amici al governo, ora ci sono i nemici? Afferma ancora Mion: «È stata Cassa depositi e prestiti che ha insufflato tutti sti Cinque stelle per un anno e mezzo... per cacciarci a calci nel culo...». Poi, però, nonostante nelle chiacchierate si spari a zero su Castellucci, sempre troppo addentro alle società, nonostante abbia lasciato nel settembre 2019 (in una delle telefonate gli investigatori hanno sentito dire: «Lo trovo da tutte le parti»), nel dicembre 2019 (un mese prima delle telefonate di Mion) il ministro dello Sviluppo economico pentastellato Stefano Patuanelli, mentre attaccava Atlantia spa, come ha svelato La Verità, si incontrava proprio con Castellucci, accreditandolo come interlocutore. L'ennesima coincidenza.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/telefonate-benetton-jr-intrecci-pd-2649774988.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="procede-il-progetto-di-laghi-a-cdp-la-quota-di-atlantia" data-post-id="2649774988" data-published-at="1609986044" data-use-pagination="False"> Procede il progetto di Laghi: a Cdp la quota di Atlantia Ieri Il Messaggero rilanciava l'idea di un cambio di passo nei rapporti tra Cdp e il gruppo Benetton. Attribuendo ai 5 stelle l'idea, l'articolo di Rosario Di Mito spiegava che la possibile uscite dall'impasse potrebbe essere puntare direttamente all'acquisto di Atlantia. O meglio della quota della società in pancia ai Benetton e quindi a Edizione srl. L'operazione sarebbe vittoriosa su due punti di vista. Ai Benetton andrebbe un bonifico cash di poco meno di 4 miliardi e Cdp, sul breve risparmierebbe. Si omette un dettaglio. Manleva e costi giudiziari riguardano Autostrade per l'Italia. Non Atlantia. Tanto meno Edizione. In pratica chi si piglia il controllo di Atlantia si prende nel lungo termine tutti i rischi. Attribuire il progetto ai 5 stelle è però un po' fuorviante. Al momento della nomina del nuovo presidente e ad di Edizione, La Verità ha spiegato il mandato di fondo di Enrico Laghi, fino a pochi giorni fa servitore dello Stato. Il suo compito sarebbe di ragionare fuori dagli schemi e invertire l'intera trattativa. «Invece di vendere solo Austostrade proverà a vendere allo Stato l'intero blocco. Cioè tutte le quote di Edizione in Atlantia. Si tratta di un 30% che vale sul mercato di Borsa circa 3,6 miliardi e con cui la famiglia di Ponzano Veneto gestisce non solo Aspi, ma anche Aeroporti di Roma (per il 96%), Pavimental, Telepass, Spea engineering e, al di fuori dei confini italiani, persino il 50% più uno di Abertis, la multinazionale spagnola che opera in 60 Paesi nel comparto delle infrastrutture delle telecomunicazioni», scriveva La Verità. Sarebbe un bel colpo per Laghi. Potrebbe comunicare che ai Benetton alla fine vanno meno soldi: 3,6 miliardi contro gli 8-9 potenziali per Aspi. Ma senza alcun rischio. Se i 5 stelle si sono convinti che questa sia la strada giusta dovranno poi dimostrarlo anche in Parlamento. La scelta ha in ogni caso senso. E varrebbe la pena capirla più nel dettaglio. Si aprirebbe solo una grande partita internazionale. Lo Stato italiano per tramite di Cdp entrerebbe in uno dei colossi transazionali a bandiera spagnola. Un incrocio non da poco che avrà bisogno dell'ok di Madrid. Che chiederanno in cambio?