L’inchiesta su Gabriele Gravina, già presidente della Lega Pro, è stata trasmessa a Roma direttamente dal procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. Un’azione che certifica che l’indagine esplorativa del Gruppo Sos della Direzione nazionale antimafia, all’epoca guidata dal luogotenente della Guardia di finanza Pasquale Striano, finito sotto inchiesta a Perugia insieme all’ex pm Antonio Laudati (nel frattempo andato in pensione), non era un’attività di dossieraggio. Tant’è che la Procura di Roma ha subito aperto un fascicolo che ha prodotto una recente richiesta di sequestro preventivo da 140.000 euro che ha diviso i giudici. Il gip, infatti, non l’ha accolta e la Procura ha fatto ricorso al Riesame. Proprio al Riesame è stato depositato un approfondimento delegato dal pm di Piazzale Clodio Maria Sabina Calabretta al Nucleo di Polizia valutaria della Guardia di finanza che si è concentrato «sulle modalità con le quali Gravina avrebbe più volte simulato la vendita di una collezione di libri antichi di sua proprietà facendo ricorso a contratti d’opzione a titolo oneroso, per giustificare formalmente la retrocessione di parte delle somme pagate annualmente dalla Lega Pro in favore della Igs Ltd». Ricostruzione che conferma le scoperte della Verità. E che smonta l’ipotesi del complotto ventilata da Gravina. Il contratto al centro dell’attività investigativa è stato firmato il 16 ottobre 2018, coincidenza, un giorno prima delle dimissioni di Gravina. E ci sarebbero delle «somme», secondo la Guardia di finanza, che «sarebbero retrocesse a Gravina quale utilità garantita a fronte del patto corruttivo». Si tratta di un accordo quinquennale (scadenza al 30 giugno 2023) per un corrispettivo di 250.000 euro per ogni stagione sportiva, ovvero 1.250.000 euro per le cinque stagioni. E i riscontri, proprio come aveva svelato la Verità, gli investigatori li avrebbero cercati nel carteggio tra la vicesegretaria della Lega Pro Chiara Faggi e Caterina Cameli della Isg (nominativo che compare tra quelli ricercati da Striano nelle banche dati). La Isg, secondo la ricostruzione dei finanzieri, avrebbe «corrisposto a Gravina le somme promesse attraverso un contratto di consulenza con una società londinese, la Ginko, che aveva opzionato una collezione di libri storici posseduti da Gravina e valutati 1 milione di euro». I libri, ha riferito Emanuele Floridi, uno degli uomini all’epoca più vicini a Gravina, sarebbero rimasti nello studio di Gravina, che però avrebbe «incamerato il prezzo dell’opzione di acquisto». Ovvero, «almeno 415.000 euro», stando al teste. Che fornì a Striano anche un pizzino con lo schema dell’accordo. E con gli importi «che», secondo gli investigatori, «si riferirebbero alla quota parte annualmente destinata a coprire i costi della Isg sicché, per differenza, il primo anno a Gravina sarebbero andati 250 meno 40, quindi 210.000 euro, il secondo anno 140 meno 20, quindi 120.000 euro e il terzo anno 95 meno 10, quindi 85.000 euro». Dalle indagini bancarie sono emersi cinque bonifici della Mizar per 200.847 euro complessivi su un conto di Gravina. Una cifra (ma potrebbe essere una coincidenza) molto simile a quella indicata nel pizzino. Tutti versati nel 2019. E due bonifici su un secondo conto, da una seconda società, la Wallector, per complessivi 120.000 euro. Sempre nel 2019. Attorno alle trattative che hanno portato al contratto, però, ruotano molti «non ricordo». Lo stesso presidente della Federcalcio, sentito come persona