Con un blitz improvviso i rappresentanti di 5 stelle e Pd abbandonano i lavori del Copasir e innescano un veloce rotolamento che porta alle dimissioni del presidente Raffaele Volpi e dell'altro componente leghista, Paolo Arrigoni. «Nel pieno rispetto delle prerogative istituzionali, e al fine di adempiere ai disposti normativi che stabiliscono le funzioni del comitato», fanno sapere Federica Dieni, Maurizio Cattoi, Francesco Castiello del M5s, ed Enrico Borghi del Pd, «abbiamo votato la delibera, ma abbiamo abbandonato i lavori al fine di contribuire alla soluzione della titolarità della presidenza del comitato medesimo». I sopracitati però a differenza di quanto fatto nelle scorse settimane da Elio Vito e Adolfo Urso non hanno fatto il gesto di rimettere il mandato. L'altro componente del gruppo Fi-Udc, Claudio Fazzone, ha precisato di non volersi dimettere e quindi si comprende che la vera guerra attorno al vertice del Copasir non è finita. Anzi è all'inizio. Fratelli d'Italia ha rivendicato per sé la presidenza. Interpretando correttamente la legge statutaria. Adesso però la Lega rivendica l'applicazione del secondo principio, quello della pariteticità e proporzionalità. Tradotto, Fratelli d'Italia non potrebbe da sola nominare 5 membri di opposizione su un comitato che ne vale dieci. Se anche Alternativa C'è (i fuoriusciti dei 5 stelle) fondasse un gruppo, non concorrerebbe a un equilibrio di rappresentatività. Il loro peso dentro il Parlamento, anche sommato a Fdi, sarebbe comunque troppo ridotto per avere un premio di maggioranza del 50%. Per questo Fratelli d'Italia interpreta la legge del 2007 in modo diverso. Una volta rispettata la regola della presidenza, quella della proporzionalità va calata nel contesto di maggioranza. Ovviamente la Lega la pensa all'opposto. La norma del 2007 su questo non è dettagliata quanto l'attribuzione della presidenza. Ieri è intervenuto anche Matteo Salvini. Ha chiesto le dimissioni di tutti e il riavvio del Comitato ma ha aggiunto: «In questo momento gli amici dell'Iran non sono amici miei». In riferimento ad Adolfo Urso. Già accusato dal Foglio di aver avuto in passato legami d'affari in Iran. Urso dopo essere stato vice ministro e prima di rientrare in politica attivò un ufficio a Teheran inaugurato da Carlo Calenda in scia con la riapertura Usa. È chiaro che la dichiarazione mira ad allontanare i due partiti. Il che porta a un interrogativo di fondo. La Lega chiede di rivedere la stessa legge statutaria. E nelle revisione dovranno partecipare anche i rappresentanti di Fdi. Come sarà il livello del dialogo? Il tutto mentre si litiga anche per le amministrative. «Noi riteniamo», spiega alla Verità Paolo Arrigoni, «che il testo regolatorio del 2007 meriti più di un tagliando. Non prevedeva situazioni come quella del 2011 (governo Monti, ndr) o una maggioranza come quella attuale. Inoltre, la legge dovrebbe essere aggiornata anche sul fronte della cyber security. Dal 2007 a oggi sono cambiate tante cose e il Copasir deve occuparsi di tutte le sfaccettature della sicurezza nazionale. Dall'energia al 5G». Nel frattempo però i problemi quotidiani non si fermano. In vista di una nuova legge, che regole si usano? In teoria il comitato potrebbe riunirsi. Se le dimissioni non sono state accolte, i membri possono tornare a riunirsi e la prima grana sarà l'inchiesta su Matteo Renzi e Marco Mancini che il Copasir ha avviato all'unanimità. Qui la politica ha incrociato le proprie problematiche con quelle delle nomine del comparto intelligence. L'asse sempre più evidente tra Lega e Italia viva come gestirà una pratica bollente e scivolosa? L'asse tra i due Mattei si vedrà al momento di rimettere in moto il Copasir e scegliere gli eventuali nuovi componenti. Nel frattempo però il Pd rischia di avere un grosso vantaggio. Cosa che sempre capita ai dem quando stanno fermi senza fare nulla.
