Ecco #DimmiLaVerità del 6 novembre 2025. L'ex ministro Vincenzo Spadafora ci parla del suo movimento Primavera e della situazione nel centrosinistra.
Gabriele Gravina (Imagoeconomica)
Mentre il Pomigliano si ritira dalla serie A femminile lamentando mancati versamenti (e non è l’unico club con questi problemi), l’Italia è in ritardo nella preparazione del torneo continentale del 2032. Che ora la Uefa potrebbe assegnare tutto alla Turchia.
A quasi un mese di distanza dall’assegnazione del campionato Europeo Euro 2032 alla candidatura unica di Italia e Turchia, nei corridoi della Figc inizia già a serpeggiare il timore che la kermesse calcistica alla fine sarà organizzata solo da Istanbul. Il nostro Paese è già in ritardo nell’organizzazione dell’evento e l’Uefa potrebbe decidere di assegnare tutto il pacchetto europei a Recep Tayyip Erdogan. Del resto, non abbiamo stadi pronti, si litiga su chi deve guidare l’organizzazione e persino il calcio femminile professionistico italiano è in crisi: nel fine settimana la squadra del Pomigliano si è ritirata dal campionato attaccando la Figc.
Dopo i mondiali di calcio in Qatar dello scorso anno, la Turchia potrebbe quindi essere il prossimo Paese islamico a ospitare questa volta una manifestazione europea, per di più non facendo neppure parte dell’Unione. D’altra parte, è già iniziata una guerra strisciante tra il ministro dello Sport Andrea Abodi, il presidente della Figc Gabriele Gravina e il numero uno del Coni Giovanni Malagò, su chi sarà il commissario di Euro 2032. Serve un uomo solo al comando, con poteri straordinari, sennò si rischia di perdere altro tempo. In ballo c’è la gestione di almeno un miliardo di euro di investimenti. Anche per questo motivo, al momento, sarebbero almeno tre i candidati per diventare direttore d’orchestra della manifestazione che si svolgerà tra 9 anni. Si parla del solito Michele Uva, già vicepresidente Uefa, unico che in questo momento sta visionando il dossier e quindi capace di dialogare con le istituzioni europee che dovranno valutare il lavoro dell’Italia. Ma nel mondo politico c’è chi propone anche Vito Cozzoli, ex numero uno di Sport e Salute. Oppure, un altro candidato potrebbe essere Gian Paolo Montali, che di recente ha fatto bene come direttore generale del progetto Ryder Cup 2023.
Lo stallo sembra difficilmente superabile al momento. E i ben informati suggeriscono che dovrebbe essere Giorgia Meloni a prendere in mano il fascicolo per sbrogliare definitivamente una matassa che rischia di ingarbugliarsi sempre di più. Per di più non è un periodo così semplice per il nostro calcio. Gravina deve fare i conti in queste settimane con il fallimento del calcio femminile, che dipende dalla Figc. Dopo l’impasse sui diritti televisivi, nel fine settimana il Pomigliano del presidente Raffaele Pipola ha comunicato il ritiro dal campionato di Serie A femminile. È un fallimento su tutta la linea. Che conferma come gli accordi del 2019, tra Gravina e l’ex ministro Vincenzo Spadafora, per il professionismo in rosa furono totalmente fallimentari. In una nota la società campana - caso vuole della città dell’ex vicepremier Luigi Di Maio strenuo sostenitore dell’operazione Gravina-Spadafora («il professionismo femminile accresce la reputazione dell’Italia all’estero» diceva) - spiega invece che la «Divisione Calcio femminile da un lato pretende il rispetto delle tempistiche e delle modalità di versamento, mentre dall’altro non riesce a garantire una programmazione certa sulla gestione dei versamenti da effettuare condizionando la reale programmazione interna della società». Il Pomigliano non sarebbe l’unico in queste condizioni. Di certo non un bel biglietto da visita per l’Italia in vista degli Europei.