informata dei fatti il 21 novembre del 2023 negli uffici della Figc (dopo che era già stato ascoltato un mese prima a Perugia) si era limitato a consegnare tre documenti, uno sui suoi rapporti con la Mixar, uno su Marco Bogarelli e un altro con i messaggi WhatsApp scambiati con Floridi. La stessa Faggi nel dicembre del 2022 aveva detto ai pm di Roma che non ricordava «molto bene questa fase di trattative», precisando anche di non ricordare «di aver partecipato agli incontri in cui si pattuivano i dettagli del contratto». Più o meno lo stesso aveva riferito Cameli il 3 gennaio del 2023. Responsabile di tutte le operations di Isg Europe, anche lei aveva confermato di ricordarsi del contratto, anche se non aveva partecipato «alla stipula effettiva». Ma soprattutto, a precisa domanda sulle modifiche che erano intervenute nel corso degli anni, la Cameli non aveva saputo spiegare chi aveva deciso di rimodulare il compenso: «Non saprei indicare chi ha deciso tale rimodulazione. Da quello che posso ricordare sarebbe avvenuta di comune accordo tra le parti». A conoscere la vicenda Isg è poi Gianni Prandi di Assist Group (consulente Figc) che, ascoltato a Roma il 27 marzo 2024, racconta sia dei problemi giudiziari che aveva avuto Bogarelli («è stato coinvolto nell’indagine Infront e ha avuto seri problemi giudiziari […] per spirito di gentilezza gli ho proposto di lavorare con noi partecipando a un progetto nel 2017»), ma anche come nel 2019, «quando Isg, che era negli uffici limitrofi di Bogarelli, attraverso Giuseppe Ciocchetti, impara che noi a Londra stavamo sviluppando una nuova tecnologia […] che Ginko (di cui Prandi è azionista unico ndr) aveva, al nuovo mondo digitale». Spicca poi un dettaglio nel racconto di Prandi. Durante l’incontro con Gravina il punto principale, a proposito della Federazione, sarebbe stato questo: «Non è una struttura che deve vincere i mondiali, ma un hub aggregatore di valore... la federazione non sono risultati sportivi ma sono i para-olimpici, i ragazzi che giocano nelle borgate, l’integrazione […]». Un programma preso alla lettera dalla nostra nazionale, che da ormai dieci anni non partecipa ai Mondiali di calcio.
Tanto tuonò che piovve. Alla fine, come anticipato ieri dalla Verità, Germana Panzironi è il nuovo presidente del Covisoc, la commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche. Nel corso del consiglio federale di ieri, infatti, la Figc presieduta da Gabriele Gravina l’ha nominata all’unanimità con i voti di quasi tutti i componenti. Ne mancava uno, il più critico della gestione Gravina, ovvero Claudio Lotito. Il presidente della Lazio, era impegnato in Senato per la fiducia al governo di Giorgia Meloni. Caso vuole che la votazione per la Panzironi sia entrata nel vivo proprio nel momento in cui Lotito ha dovuto intervenire a Palazzo Madama, ovvero quando si è un attimo scollegato. Gravina, quindi, porta a casa un risultato importante tra le polemiche di diversi club di serie A e B che hanno avuto a che fare con la Panzironi in passato, in particolare quando era giudice sportivo. Esce poi dal Covisoc il segretario Giuseppe Casamassima, mentre al suo posto arriva Roberto Fanelli, ex Guardia di finanza, per rimarcare anche gli ottimi rapporti di Gravina proprio con le fiamme gialle. Gli altri componenti della commissione sono Angelo Fanizza, Franco Galluzzo, Giuseppe Marini e Salvatore Mezzacapo. Sono tutti magistrati, alcuni già in forza nei tribunali regionali, di sicuro non esperti di contabilità.
