2019-01-20
Telecamere a scuola. La legge anti violenza ancora impantanata
I casi si moltiplicano ma la norma è ferma al Senato. Tra veti Pd, problemi di privacy e un testo senza l'obbligo di installazione.Telecamere sì, telecamere no. Mentre la legge giace impantanata in Senato, negli asili e nelle scuole d'infanzia continua lo stillicidio di notizie: bambini picchiati, maestre che finiscono in prigione, genitori che chiedono a gran voce più controlli.Uno dei casi più recenti a Noicattaro, nell'hinterland di Bari: quattro educatrici di un centro di riabilitazione per autistici sono state arrestate con l'accusa di aver picchiato, legato e imbavagliato nove pazienti fra 7 e 15 anni. Il motivo? Volevano farli smettere di piangere. Non sopportavano i loro capricci, come se fosse colpa dei piccoli sfortunati. Sono state le intercettazioni ambientali e riprese video dei carabinieri a scoperchiare le violenze. L'ultimo, in ordine di tempo, quello con protagoniste due donne 49 e 58 anni, insegnanti in una scuola dell'infanzia della città molisana di Venafro. Avrebbero imposto un sorta di legge del taglione ai piccoli, obbligando a punire con la stessa «moneta» i compagni colpevoli di averli maltrattati: tirando loro i capelli o dandogli dei pugni. Tra le minacce ai piccoli, un «ti svito la testa» che ricorsa in maniera inquietante il sergente Hartman di Full metal jacket.Episodi che riportano alla ribalta la proposta di legge sulla videosorveglianza, presentata al Parlamento da Forza Italia e che prevede l'installazione di sistemi di videosorveglianza in queste strutture, così come negli asili e negli ospizi. Al momento la norma è incagliata a Palazzo Madama, dopo l'approvazione da parte della Camera lo scorso 23 ottobre, che ha visto il voto contrario dei Democratici. Eppure dovrebbe essere una misura che mette d'accordo tutti: si tratta di tutelare da possibili maltrattamenti bambini, anziani e disabili, gli anelli più fragili della società.Ma così non è, nel mondo della politica: i sindacati degli insegnanti, per esempio, invocano la necessità di rispettare la privacy anche sul lavoro, nonostante siano soltanto le forze dell'ordine, previa richiesta, a poter visionare il materiale registrato. Oppure c'è chi punta il dito contro i costi dell'operazione, che sarebbero esorbitanti per le smunte finanze dello Stato. O ancora chi polemizza sulla militarizzazione della scuola e sulla rottura del rapporto fiduciario tra educatori e bambini. Che sia necessario andare avanti, ne è però convinto il ministro dell'Interno, Matteo Salvini: «È un impegno per il 2019», spiega il vicepremier, «approvare la legge che permette di accendere le telecamere negli asili e nelle case di riposo, per difendere bimbi e anziani dalle violenze di (pochi) balordi». Ma non è il solo a sottolineare l'urgenza, c'è anche l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, il magistrato Filomena Albano: «L'obbligo di installare telecamere negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia consentirebbe una maggiore tutela contro violenze e abusi nei confronti di bambini molto piccoli», sottolinea. «Altrettanto importante, però, è prevedere sistemi di formazione iniziale e permanente del personale e una sistematica raccolta dati che, dando la fotografia del fenomeno, consenta di porre in essere interventi di prevenzione». Del movimento trasversale per la videosorveglianza, fa parte anche il Codacons, che insiste sul bisogno di accelerare l'iter di approvazione: «Ancora una volta i bambini sono vittime di maltrattamenti da parte degli insegnanti, e si stanno moltiplicando i casi di violenza negli asili portati alla luce solo grazie a telecamere piazzate dalla polizia. Questo dimostra come sia necessario installare telecamere, per controllare l'operato del personale scolastico ed evitare abusi e violenze che possono avere conseguenze anche gravi sui minori». Della stessa opinione è anche il Movimento italiano genitori: «Chiediamo al Parlamento e al governo di adottare con urgenza un provvedimento che intervenga sul contrasto e sulla prevenzione degli abusi in modo concreto ed efficace, attraverso l'installazione di telecamere a circuito chiuso in tutte le aule, con immagini a disposizione dell'autorità giudiziaria solo nel caso di denuncia». Insomma, sono in tanti a ritenerla una legge necessaria, tranne i parlamentari del Pd che comunque non hanno i numeri in Senato per fermarla. Tuttavia il testo ha dei limiti, messi in evidenza dai suoi stessi sostenitori: nella sua formulazione attuale prevede, infatti, solo l'installazione facoltativa degli impianti. Nel comma 1 dell'articolo 4, si dice che «per assicurare il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, nelle strutture di cui al medesimo articolo possono essere installati sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso». Non esiste alcun obbligo e, senza l'imposizione e i conseguenti finanziamenti, saranno in pochissimi ad adeguarsi. Come spiega la senatrice di Forza Italia, Licia Ronzulli, presidente della commissione bicamerale per l'Infanzia: «Auspico che tutte le forze politiche lavorino per migliorare un testo che sarebbe solo un paravento rispetto alla recrudescenza di tali episodi, non prevedendo alcun vincolo di obbligatorietà sull'introduzione delle telecamere. Se non dovesse uscire una legge più efficace avremmo preso in giro, ancora una volta, le famiglie italiane».Ma intanto che si discute di privacy, obbligatorietà e costi, i casi di violenza non si placano: pochi giorni fa tre maestre e una bidella di una scuola dell'infanzia di Ariccia sono state arrestate. Grazie alle riprese video, i carabinieri hanno appurato che le donne strattonavano, colpivano alla testa e insultavano gli alunni. Così come a Pero, in provincia di Milano, dove un insegnante è finito ai domiciliari per aver ripetutamente sculacciato, schiaffeggiato, preso a calci e offeso i bimbi che doveva educare.Proprio la Lombardia, in attesa che il nodo si sciolga, si è già mossa autonomamente approvando una legge che prevede lo stanziamento di 900.000 euro, per il 2019 e il 2020, come contributo per gli istituti che vogliono installare i dispositivi.Ma il resto del Paese deve rassegnarsi? I dati, dall'inizio dell'anno, non giustificano lassismo: si contano più di dieci gli insegnanti coinvolti in violenze su minori, in poco più di due settimane.
Giancarlo Fancel Country Manager e Ceo di Generali Italia
Rifugiati attraversano il confine dal Darfur, in Sudan, verso il Ciad (Getty Images)
Dopo 18 mesi d’assedio, i paramilitari di Hemeti hanno conquistato al Fasher, ultima roccaforte governativa del Darfur. Migliaia i civili uccisi e stupri di massa. L’Onu parla della peggior catastrofe umanitaria del pianeta.