Non solo. Il nostro Paese, non ha mai spiccato nella velocità di realizzazione delle infrastrutture. Ne sa qualcosa Beppe Sala a Milano, arrivato con l’acqua alla gola, a ridosso dell’inaugurazione per completare i padiglioni di Expo 2015. Allo stesso modo, anche le Olimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026 non stanno dando un bell’esempio di efficienza italica. C’è un ritardo spaventoso nella realizzazione di diverse strutture che dovranno ospitare le gare, tanto che nelle scorse settimane è stata persino accantonata la realizzazione di una nuova pista da bob. Il Comitato Olimpico Italiano ha escluso definitivamente il rinnovo di quella di Cesana, usata a Torino 2006. Ora verrà usata una pista in Svizzera o Austria. Per Euro 2032 c’è già una scadenza ufficiale. È il 2026, quando l’Uefa sbarcherà in Italia per controllare lo stato di avanzamento dei lavori negli stadi e farà il punto sull’organizzazione. Ma lo stato della situazione si capirà sin dall’inizio del 2024, quando si dovrà ragionare su un dossier Euro 2032 che non è ancora stato presentato. Il nostro Paese, infatti, arriva per la prima volta a un evento senza una vera pianificazione.
Nei mesi scorsi la Figc si era limitata a inviare all’Uefa una lista di potenziali 10 città ospitanti. Peccato che dopo l’assegnazione a due Stati, ora le città saranno 5. E non sono ancora state individuate. A parte Torino con lo Juventus Stadium, nessun’altra città è pronta. Certo, c’è chi sostiene che Milano e Roma potrebbero andare bene. Ma lo stadio Olimpico non va bene. Servono almeno 100 milioni di euro per rimetterlo in sesto secondo le regole Uefa. Che dire poi di San Siro. Non si sa neppure se ci sarà ancora nel 2032, anche perché a Milano Inter e Milan progettano di costruire due nuovi stadi a San Donato e Rozzano. La società rossonera si è dichiarata disponibile a ospitare gli Europei, peccato che l’impianto non ci sia ancora. Gli stadi delle altre città sono datati, alcuni non sono mai stati rinnovati dopo la costruzione alla fine degli anni Ottanta. Firenze non va bene, Cagliari neppure, neanche Udine o Genova. Figuriamoci le altre. Il Comitato organizzatore, una joint venture tra Uefa e Figc, nascerà forse nel 2028. Anche su questo Gravina e Malagò litigano su chi dovrà gestirlo. Di fondo, al momento, in Italia esiste solo un comitato che non ha neppure un valore formale. È noto per aver assunto Filippo, il figlio del ministro degli Esteri Antonio Tajani.
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Vincenzo Spadafora (Ansa)
I dirigenti dei Giochi 2026 godranno di agevolazioni fiscali grazie a un emendamento di Spadafora: infilata nel Milleproroghe la norma che era stata esclusa dalla manovra.
L’avevamo lasciato a novembre, durante la trasmissione Che Tempo che Fa, mentre annunciava di essere omosessuale. L’ex ministro dello Sport Vincenzo Spadafora è un po’ scomparso dai riflettori negli ultimi tempi. I bollettini parlamentari lo hanno segnalato nelle ultime settimane come tra i più attivi nel sabotare la salita del presidente del Consiglio Mario Draghi al Colle. Prima dell’inizio delle votazioni lo aveva anche annunciato pubblicamente: «Se Draghi va al Colle non sarà semplice formare un altro Governo». Ma Spadafora ha comunque continuato a muoversi nei dietro le quinte parlamentari, in particolare in ambito sportivo a difesa dei manager che aveva nominato durante il suo mandato. Accade così che negli scorsi giorni proprio l’ex ministro abbia presentato un emendamento per modificare alcune norme urgenti in materia tributaria contenute nel decreto “mille proroghe” che riguardano gli emolumenti corrisposti alla Fondazione «Milano Cortina 2026», comitato preposto all’organizzazione degli omonimi Giochi olimpici che si terranno il prossimo 2026. La vicenda va avanti da 2 anni. Nel 2020 l’allora Governo (o, verrebbe da dire l’allora ministro) aveva infilato una norma nel decreto olimpico che avrebbe permesso a tutti i manager e dipendenti del Comitato organizzatore di pagare le tasse solo sul 30% del loro stipendio. Un provvedimento a carico dello Stato che avrebbe pesato 50 milioni di euro sulle casse pubbliche. Ne era nata una mezza guerra interna ai grillini, con accuse