La battuta definitiva sull’uovo di Pasqua è in un meme che circola in questo periodo sui social network, ritrae una tavoletta di cioccolato e recita: «L’uovo di Pasqua del terrapiattista». Comicità a parte, l’uovo di Pasqua, prima un vero uovo, oggi un uovo di cioccolato con dono all’interno, è un’istituzione del cibo festivo italiano, non meno di colomba e panettone. Festivo e, non da oggi ma ancora oggi, cristiano. Intendiamoci, la potente simbologia dell’uovo come contenitore di vita non nasce con la cristianità. L’uovo, simbolo cosmogonico nell’India, Africa, America ed Europa antiche indagato anche da Mircea Eliade, diventò poi rappresentante della rinascita della natura in primavera. Con questo significato si donavano le uova di gallina a fine inverno già in epoca pre cristiana. Poi, la cristianità adattò la simbologia a significare anche la rinascita, o meglio la Resurrezione, di Gesù. In Mesopotania i primi cristiani, scrive Wilson D. Wallis in Culture and progress, coloravano con erbe le uova di rosso in ricordo del sangue versato da Gesù sulla croce. Ancora nel Medioevo, per la festa della Resurrezione ossia la Pasqua si donavano uova di gallina, magari decorate, che con il tempo, gli influssi culturali che vedremo, il consumismo, la civiltà dell’abbondanza, la rivisitazione di usanze e ricette e la laicizzazione di festività in precedenza religiose o la semplice evoluzione di tradizioni storiche sono diventate di cioccolato. E quello che, accanto ai cristiani che festeggiano la Resurrezione, altri celebrano oggi non è la rinascita di Gesù, ma solo quella primaverile: l’uovo non rappresenta la perpetuazione divina della vita di Gesù ma il guscio di un regalo. Oltre che la lavagna ideale per la brandizzazione. Brandizzazione che avviene a due livelli. Il primo trasforma l’uovo di Pasqua in uovo di Pasqua di, per esempio, Ernst Knam. Che il sommo pasticcere tedesco-milanese firmi il suo uovo è comprensibile ed è bello scoprire, ogni anno, la sua nuova collezione pasquale. Collezione pasquale? Sì, anche chef e pasticceri ideano e propongono novità in virtù delle stagioni e di vari altri appuntamenti, non solo gli stilisti. Il secondo livello è quello della brandizzazione da parte di outsider del food professionale, fenomeno di sfruttamento commerciale di un nome famoso per altri motivi. C’è poi l’uovo fatto d’altro, come l’uovo di Pasqua che in realtà è un caciocavallo pieno e con una soppressata del Vallo di Diana all’interno, nascosta nel cacio come facevano gli emigranti meridionali del Novecento per portare gli insaccati all’estero. Si chiama Uovo di Cacio Emigrante e lo fa il Caseificio S. Antonio di Sala Consilina. C’è anche il Cacio Uovo Di Santo, un caciocavallo a forma di uovo di Pasqua e come tale incartato ideato nel 2012 dal caseificio Di Santo di Cesa. Elaborare una materia atipica, alimentare o meno che sia, cioè non usare uova vere e nemmeno uova di cioccolato può sembrare un’idea tutta odierna, ma in realtà già nel Medioevo (oltre a decorare con fiori e foglie uova vere) i nobili si scambiavano uova artificiali rivestite di platino, oro e argento. Usanza magnificata dall’orafo Peter Carl Fabergé che nel 1885 fu incaricato dallo zar Alessandro III di Russia di creare per la Pasqua un uovo gioiello per la zarina Maria Fëdorovna. Egli ideò un uovo di platino smaltato di bianco contenente un tuorlo d’oro che a sua volta conteneva due regali, una piccola corona imperiale con rubino a forma d’uovo e una gallinella d’oro. L’uovo di Fabergé divenne leggendario, da allora ne sono state creati tanti altri, tutti meravigliosi, e sulla scia di questa leggendarietà si è diffusa - gli influssi culturali di cui sopra - la tradizione del dono all’interno dell’uovo di cioccolato. L’impatto sul pesoforma dell’uovo di Pasqua di cioccolato non è eccessivo, poiché lo mangiamo solo a Pasqua. Inoltre, lo spessore del cioccolato modellato a uovo è circa 1/4 di quello di una tavoletta.