Panzironi è l’attuale presidente del Tar Abruzzo (già in servizio durante la sua lunga carriera nei Tar Liguria, Campania, Lazio, Emilia-Romagna e Puglia) ma in passato è stata anche capo di gabinetto di importanti ministeri. Come già anticipato dal nostro giornale, l’incarico a presidente della Covisoc di un magistrato amministrativo, rischia di compromettere l’imparzialità della commissione che valuta il processo di ammissione delle società di calcio ai campionati. I ricorsi contro i provvedimenti, infatti, finiscono proprio al Tar. Del resto, l’ex presidente della commissione, Paolo Boccardelli, era considerato troppo indipendente e autonomo rispetto a una giustizia sportiva che vede al comando solo fedelissimi di Gravina, dal procuratore capo Giuseppe Chinè fino all’avvocato Giancarlo Viglione, vero e proprio uomo ombra del presidente. Il punto ora sarà tenere a bada le squadre di calcio che sono già sul piede di guerra. La nomina della Panzironi, infatti, oltre a presentare potenziali conflitti di interesse (è presidente del Tar dell’Abruzzo dove potrebbero arrivare anche ricorsi contro i provvedimenti del Covisoc), sancisce di nuovo lo sbilanciamento dei poteri interni al consiglio federale Figc, dove le squadre di A e B vantano meno voti rispetto a quelle dilettanti e persino all’associazione calciatori. La situazione altro non è che il risultato delle scelte organizzative post Calciopoli nel 2006, un sistema che in questi anni ha spesso penalizzato le serie calcistiche italiane più importanti, che non a caso sono quelle che valgono meno in Europa rispetto agli altri campionati. Le due leghe italiane non hanno neppure potere di veto e si ritrovano così in balia di decisioni che arrivano spesso dal basso. Per questo motivo, il caso Panzironi potrebbe aprire una breccia e convincere le società calcistiche a proporre un ente terzo, al posto della Covisoc, per valutare i bilanci dei club. Come noto la Covisoc è stata quella che aveva segnalato le plusvalenze della Juventus per poi informare la Procura federale di Chinè. La vicinanza di Panzironi a Viglione, poi, sta creando malumori tra le squadre, come nella Lega calcio stessa. Non a caso, c’è già chi sta pensando di proporre una riforma come quella avvenuta in Spagna nel 2012, con la creazione di una commissione finanziaria terza, che faccia da filtro e che controlli i budget a priori. Al momento è solo un’ipotesi, ma permetterebbe ai club di sganciarsi dalla morsa della Figc. E soprattutto di avere degli esperti contabili a valutare i bilanci, non solo dei magistrati amministrativisti.
Il sistema era stato introdotto appunto 10 anni fa in Spagna, dopo che il governo e i club di primera e segunda division si erano accordati per ridurre il debito delle società di calcio professionistiche verso il Fisco. Dopo la crisi economica le cifre erano diventate insostenibili. Certo, la Liga aveva provato a introdurre già nel 2010 il controllo economico Uefa ma avveniva a posteriori, mentre invece serviva un’analisi prima ancora dell’iscrizione ai campionati di calcio. Il Barcellona, tra i club più indebitati del mondo, ne è un esempio, dal momento che se non dovesse funzionare il piano di rientro economico nei prossimi anni rischierebbe il fallimento. Il meccanismo spagnolo prevede che prima dell’inizio della stagione, tra aprile e maggio, ogni club si impegni a discutere con la Liga le previsioni della stagione successiva. In pratica le squadre presentano una previsione di costi e ricavi. Dopo 10 anni, a parte i casi di Real Madrid e Barca, la situazione sembra funzionare. E anzi, Javier Tebas, presidente della Liga, sta portando avanti da diverso tempo una battaglia contro Manchester City e Psg che non rispettano il fair play finanziario, anche perché grazie alle loro proprietà straniere, Qatar e Emirati Arabi, non si preoccupano dei soldi persi.
Il presidente della Figc, Gabriele Gravina, continua nella sua meticolosa e laboriosa strategia di occupazione delle istituzioni nel mondo del calcio. Dopo la nomina alla fine del 2019 dell’ex capo di gabinetto del ministero dell’Economia del governo Draghi alla Procura federale (Gabriele Chinè) e dopo l’assunzione del figlio di Antonio Tajani (Filippo) nel comitato per Euro 2032, ora è arrivato il momento della Covisoc, la Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche.