e contro accuse da una parte e dell’altra. Chiaramente il governo di Giuseppe Conte aveva di fatto messo la polvere sotto il tappeto, anche grazie all’emergenza coronavirus e alla pandemia. Infatti non se ne era più parlato. Ma nemmeno un mese fa il governo Draghi aveva deciso di fermare le esenzioni fiscali. Ma ora ecco che uscite dalla porta, rientrano dalla finestra. Va ricordato che Spadafora ha gestito tutta la candidatura e ha nominato Vincenzo Novari come amministratore delegato della fondazione per le Olimpiadi. Con l’emendamento presentato, l’ex ministro grillino chiede di cancellare i commi oggi inseriti nel decreto legge “mille proroghe” e immediatamente in vigore, per ripristinare i benefici fiscali ai manager di Milano Cortina. La norma attualmente in vigore, inserita ai commi 3 e 4 dell’articolo 14 del decreto, elimina il beneficio: «All’articolo 5, comma 6, del decreto-legge 11 marzo 2020, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 maggio 2020, n. 31, in materia di tassazione dei redditi di lavoro dipendente e assimilati derivanti dagli emolumenti corrisposti dal Comitato Organizzatore dei Giochi «Milano Cortina 2026 », le parole « 31 dicembre 2023» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2021 » e le parole «e, per quello intercorrente tra il 1° gennaio 2024 e il 31 dicembre 2026, limitatamente al 30 per cento del loro ammontare » sono soppresse» è l’articolo che elimina il beneficio inserito nel milleproroghe. Mentre l’emendamento 14.36 a firma dell’ex ministro, che recita semplicemente «Sopprimere i commi 3 e 4» vuole ripristinare in modo sibillino e apparentemente anonimo il beneficio fiscale: non è stato dichiarato inammissibile. In questo modo Novari e i manager di Cortina - Milano 2026, sullo stipendio annuo lordo, potrebbero non pagare le tasse o comunque le pagheranno in modo inferiore rispetto alla regola generale prevista innanzitutto dall’articolo 53 della Costituzione. Nel caso di uno stipendio da 500.000 euro all’anno, in pratica, con l’emendamento Spadafora si dovranno sborsare poco più di 60.000 euro di tasse, mentre senza la tassazione sarebbe di almeno 200.000 euro.
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2021-07-25
Vaccinazione forzata o raffica di tamponi. Il pass è una mazzata per atleti e società
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- Le squadre dovranno pagare i test dei membri e gli abbonamenti crolleranno. Un massacro per un settore da 20 milioni di aderenti.
- Gli sprovvisti di card esclusi da pasti e piscine. Federalberghi: «Arrivano già disdette».
Lo speciale contiene due articoli.
Numeri da niente. Solo cinque milioni di praticanti di ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica, 4,6 milioni di calciatori amatoriali e 4,2 milioni di appassionati degli sport acquatici. Li stiamo esaltando come base per le medaglie olimpiche nei servizi da Tokyo, li stiamo massacrando in quelli della pandemia. E con loro chi consente tutte queste attività: palestre, piscine, società sportive. Ancora una volta in ginocchio, ancora una volta nel mirino del governo: prima con i lockdown di Giuseppe Conte, ora con il Green pass di Mario Draghi. Il decreto è una lapide: «Dal 6 agosto il pass sarà obbligatorio in piscine, palestre, centri benessere e dove si praticano sport di squadra, limitatamente alle attività al chiuso, per i soggetti non esclusi per età dalla campagna vaccinale».
Chi ha più di 12 anni deve avere il certificato o non entra. E la specifica delle «attività all'aperto» è pleonastica perché gli abbonamenti ripartono da settembre e da metà ottobre, ad andare bene, in mezza Italia tutto si svolge al chiuso o non si svolge proprio. Chi verrà colto in flagrante rischia una multa da 400 a 1.000 euro «a carico dell'esercente e dell'utente». È noto che la contraffazione di pass e Qr Code è un gioco da ragazzi sul pianeta web. È l'ennesima mazzata al mondo di mezzo, quello del tempo libero (più scuole di danza), che l'Istat valuta numericamente in 20 milioni di cittadini (esclusi i runner autodidatti) e rappresenta un indotto di 60 miliardi, quasi 4 punti di Pil. Meglio specificarlo perché il premier, nonostante sia un ex maratoneta, coglie al volo solo le cifre.
