2024-08-07
È un errore alzare la tassa di soggiorno. L’Italia ha bisogno d’incentivare i turisti
Un balzo dei consumi e dell’occupazione nel settore vacanze porterebbe gli stessi benefici all’Erario ma sarebbe più equo.Il governo potrebbe mettere mano alla tassa di soggiorno, quella che si paga nei luoghi dove si alloggia (fondamentalmente strutture ricettive come gli alberghi) per villeggiatura o per lavoro o per qualsiasi altro motivo. Secondo me è decisamente il caso che, in questo preciso momento, il governo stesso ci ripensi molto bene e a fondo.L’idea - a quanto ci è dato sapere - sarebbe quella di estenderla a tutti i Comuni che ne facciano richiesta e sarebbe destinata non solo - che sarebbe più giusto - a effettuare interventi nel settore del turismo, ma anche per lo smaltimento dei rifiuti. La tassa rispetterebbe il dettato costituzionale della progressività del sistema fiscale: se il costo di pernottamento è inferiore a 100 euro sarebbe di 5 euro, tra i 100 e 400 arriverebbe a 10 euro, tra 400 e 750 sarebbe di 15 euro, per gli alberghi extra lusso da oltre 750 euro a notte salirebbe a 25 euro. Quindi, come dicevo sopra, sarebbe una tassa progressiva in ossequio alle linee fondamentali dettate dalla nostra Costituzione all’articolo 53 che, ad esempio, è totalmente disatteso per quanto riguarda l’Irpef che è pagata per oltre il 60% da chi guadagna tra, circa 20.000 euro e 50.000 euro, iniquità palese e totale. Ma su questo punto va riconosciuto che il governo sta lavorando bene con gli interventi di riduzione del cuneo fiscale. Ha fatto bene il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, a dichiarare, di fronte alle proteste delle associazioni di categoria (Federalberghi in testa) che si tratta, nonostante sia stata messa nero su bianco in una bozza di disegno di legge, di una misura allo studio non ancora definita e sulla quale stanno discutendo.Qual è dunque il problema? In questi mesi, soprattutto agosto, qualcuno - dopo aver frignato per anni per lo scarso afflusso turistico - si lamenta per il fenomeno dell’overtourism, cioè di un sovraffollamento di turisti nel nostro Paese, sia per quanto riguarda il turismo interno all’Italia, sia per quanto riguarda i turisti che - sia lodato il cielo - provengono da altri Paesi. Essendo il turismo uno dei capitoli più corposi che vanno a comporre il nostro Pil, non è questione se la misura sia o meno giusta in sé, ma relativamente al contesto economico che stiamo vivendo con questa vivacità inaspettata del turismo stesso con cifre che non vedevamo da anni. La questione è un’altra: abbiamo un bisogno assoluto di incrementare il Pil - anche per diminuire il rapporto Pil/debito pubblico - e quindi ogni aumento delle tasse, comunque, anche se progressivo, concepito con gradualità, va nell’economia pubblica (dello Stato) e esce dall’economia reale (il mercato). E non è momento di misure come questa, soprattutto considerando - come ho già detto - il comparto produttivo, risorsa strategica dell’Italia. In economia conta il momento in cui viene adottata una misura forse più della misura stessa. È quello che non capiscono a Bruxelles le due signore: Ursula von der Leyen e Christine Lagarde e compagnia cantante, come abbiamo scritto tante volte su La Verità. Capiamo perfettamente in che condizioni si trova il governo attuale nel reperire fondi, soprattutto per i macigni lasciati dai governi precedenti e per quello della procedura di infrazione ridicola e figlia di puttana, cioè di regole che sono una forma di vero e proprio mercimonio tra Unione europea, Commissione in testa, e Stati membri. Lo sappiamo bene e non c’è che da apprezzare la volontà di questo governo a bilanciare due esigenze difficilmente componibili: la necessità di reperire dappertutto risorse per far funzionare la macchina dello Stato e la volontà politica sacrosanta di non gravare sui redditi delle famiglie e sugli investimenti delle imprese. E allora poniamoci un’altra domanda: siamo sicuri che arriverebbero più entrate allo Stato da questa misura piuttosto che da una che, non facendolo, favorisse il mercato del turismo, indirizzando più soldi nel mercato, nell’occupazione conseguente con esiti certamente positivi sui redditi e, quindi, sui consumi? Certo l’imposta sul soggiorno porterebbe automaticamente e subito soldi freschi che suscitano appetito, ma l’altra strada assicurerebbe egualmente soldi allo Stato attraverso le tasse sui consumi che portano miliardi nelle casse statali disastrate dai vari Conte, con una politica fiscale certo più giusta e almeno egualmente efficiente.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)