Dopo le dichiarazioni del presidente Raffaele Volpi (ha ammesso l’anomalia al vertice del Copasir, ributtando la palla nel campo dei presidenti delle Camere) la poltrona del comitato per la sicurezza della Repubblica si fa traballante. Il comitato dei 60 costituzionalisti (già intervenuti chiedendo il rispetto della legge 124 del 2007) torna alla carica e presenta un ricorso alla Consulta per chiedere il ripristino della legalità alla guida del Comitato. «L’intervento della Corte costituzionale nel solco dell’indirizzo consolidato e granitico della sua giurisprudenza di tutela della autonomia parlamentare non come tutela astratta ma come tutela concreta e valorizzazione del principio democratico», ha spiegato Roberto Di Maria, ordinario di diritto costituzionale all'università di Enna. E non solo su questo si fonda il pressing per consegnare la presidenza del Copasir all’opposizione.
A questa strategia si aggiunge la nota congiunta degli ex presidenti della Camera - Fausto Bertinotti, Laura Boldrini, Gianfranco Fini e Irene Pivetti - nella quale tutti concordano nel sostenere che la guida del Comitato deve essere affidato al partito di opposizione «quale garanzia costituzionale, in una democrazia fondata sull’equilibrio dei poteri e sul rispetto dei diritti della minoranza». Gli ex presidenti di Montecitorio rilevano che «ci sono ruoli nel Parlamento che devono essere interpretati dalle opposizioni, che è la condizione necessaria perché il Parlamento possa esercitare un controllo sulle attività del governo. In questa condizione, poi, tale considerazione è ulteriormente accentuata dal fatto che il governo oggi dispone di una maggioranza larghissima, il che rende ancora più acuta l’esigenza che una funzione di controllo venga esercitata da un rappresentante dell’opposizione». Mentre gli esperti proseguono la loro battaglia, Elio Vito e Adolfo Urso continuano a rivendicare l’illegalità in cui versa il Copasir. Il deputato di Forza Italia, che si è dimesso, incontrerà infatti domani il presidente della Camera, Roberto Fico, mentre, secondo quanto si apprende, anche il senatore di Fdi e vicepresidente del Comitato, avrebbe chiesto udienza al titolare di Montecitorio, dopo aver incontrato Elisabetta Casellati.
Non esiste però uno strumento a disposizione di Fico e Casellati per chiedere le dimissioni di Volpi, l’unica soluzione è infatti quella che si trovi un accordo politico che traghetti la guida della bicamerale nelle mani dell’opposizione. Accordo politico legato a doppio filo alle prossime amministrative, su cui il centrodestra ancora non ha trovato una quadra.
La questione adesso ritorna proprio ai vertici delle Camere. A meno che decidano a loro volta di attendere che si muova la Consulta. Ma sarebbe un effetto domino e su un tema delicato come quello della sicurezza nazionale si finirebbe con mettere in potenziale contrasto istituzioni dello Stato. Certo a quel punto dovrebbe intervenire il Colle, ma abbiamo visto che fino ad oggi Sergio Mattarella ha preferito tenersi lontano dalla spinosa decisione. Stesso discorso per il consigliere Ugo Zampetti.
C’è infine un ultimo tema che riguarda le nomine dentro gli apparati dei servizi. È in corso uno scontro e la sostituzione di Gennaro Vecchione con Elisabetta Belloni servirà a formattare il Dis e completare le caselle. Appena finita la tempesta c’è da aspettarsi che si rassereni il clima pure al Copasir.
Un'ora di audizione al Copasir per il prefetto Franco Gabrielli, sottosegretario con delega all'Intelligence. Uno scambio di idee con i commissari, che, a quanto si apprende, ha visto Gabrielli delineare, in via preliminare, il progetto dell'agenzia di controspionaggio, «specializzata» sul tema caldo della cybersecurity (che avrà - avrebbe garantito il prefetto - nel Copasir sponda e interlocutore «principale»). Inoltre, nel corso del suo intervento, sarebbe stato fatto riferimento alle prime informative sul caso Attanasio, l'ambasciatore italiano ucciso nella Repubblica democratica del Congo lo scorso febbraio, durante un agguato in cui ha perso la vita anche il carabiniere Vittorio Iacovacci. Tra i dossier sul tavolo, pure quello della tensione sociale dovuta alle chiusure delle attività economiche, con gli incidenti di piazza che vengono analizzati con particolare attenzione, nel timore di possibili escalation. Il comitato ha poi approvato la relazione sull'attività annuale svolta («Seguito dell'esame della proposta di relazione sull'attività svolta dal comitato»).