Il pianeta dello sport amatoriale è un bersaglio fisso da inizio pandemia. Nessun riguardo, solo chiusure preventive questa volta ammantate di prudenza in assenza di riscontri oggettivi. Andava oltre qualche mese fa Xavier Jacobelli, direttore di Tuttosport, in un editoriale sacrosanto dopo la disastrosa esperienza del ministro Vincenzo Spadafora: «Al governo dei competenti ci permettiamo di indirizzare un caloroso auspicio, ci dia un ministro che capisca di sport, che conosca la Carta olimpica e non scambi il presidente del Cio Thomas Bach con Johann Sebastian Bach. Abbiamo già dato».
Non si tratta di tifare o no per il vaccino, ma di fotografare una situazione disastrosa, un obiettivo perdurante dell'esecutivo che fin qui ha elargito ristori minimi a un comparto sull'orlo del fallimento. Lo sottolinea il presidente dell'Asi (Associazioni sportive e sociali italiane), Claudio Barbaro, senatore di Fratelli d'Italia: «È un ulteriore colpo, durissimo, alle centomila strutture sportive. Con la limitazione degli accessi, per palestre e piscine sarà impossibile proseguire. Al di là del prevedibile calo di accessi e abbonamenti, quanti già iscritti alle strutture sportive e non in possesso di Green pass saranno rimborsati dal governo? Gli stessi gestori, vessati da 17 mesi, saranno aiutati o abbandonati? Ci chiediamo come possa l'esecutivo perseverare nel non considerare lo sport un presidio che eroga benessere. Con questa sequela di provvedimenti sono già state allontanate migliaia di persone dalla pratica sportiva».
Nessuna isteria, a dimostrazione della serietà dei gestori, ma grande preoccupazione. Le società dilettantistiche hanno un problema in più: saranno costrette a svenarsi per continuare il valzer del tampone nei confronti di quegli atleti che per motivi loro non si vaccinano. E in mancanza di numeri minimi dovranno rinunciare a un'altra stagione agonistica. Nonostante questo Marco Contardi, presidente di Arisa (l'associazione che tiene insieme le imprese sportive della Confcommercio di Milano), è dialettico: «Se questo è uno strumento per garantire la presenza della gente in palestra, ben venga. Ma è fondamentale non essere obbligati a chiudere in autunno come un anno fa».
La garanzia non esiste. E allora anche lo sport di base è pronto a scendere in piazza, ad alzare la voce invece dei pesi. Anche l'Anif aumenta il volume della radio. L'associazione degli impianti sport e fitness (che rappresenta i 100.000 centri sportivi) presieduta da Giampaolo Duregon ha emesso un comunicato che non lascia spazio alla fantasia: «Di fatto questa è un'altra semichiusura mascherata. Al netto delle decisioni del governo, l'Anif ribadisce la sua ferma opposizione a qualsiasi forma di passaporto vaccinale per entrare nelle palestre e nelle piscine al coperto. Il che equivale a tornare a restrizioni penalizzanti per l'intero settore».
I centri sportivi hanno adottato fin da subito protocolli severissimi con un costo economico elevato. Uso della mascherina, distanziamento, sanificazione continua degli attrezzi e degli ambienti, rilevamento della temperatura all'ingresso, registrazione degli utenti all'interno delle strutture. Scoprire che tutto ciò non basta crea senso di frustrazione e accenni di ribellione. «Quei protocolli hanno trasformato i centri in oasi di salute capaci di tenere lontano contagi e pandemia», prosegue l'Anif. «Imporre il Green pass significa precludere lo sport ai giovani (che sono in maggioranza) e agli adolescenti che per ragioni di età non sono inevitabilmente vaccinati». Mentre lo sport di base rischia il collasso, fare passerella davanti ai campioni d'Europa del pallone o alle medaglie olimpiche è solo ipocrisia.