È un organo di cui si sente spesso parlare quando ci sono di mezzo alcune irregolarità nei bilanci delle società di calcio che devono iscriversi ai campionati. Ha, quindi, un potere enorme. È proprio la Covisoc a decidere e, nel caso, a presentare denuncia alla Procura federale (cioè proprio a Chinè) contro gli amministratori e i presidenti delle società di calcio. Oggi in Consiglio federale, a meno di sorprese, dovrebbe essere nominato il nuovo presidente, ovvero Germana Panzironi, che prenderà il posto di Paolo Boccardelli.
La decisione sta facendo storcere il naso a diverse squadre di Serie A e B che non hanno mai sindacato su Boccardelli, ritenuto sempre autonomo e indipendente, mentre hanno avuto a che fare spesso con Panzironi, giudice amministrativo, presidente del Tar dell’Aquila e anche giudice sportivo: fu lei, lo scorso anno, a squalificare l’allora presidente della Ternana, Stefano Bandecchi dopo una partita con il Frosinone e a sanzionarlo con 5.000 euro di multa.
In questi anni ha comminato multe a diversi club di calcio (ha lasciato l’incarico questa estate) e anche per questo non è molto amata. Ma nel 2018 fece di più. Il nome della Panzironi rimbalzò nelle cronache sportive per un’altra decisione senza precedenti che colpì la squadra umbra. Con un decreto firmato proprio da lei, Il Tar bocciò sé stesso, a una manciata di giorni di distanza, nella vicenda legata ai ripescaggi di Ternana, Entella e Pro Vercelli accogliendo così le istanze di revoca avanzate da Figc e Serie B. Proprio allora emerse anche un presunto conflitto di interesse che l’ex direttore generale della Figc, Antonello Valentini, rese pubblico con un tweet, dove si sosteneva che Germana Panzironi fosse cugina di Valeria Panzironi, all’epoca capo ufficio legale del Coni e oggi in Sport e salute.
Germana Panzironi è già componente della Covisoc, da appena 10 mesi. Soprattutto, è considerata molto vicina a Giancarlo Viglione (i due partecipano spesso insieme a diversi convegni), l’avvocato amministrativista di Gravina, vero deus ex machina della giustizia sportiva nel palazzo di via Allegri a Roma. Da tempo difensore della Figc, poi coordinatore degli organi di giustizia sportiva, Viglione è da gennaio responsabile delle relazioni istituzionali e del legislativo della Federazione.
In pratica, sostengono i sempre ben informati addetti ai lavori, Gravina sta mettendole mani su un organo fino ad ora rimasto fuori dalla sua sfera di influenza, un organo come quello della giustizia sportiva che dovrebbe rimanere autonomo ed esterno alle dinamiche politiche della Figc. Basta ripercorrere quanto accaduto sul caso plusvalenze in alcune società di calcio, un fenomeno emerso grazie al lavoro della Covisoc che ha poi collaborato con la Consob e le autorità che stavano lavorando sul caso. Non solo.
La nomina della Panzironi rappresenterebbe, per alcuni club, una forzatura. L’incarico a presidente della Covisoc di un magistrato amministrativo e in particolare di un magistrato con il ruolo di presidente di un Tar, evidenzia alcune peculiarità. In particolare, come detto, la Covisoc annovera tra le sue competenze il fondamentale processo di ammissione delle società di calcio ai campionati professionistici. In tali processi la Covisoc delibera l’ammissione o l’esclusione di un club.