Ma la cronaca della giornata non finisce qui. Il Copasir ieri ha perso ben due membri su dieci. Ha dato le sue dimissioni prima il rappresentante di Forza Italia Elio Vito, poi il vice presidente Adolfo Urso, senatore di Fratelli d'Italia. «Ho rimesso il mio mandato al presidente Casellati per consentire che il Copasir possa adeguarsi a quanto prevede espressamente la legge a tutela delle regole democratiche in materia di sicurezza nazionale», ha scritto il senatore dopo aver inviato al presidente del Senato una lettera nella quale si sintetizza la posizione del partito che da settimane chiede il rispetto della legge 124 del 2007 e quindi la presidenza del comitato. Fdi è infatti il solo partito all'opposizione. Giorgia Meloni si è rivolta anche al Colle: «Non è», ha sottolineato, «un problema che va risolto tra me e Salvini, ma tra maggioranza e opposizione, con i presidenti delle Camere, si spera con un intervento del presidente della Repubblica. Sono colpita che non abbia detto una parola». Matteo Salvini non si è però smosso: «Azzeriamo tutto e il Parlamento nomina un nuovo comitato». Sergio Mattarella non è intervenuto. Ha però forse ispirato una agenzia Adnkronos la quale ha riportato in modo sibillino l'attenzione del Colle e la consueta pratica della moral suasion.
Al momento non è dato sapere quale sia l'effettivo indirizzo del Quirinale. Ciò che è certo è che Raffaele Volpi ieri non si è dimesso e così hanno fatto gli altri membri del comitato. A differenza di quanto anticipato da Salvini il rappresentante leghista ha avviato la seduta portando avanti l'agenda. Da un lato bisogna comunque ricordare l'urgenza delle attività. Si è formata una lunga coda di politici da audire. Il primo su tutti è Matteo Renzi. Ma c'è anche Giuseppe Conte in lista assieme a Rocco Casalino. La domanda da porsi è se il Copasir nella sua configurazione zoppa possa essere considerato regolare. Gli stessi presidenti di Camera e Senato avevano definito nella loro lettera della scorsa settimana il comitato non congruo con la legge del 2007 e non rispondente al criterio della pariteticità. Adesso che ha perso per strada il 20% dei rappresentanti l'equilibrio è ancora più instabile.
Il 23 dicembre 2011 l'allora presidente forzista del Senato, Renato Schifani, risponde a una sollecitazione del parlamentare Federico Bricolo, capogruppo della Lega. L'azzurro spiega che oltre il 90% dell'Aula ha votato a favore del governo tecnico di Mario Monti. Ne segue che in alcun modo si sarebbe potuto garantire la pariteticità del Copasir, Comitato per la sicurezza nazionale. La legge prevede che metà dei membri debba provenire dalla maggioranza e metà dalla minoranza. Il presidente va alla seconda compagine. Dalla lettera si evince chiaramente che il Carroccio sollevò questioni sul corretto equilibrio del Copasir. All'epoca fu infatti il solo gruppo a non votare la fiducia a Monti. Con lo stop di Schifani rimase sul tavolo la sola opzione di rimettere l'incarico di presidente nelle mani di Massimo D'Alema che nel frattempo aveva dato le dimissioni. Il governo era di natura tecnica e a fine legislatura. Così andò a finire anche perché la Lega non rivendicò a sé nulla.
A parti inverse ieri l'attuale presidente Raffaele Volpi ha tenuto a ribadire la sua volontà di seguire le orme di D'Alema. Con la differenza però che la legislatura è a metà percorso e soprattutto che Fratelli d'Italia chiede il rispetto della legge e rivendica per sé la presidenza. Fin qui i tecnicismi, d'ora in avanti invece sarà tutta una questione politica. I presidenti delle Camere, come abbiamo già avuto modo di raccontare, lo scorso martedì, tirati in ballo, hanno preferito non prendere posizione. Hanno confermato l'irregolarità della composizione del Copasir, ma al tempo stesso l'hanno dichiarato abile e arruolato.