La beffa per chi alloggia in albergo: ristorante vietato senza certificato
Le regole per l'obbligatorietà del green pass non sono ancora chiare, e uno dei settori in preda all'incertezza è quello delle strutture ricettive. Per alloggiare in albergo, infatti, il governo non ha previsto l'obbligo del certificato vaccinale. Libertà, quindi? Non esattamente, perché si pone un problema molto serio, quello delle restrizioni che restano ancora in piedi, almeno secondo una prima lettura del testo da parte delle associazioni di categoria, per i ristoranti interni agli hotel, così come per bar, palestre, piscine. In sostanza: è vero che una famiglia sprovvista del green pass può tranquillamente prenotare un soggiorno in albergo, ma non potrà fare colazione nella sala interna, pranzare o cenare nei bar e ristoranti interni, usufruire di servizi al chiuso come piscina, palestra, centro benessere e via dicendo. Stesso discorso per una famiglia nella quale i genitori sono vaccinati e in possesso di green pass, ma i figli adolescenti no: in assenza di sale ristorante, piscine e palestre all'aperto, la famigliola per non dividersi dovrà prenotare solo il pernottamento, ma senza nessun altro servizio, per poi organizzarsi in bar e ristoranti all'aperto per colazione, pranzo e cena.
«Premesso che siamo tutti in attesa di chiarimenti», dice alla Verità Antonio Izzo, presidente di Federalberghi Napoli «di fronte a ciò che abbiamo letto, le indicazioni sono queste. Per soggiornare in albergo non è richiesto il green pass, per accedere al bar e stare seduti, al ristorante, in piscina, alla spa o in palestra, al chiuso, bisogna essere muniti del certificato di vaccinazione. Naturalmente», aggiunge Izzo, «gli hotel che sono dotati di un roof, di sale ristoranti, piscine e palestre all'aperto, non hanno problemi, ma non tutte le strutture dispongono dei necessari spazi esterni».
«Le recenti norme del green pass», conferma Giovanni Battaiola, presidente dell'Associazione albergatori ed imprese turistiche della Provincia di Trento, «stanno generando confusione soprattutto perché a stagione in corso e a prenotazioni già effettuate si introducono restrizioni che prevedono anche per gli alloggiati nelle strutture ricettive il controllo del certificato verde in caso di accesso al ristorante interno all'albergo. Anche in Trentino», aggiunge Battaiola, «molte aziende nostre associate segnalano disdette di prenotazioni in quanto non è poco frequente che in una famiglia ci siano persone vaccinate e altre, in particolare i minori sopra i dodici anni, che non lo sono. Questo è spesso motivo di impedimento a confermare la prenotazione e la presenza nella struttura scelta per la vacanza. Federalberghi ha sollevato presso le competenti sedi a livello nazionale un intervento che chiarisca la questione», rimarca Battaiola, «e soprattutto modifichi la norma attuale che appare confusa e contraddittoria tenuto conto che in albergo si accede senza green pass, mentre appunto sarebbe obbligatorio per la fruizione del ristorante interno».
Bernabò Bocca, presidente nazionale di Federalberghi, teme per le prenotazioni già effettuate con la formula della mezza pensione: «Le ultime norme sul green pass», dice Bocca, «hanno generato qualche incertezza che potrebbe ripercuotersi sull'andamento della stagione in corso. A fronte di queste impreviste restrizioni che prevederebbero il controllo della certificazione verde nei ristoranti interni all'hotel anche per gli alloggiati, si teme che vi possano essere cancellazioni. Ricordiamo», aggiunge Bocca, «che gli albergatori hanno già posto in essere con la clientela contratti di mezze pensioni che nessuno vorrebbe assolutamente disattendere».
Secondo uno studio dell'associazione, il giro d'affari complessivo della stagione turistica 2021 in Italia, includendo le spese di viaggio, vitto, alloggio e divertimenti), toccherà i 22,7 miliardi di euro contro i 14,3 miliardi di euro dello scorso anno (+58,7% circa). Di questi, però, solo il 21,4% è destinato ad essere speso per il pernottamento, quindi in sostanza neanche 5 miliardi arriveranno alle imprese ricettive.
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Vincenzo Spadafora (Ansa)
- Oltre 11.000 persone non hanno ricevuto i bonus a causa dei pasticci giallorossi: le promesse di Vincenzo Spadafora sono rimaste lettera morta. Il decreto Sostegno verrà modificato per distribuire i fondi a chi ne ha diritto
- Per il prossimo provvedimento di soccorso dell'economia verranno chiesti 40 miliardi Voto delle Camere il 22 aprile. Al via le consultazioni con i partiti sul Recovery plan
Lo speciale contiene due articoli
Per gli 11.500 collaboratori sportivi rimasti impantanati nel limbo dai vari decreti Ristori voluti dal governo Conte la soluzione è ha portata di mano. E infatti l'inserimento di una norma ad hoc all'interno del decreto legge numero 41/2021, il cosiddetto Sostegno che deve essere convertito in legge dal Parlamento, dovrebbe riuscire a regolarizzare tutti quei soggetti che al momento non sono riusciti a ottenere nemmeno un rimborso, nonostante ne avessero diritto. Il tutto parte da norme poco chiare scritte nel decreto Cura Italia, e poi nei successivi, per cercare di dare dei bonus ai collaboratori sportivi. Il problema è che si partiva da una base non ben definita. Infatti il legislatore non aveva risolto il problema della definizione e dell'inquadramento del lavoro sportivo (riforma dello sport). Così si è tentato di mettere una pezza cercando in qualche modo di individuare una platea di soggetti beneficiari.