Per i provvedimenti di esclusione di norma vengono proposti ricorsi in Appello prima nelle sedi interne alla giustizia sportiva e successivamente in quella amministrativa dello Stato, quindi proprio al Tar e al Consiglio di Stato. In pratica, i provvedimenti della Covisoc - che dovrebbero contraddistinguersi per un profilo meramente tecnico dal punto di vista economico e finanziario -, rischiano al contrario di essere proposti da una commissione che denota già un profilo giuridico-amministrativo che potrebbe compromettere l’imparzialità che dovrebbe invece contraddistinguerla.
Al contempo ci sono anche da considerare i profili di opportunità e di rischio di eventuali conflitti di interesse. Gravina non ha mai avuto particolare influenza sulla Covisoc, che dal giugno del 2020 è presieduta da un professore come Boccardelli che vanta un lungo curriculum accademico. È ordinario di Economia e gestione delle imprese e strategie d’impresa alla Luiss di Roma, nonché consigliere d’amministrazione di Telecom Italia e, in passato, lo è stato anche di Ubi Banca. Il suo nome è apparso sulle cronache sportive nell’ottobre del 2021. Considerato un indipendente, fu lui a segnalare a Chinè i rilievi della Consob dopo le inchieste su Juventus, Napoli, Sampdoria e Genoa. Il suo mandato è scaduto in ottobre, dopo 4 anni.
Così la Figc ha pubblicato lo scorso 27 ottobre un bando, con scadenza il 4 novembre (cioè appena 10 giorni dopo), per arruolare il sostituto. I candidati devono essere almeno «docenti universitari di ruolo in materie giuridiche ed economico-aziendali, anche a riposo; magistrati di qualsiasi giurisdizione [...]; dottori commercialisti, avvocati, notai, avvocati dello Stato [...]». Secondo questi requisiti, Panzironi, alla fine, dovrebbe spuntarla senza particolari problemi.
A quasi un mese di distanza dall’assegnazione del campionato Europeo Euro 2032 alla candidatura unica di Italia e Turchia, nei corridoi della Figc inizia già a serpeggiare il timore che la kermesse calcistica alla fine sarà organizzata solo da Istanbul. Il nostro Paese è già in ritardo nell’organizzazione dell’evento e l’Uefa potrebbe decidere di assegnare tutto il pacchetto europei a Recep Tayyip Erdogan. Del resto, non abbiamo stadi pronti, si litiga su chi deve guidare l’organizzazione e persino il calcio femminile professionistico italiano è in crisi: nel fine settimana la squadra del Pomigliano si è ritirata dal campionato attaccando la Figc.
Dopo i mondiali di calcio in Qatar dello scorso anno, la Turchia potrebbe quindi essere il prossimo Paese islamico a ospitare questa volta una manifestazione europea, per di più non facendo neppure parte dell’Unione. D’altra parte, è già iniziata una guerra strisciante tra il ministro dello Sport Andrea Abodi, il presidente della Figc Gabriele Gravina e il numero uno del Coni Giovanni Malagò, su chi sarà il commissario di Euro 2032. Serve un uomo solo al comando, con poteri straordinari, sennò si rischia di perdere altro tempo. In ballo c’è la gestione di almeno un miliardo di euro di investimenti. Anche per questo motivo, al momento, sarebbero almeno tre i candidati per diventare direttore d’orchestra della manifestazione che si svolgerà tra 9 anni. Si parla del solito Michele Uva, già vicepresidente Uefa, unico che in questo momento sta visionando il dossier e quindi capace di dialogare con le istituzioni europee che dovranno valutare il lavoro dell’Italia. Ma nel mondo politico c’è chi propone anche Vito Cozzoli, ex numero uno di Sport e Salute. Oppure, un altro candidato potrebbe essere Gian Paolo Montali, che di recente ha fatto bene come direttore generale del progetto Ryder Cup 2023.