Così ieri Volpi ha convocato la riunione, (l'ultima volta era stato il 20 gennaio), non ha dato le dimissioni, ma ha preso atto che il vice presidente FdI Adolfo Urso non era presente e assente era pure Elio Vito, deputato di Forza Italia che ha rilasciato una dichiarazione di fuoco. «Non ho partecipato alla riunione: il rispetto della norma di legge che assegna la presidenza all'opposizione non può essere discrezionale. Ed i diritti dell'opposizione, in una democrazia, non sono una gentile concessione della maggioranza», ha scritto su Twitter. La seduta che all'ordine del giorno aveva l'approvazione dei lavori del semestre ha preso una diversa piega. Volpi ha fatto mettere agli atti due proposte. La prima mirerebbe a portar fuori dall'impasse il Comitato con le dimissioni di massa e poi una nuova tornata di nomine. Altrimenti la seconda opzione sarebbe rivedere la legge 124 del 2007, la medesima che regola gli equilibri del Copasir. Quest'ultima, una strada quasi impossibile da percorrere visto che non c'è alcuna unità dentro il centrodestra. A spingere poi per la prima idea è il leader della Lega, Matteo Salvini, che dopo aver incontrato Mario Draghi, sollecitato da giornalisti che chiedevano commenti sul tema e sulla lettera di reclamo di Giorgia Meloni, ha voluto precisare che lui si occupa delle aperture e non delle poltrone del Copasir. Aggiungendo, «si dimettano tutti per ripartire da capo». Sarà probabilmente la soluzione che imbracceranno tutti sebbene la legge dica altro. E non dovrebbe essere il Comitato a dimettersi ma l'attuale presidente.
È però vero che al momento non ci sono altri membri di opposizione da inserire che non siano provenienti da Fratelli d'Italia. E probabilmente nessuno vuole tenere bloccato il Comitato che sta accumulando una lunga lista di lavori da svolgere. Ieri il Pd ha sterzato la posizione. Enrico Letta rispondendo alle sollecitazioni della Meloni si era detto favorevole a una presidenza targata FdI. Ieri i dem e i 5 stelle hanno fatto una nota congiunta per ribadire che la sicurezza nazionale non può essere un terreno di scontro politico. «La decisione di alcuni partiti del centrodestra di non partecipare ai lavori del Copasir, la cui attività è ripresa dopo lungo tempo, denota lo stato di gravità di una situazione che vede il trasferimento all'interno di una delicata sede istituzionale di dinamiche interne ai partiti e alla coalizione di centrodestra», si legge nella nota firmata da Enrico Borghi (Pd), Federica Dieni (M5S), Maurizio Cattoi (M5S) e Francesco Castiello (M5S), tutti membri del Comitato. «Le importanti questioni connesse alla sicurezza nazionale che il Paese sta vivendo», prosegue la nota, «impongono un Comitato nel pieno delle proprie funzioni. Facciamo pertanto appello al senso di responsabilità delle forze politico-parlamentari, stante la delicatezza del ruolo e delle prerogative che la legge affida al Copasir, affinché non si trasformi un luogo così sensibile e delicato in una palestra di esercizi muscolari». La nota è lunga, ma vale la pena riportarla in modo integrale perché spiega bene la delicatezza del momento. Ci sono le candidature a Roma e Milano, gli equilibri al Senato e le basi da porre per la prossima legislatura.
Nessuno vuole fare un passo indietro e quindi l'azzeramento consentirebbe a tutti di muoversi senza restare con il cerino in mano. Sarà una forzatura delle legge ma la politica è un continuo aggiustare il tiro.
Il presidente del comitato parlamentare per la sicurezza dispone di una utenza telefonica bollente. È il suo telefono che squilla quando il presidente del Consiglio comunica decisioni inerenti nomine negli apparati d'intelligence, oppure scelte sulla cybersecurity o, più in generale, modifiche che toccano la sicurezza nazionale. Motivo per cui è difficile lasciare l'incarico di buon cuore e facile immaginare che in molti vogliano la medesima poltrona. Uno scranno che per legge tocca a un rappresentante dell'opposizione. Per due motivi. Primo, non ha colleghi di partito che già siedono al Cisr, comitato interministeriale per la sicurezza. Secondo, è a logica spinto a fare il cane da guardia. La presidenza oggi viene ricoperta dal leghista Raffaele Volpi, che ha rimesso il mandato senza dare le dimissioni. La lettera inviata ai presidenti delle Camere è di febbraio. Nel frattempo la situazione è andata in ebollizione. Tra Fratelli d'Italia e Lega i rapporti sono ai minimi.