I nodi però sono ben presto arrivati al pettine. E infatti con il vari decreti Ristori chi ha una partita Iva o è iscritto alla gestione separata si doveva rivolgere all'Inps, chi è un collaboratore sportivo a Sport e salute. E chi è un collaboratore sportivo titolare di una partita Iva o iscritto alla gestione separata? È da norme complesse, poco chiare e che lasciavano svariate interpretazioni che è iniziato il calvario di questi cittadini. Il tutto ha avuto come conseguenza una platea di 11.500 collaboratori sportivi che non hanno ricevuto nessun bonus o indennità a fondo perduto. E anche con i nuovi stanziamenti decisi con il decreto Sostegno non sono riusciti a rientravi, perché intrappolati nelle maglie dell'Inps. Per sbloccare il tutto l'Istituto dovrebbe sanare queste situazioni, ma il tempo è finito dato che il termine per ottenere gli aiuti scade oggi. Da qui la richiesta di intervenire direttamente nel decreto legge numero 41/2021 per regolarizzare questi 11.500 collaboratori sportivi e permettere loro di ottenere i ristori dovuti, anche se non si conoscono ancora i dettagli della norma.
Questa è però una pezza dell'ultimo momento a una situazione che, se presa per tempo, si sarebbe potuta risolvere senza creare disagi a una categoria già molto colpita dalla pandemia. Eppure l'ex ministro giallorosso dello Sport, Vincenzo Spadafora, diverse volte ha speso parole rassicuranti sul mondo dello sport e sull'operato del Conte bis, senza però a risolvere un problema che stava crescendo sempre di più. Era infatti già da tempo che i collaboratori sportivi denunciavano una situazione di disagio, eppure non si è fatto niente, quando nella realtà si sarebbe potuto agire in sede parlamentare per cercare di prevenire o almeno risolvere la questione. Dunque, adesso i collaboratori sportivi sono appesi al filo di una norma all'interno di un decreto legge per ottenere quanto gli spetta e non sono riusciti ad avere a causa di norme poco chiare e di dubbia interpretazione.
La situazione del mondo dello sport è finalmente arrivata alle orecchie della politica, tanto che nel prossimo decreto Sostegno bis allo studio da parte del governo (oggi Mario Draghi inizierà un giro di consultazione in merito ai temi con i vari partiti politici), «sono al vaglio da parte del Partito democratico, il Movimento 5 stelle, Lega e Fratelli d'Italia, alcune proposte di sostegno per il mondo dello sport», si legge in una nota del Pd. Nell'incontro tra le varie forze politiche è infatti emerso come il decreto Sostegno non risulti essere soddisfacente per il sistema sportivo italiano nelle sue varie articolazioni. Occorre dare delle risposte puntuali ai bisogni delle diverse attività, come gli impianti pubblici in gestione quali piscine e palestre, i centri fitness, le oltre 120.000 Asd e Ssd iscritte al registro Coni, le società sportive professionistiche di vertice e non nelle varie discipline. Per queste ragioni, continua il comunicato, in previsione del prossimo decreto, i partecipanti all'incontro chiederanno al governo di mettere a disposizione del sistema sportivo italiano 1 miliardo di euro attraverso azioni concrete da condividere nelle prossime ore con il sottosegretario Valentina Vezzali e le altre forze parlamentari che ieri sera non sono riuscite a partecipare alla riunione.