Lo stallo sembra difficilmente superabile al momento. E i ben informati suggeriscono che dovrebbe essere Giorgia Meloni a prendere in mano il fascicolo per sbrogliare definitivamente una matassa che rischia di ingarbugliarsi sempre di più. Per di più non è un periodo così semplice per il nostro calcio. Gravina deve fare i conti in queste settimane con il fallimento del calcio femminile, che dipende dalla Figc. Dopo l’impasse sui diritti televisivi, nel fine settimana il Pomigliano del presidente Raffaele Pipola ha comunicato il ritiro dal campionato di Serie A femminile. È un fallimento su tutta la linea. Che conferma come gli accordi del 2019, tra Gravina e l’ex ministro Vincenzo Spadafora, per il professionismo in rosa furono totalmente fallimentari. In una nota la società campana - caso vuole della città dell’ex vicepremier Luigi Di Maio strenuo sostenitore dell’operazione Gravina-Spadafora («il professionismo femminile accresce la reputazione dell’Italia all’estero» diceva) - spiega invece che la «Divisione Calcio femminile da un lato pretende il rispetto delle tempistiche e delle modalità di versamento, mentre dall’altro non riesce a garantire una programmazione certa sulla gestione dei versamenti da effettuare condizionando la reale programmazione interna della società». Il Pomigliano non sarebbe l’unico in queste condizioni. Di certo non un bel biglietto da visita per l’Italia in vista degli Europei.
Non solo. Il nostro Paese, non ha mai spiccato nella velocità di realizzazione delle infrastrutture. Ne sa qualcosa Beppe Sala a Milano, arrivato con l’acqua alla gola, a ridosso dell’inaugurazione per completare i padiglioni di Expo 2015. Allo stesso modo, anche le Olimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026 non stanno dando un bell’esempio di efficienza italica. C’è un ritardo spaventoso nella realizzazione di diverse strutture che dovranno ospitare le gare, tanto che nelle scorse settimane è stata persino accantonata la realizzazione di una nuova pista da bob. Il Comitato Olimpico Italiano ha escluso definitivamente il rinnovo di quella di Cesana, usata a Torino 2006. Ora verrà usata una pista in Svizzera o Austria. Per Euro 2032 c’è già una scadenza ufficiale. È il 2026, quando l’Uefa sbarcherà in Italia per controllare lo stato di avanzamento dei lavori negli stadi e farà il punto sull’organizzazione. Ma lo stato della situazione si capirà sin dall’inizio del 2024, quando si dovrà ragionare su un dossier Euro 2032 che non è ancora stato presentato. Il nostro Paese, infatti, arriva per la prima volta a un evento senza una vera pianificazione.
Nei mesi scorsi la Figc si era limitata a inviare all’Uefa una lista di potenziali 10 città ospitanti. Peccato che dopo l’assegnazione a due Stati, ora le città saranno 5. E non sono ancora state individuate. A parte Torino con lo Juventus Stadium, nessun’altra città è pronta. Certo, c’è chi sostiene che Milano e Roma potrebbero andare bene. Ma lo stadio Olimpico non va bene. Servono almeno 100 milioni di euro per rimetterlo in sesto secondo le regole Uefa. Che dire poi di San Siro. Non si sa neppure se ci sarà ancora nel 2032, anche perché a Milano Inter e Milan progettano di costruire due nuovi stadi a San Donato e Rozzano. La società rossonera si è dichiarata disponibile a ospitare gli Europei, peccato che l’impianto non ci sia ancora. Gli stadi delle altre città sono datati, alcuni non sono mai stati rinnovati dopo la costruzione alla fine degli anni Ottanta. Firenze non va bene, Cagliari neppure, neanche Udine o Genova. Figuriamoci le altre. Il Comitato organizzatore, una joint venture tra Uefa e Figc, nascerà forse nel 2028. Anche su questo Gravina e Malagò litigano su chi dovrà gestirlo. Di fondo, al momento, in Italia esiste solo un comitato che non ha neppure un valore formale. È noto per aver assunto Filippo, il figlio del ministro degli Esteri Antonio Tajani.