L'altro ieri Roberto Fico ed Elisabetta Casellati hanno spiegato che la composizione attuale non è conforme alla legge statutaria del 2007, ma che nessuno può essere spinto o obbligato a dare le dimissioni e quindi si devono mettere d'accordo tra di loro i partiti. Si sono fermati lì, senza aggiungere che la presidenza spetta per legge all'opposizione. «Il precedente di Massimo D'Alema», spiega alla Verità il professor Antonio Baldassarre, «è in quanto tale un precedente che può inficiare sulla prassi ma non sulla legge». Il riferimento è al fatto che l'ex esponente Ds si dimise e poi tornò in carica perché tutti gli attori, compresa la Lega, decisero che di fronte a un governo tecnico non si rendevano necessari nuovi equilibri. Nel 2011 tutti d'accordo nel bypassare la legge. Adesso però chi sta all'opposizione, Fdi, reclama un diritto. Ieri si sono tenute le riunioni delle capigruppo alla Camera e al Senato. La prima ha deciso di riaggiornarsi fra una settimana. Al Senato gli esponenti del partito di Giorgia Meloni si sono alzati e hanno interrotto la riunione. Salvo poi fare ostruzionismo nel dibattito sul decreto riordino ministeri con l'intento di tirare in lunga fino a notte. Nel frattempo, visto che nella lettera di martedì i presidenti delle Camere hanno dichiarato il Copasir operativo, Volpi l'ha convocato per quest'oggi alle 14. Non risulta abbia intenzione di dimettersi e grazie al cielo nessuno può obbligarlo. Ne andrebbe in ogni caso dell'indipendenza delle istituzioni. Oggi i membri saranno chiamati a sottoscrivere la relazione semestrale del comitato. Difficile immaginare che mettano ai voti la presidenza di Volpi. Non è semplicemente previsto. A questo punto, esattamente come anticipato dai due presidenti delle Camere, si va allo scontro politico. Abbiamo più volte criticato Giuseppe Conte perché ha interpretato a suo modo e con chiare finalità politiche la legge 124 del 2007 (quando fece il blitz di luglio 2020 sulla durata degli incarichi dei direttori di agenzia). Se la Lega adesso facesse la stessa cosa, finirebbe nel medesimo cul de sac in cui si infilò l'avvocato del popolo. Una posizione lontana dal rispetto delle istituzioni e quindi degna di critica. Se il problema è invece un altro, che la presidenza vada a Fratelli d'Italia o ad Adolfo Urso, l'attuale vice, spetterà alla Lega e agli partiti trovare la quadra. Da nessuna parte è scritto che la presidenza debba andare a Fdi. Ma c'è un elemento senza precedenti. Oggi è il solo partito all'opposizione. E la norma prevede che i parlamentari del misto non siano chiamati ad aderire al Copasir. È chiaro anche che su dieci membri del comitato 5 non possano essere tutti di Fratelli d'Italia. Nulla però vieta di trovare un accordo e far entrare nel Copasir anche rappresentanti del gruppo misto, purché abbiano votato contro Mario Draghi. Siamo dunque di fronte a una situazione molto anomala che sta spaccando la maggioranza al governo e pure la maggioranza alle urne. Da un lato il Pd, come ha esplicitamente detto Enrico Letta, ritiene che le redini del Coapsir debbano andare a Fdi. Stesso discorso esplicito arriva dagli Europeisti e pure i singoli rappresentanti dei 5 stelle hanno la medesima idea. Invece pro Volpi si è formato l'asse Lega-Italia viva. È infatti Matteo Renzi a premere perché la composizione non cambi. L'ex sindaco di Firenze vede di buon occhio un Comitato ingolfato. A differenza dei giornaloni, Renzi non dimentica che è stato convocato per testimoniare su William Barr e sul Russiagate. Un tema delicato non solo per Italia viva. Ma certo non per il Pd che invece sarebbe curioso di sentire che cosa il senatore di Scandicci sappia sull'argomento. Così Lega e Italia viva di fronte a una resa dei conti starebbero contro Fdi, a differenza del resto della maggioranza di governo. Così facendo però il centrodestra che in futuro punta alle urne si troverebbe spaccato. Lo sa bene Forza Italia che si tiene defilata.