«Nel corso dell'incontro», aggiunge il comunicato del Pd, «sono state avanzate alcune possibili proposte quali i contributi a sostegno dei costi fissi e delle spese sostenute per svolgere l'attività sportiva in sicurezza, il credito d'imposta per le sponsorizzazioni a reintegro degli affitti e dei canoni di gestione, i voucher a sostegno delle famiglie per l'attività sportiva, l'accesso al credito con garanzia dello Stato e i bonus per i lavoratori sportivi. Una risposta unitaria per un settore come quello dello sport che non ha colore politico, che ha bisogno di un aiuto concreto per ripartire e continuare a svolgere il suo importantissimo ruolo educativo e sociale all'interno delle nostre comunità». E dunque una posizione unitaria per cercare di sostenere il mondo dello sport, uno dei più colpiti da questa pandemia economica.
Oggi il Def e il nuovo scostamento
Sarà di circa 40 miliardi lo scostamento di bilancio da cui arriveranno le risorse per il decreto Sostegno bis e per una prima piccola tranche destinata a finanziare il fondo ad hoc per i progetti «paralleli» al Recovery plan. Questo, secondo quanto riferito da fonti di governo, è quanto ha spiegato ai ministri il titolare dell'Economia, Daniele Franco, durante la riunione del Consiglio dei ministri che si è tenuta ieri e nella quale, in merito, non è stata presa nessuna decisione ufficiale.
Più probabilmente l'approvazione dello scostamento di bilancio avverrà oggi con la presentazione del Documento di economia e finanza. L'obiettivo del governo è quello di approvare tutto insieme per avere un quadro più completo della situazione. A ogni modo, fino all'approvazione definitiva dello scostamento, le cifre potrebbero ancora cambiare.
Lo «scostamento di ulteriori 40 miliardi è fondamentale per lenire le sofferenze di migliaia di piccole e medie imprese, con ulteriori interventi a sostegno dell'economia reale, e per garantire la tenuta sociale del Paese», ha aggiunto ieri in una nota il ministro dell'Agricoltura, Stefano Patuanelli.
Dello stesso avviso su Twitter il segretario del Pd, Enrico Letta. «Il governo Draghi annuncia uno scostamento di 40 miliardi per interventi su imprese, lavoro, professioni. Scelta importante che verrà incontro alle tante categorie economiche che chiudendo hanno garantito la salute di tutti. Passo decisivo in vista delle prossime riaperture», ha detto. Ieri, uscendo da Palazzo Chigi, anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, ha fatto sapere che il Consiglio dei ministri sullo scostamento e il Def dovrebbero tenersi oggi.
Intanto, da oggi il premier Mario Draghi avvierà un giro di consultazioni con i partiti, per discutere dei contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza che entro il 30 aprile dovrà essere inviato a Bruxelles e del nuovo decreto Sostegno, il cosiddetto dl Imprese. Il giro di colloqui si concluderà lunedì e comprenderà anche le forze all'opposizione.
La scansione delle convocazioni dovrebbe essere la seguente: Lega e Movimento 5 stelle oggi, Partito democratico e Forza Italia domani, lunedì Liberi e uguali, Italia viva e Fratelli d'Italia.
Nella nota di Palazzo Chigi seguita al cdm di ieri durato poco meno di due ore si legge che Franco «ha illustrato il quadro macroeconomico e le grandezze di finanza pubblica in prospettiva della presentazione, nel prossimo Consiglio dei ministri, del Documento di economia e finanza (Def) 2021».
Dopo che le Camere il 22 aprile avranno dato l'ok alla richiesta di scostamento, il governo si dedicherà dunque a chiudere il testo del decreto che, al momento, prevede, tra l'altro, un pacchetto fiscale con un nuovo rinvio di scadenze e soprattutto i ristori a fondo perduto per due mensilità per le imprese: una dote di circa 20 miliardi con interventi anche sui costi fissi (come affitti, Imu e Tosap) per attività che sono costrette a tenere le saracinesche abbassate.
«Una parte sarà un indennizzo a fondo perduto, una parte legata ai costi aziendali. Ci sarà una doppia visione di come devono essere ristorati e indennizzati i commercianti e le partite Iva», ha affermato il sottosegretario all'Economia, Claudio Durigon, ai microfoni di Radio anch'io.
Parte dello scostamento, circa 5 miliardi, andrà ad alimentare il fondo pluriennale per un totale di 30 miliardi che serviranno a coprire le risorse per i progetti che superano i 191,6 miliardi delle risorse del Recovery con un orizzonte che va oltre il 2026.
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