Un uovo può pesare tra i 150 e i 300 g e le sue calorie dipendono dal cioccolato col quale è fatto. Cioccolato extrafondente, fondente, al latte, bianco: sono questi i gusti classici (anche se si sta diffondendo la moda di rivestire l’interno o l’esterno del cioccolato di semi oleosi o frutta secca).
È importante non esagerare e mangiarne un tocchetto, da 20 a 40 g, dose ideale di cioccolato in generale. Un tocchetto di cioccolato è il classico quadrato in cui sono divise le tavolette. Il cioccolato fondente, con percentuale di cacao tra 43 e 69%, ha 546 cal ogni 100 g. Il cioccolato extrafondente, cacao dal 70%, ha 550 calorie, il cioccolato al latte 535 e il cioccolato bianco 539. Consumare 42 grammi di cioccolato con 81% di cacao cioè extra fondente al giorno, abbinati ad una buona dieta dimagrante, fa perdere il 10% in più di peso rispetto alla diminuzione ponderale legata soltanto ad un regime ipocalorico. Ciò dipende da un antiossidante che brucia i grassi e migliora la massa muscolare, cioè il flavonolo epicatechina. L’esercizio aerobico aumenta il numero di mitocondri nelle cellule dei muscoli e l’epicatechina del cacao fa la stessa cosa. L’ideale, comunque, resta coniugare il consumo di (poco) cioccolato a una dieta a basso impatto calorico e/o l’esercizio sportivo. Se aggiungiamo cioccolato, magari in grandi quantità, a una dieta che ci fa ingrassare, ovviamente non potremo perdere peso… Però, nei giorni di Pasqua, che nella specificità cristiana sanciscono anche la fine della Quaresima, non è il caso di stare a pesare l’alimentazione con la bilancia. Il cioccolato, sempre un po’, fa bene anche per altri motivi: ha effetto antidepressivo, perché aumenta la produzione di endorfine e serotonina, ha effetto antietà perché i suoi flavonoidi e antiossidanti migliorano la compattezza della pelle, contrastano i radicali liberi e l’invecchiamento cellulare, fa bene al cuore. Insomma, buona Pasqua e… Buon uovo di Pasqua!
La Quaresima sta per finire e oggi dobbiamo dedicarci ai dolci di Pasqua perché la celebrazione imminente della festa delle feste, la Resurrezione, lo richiede. In realtà nel Centro Italia la festa comincia a colazione, ma non con i biscotti. La colazione di Pasqua è fatta con la pizza di formaggio (che è molto simile al dolce che stiamo per proporre) salame, uova bollite, se si sale in Liguria ecco la Torta Pasqualina, se andiamo verso Napoli e il Sud ecco il Casatiello. Sono tutti dolci salati, nati per celebrare la Resurrezione che significa opulenza.
Ebbene anche deviando un po' dalla tradizione possiamo dedicarci alla preparazione di squisitezze da portare in tavola attingendo ad esempio alla Colomba come ingrediente e non come dolce finito. Diamo questa ricetta perché viene buona anche dopo Pasqua per non sprecare i dolci che ci avanzano. E anche perché alla Colomba bisogna portare "rispetto" gastronomico. È un dolce legato alla Pasqua da sempre, le leggende sulla sua origine si sprecano. C'è chi lo fa risalire ai longobardi, all'assedio di Pavia di Alboino, chi alla vittoria della LegaLombarda contro il Barbarossa, chi alla focaccia veronese che si fa ancora per Pasqua. Di sicuro c'è che fu industrializzata dalla Motta su intuizione di Dino Villani che era il creativo direttore marketing ante litteram. La inventò per non lasciare ferme le impastatrici dei panettoni. Ora non lasciamo ferme le nostre cucine.
La pizza di Pasqua
Ingredienti - 500 grammi di pasta di pane lievitata, 200 grammi di lievito di birra, 500 grammi di zucchero, 10 uova, 150 grammi tra strutto e burro, 100 grammi di canditi, 150 grammi di uva passa, 2 arance e 2 limoni grattugiati, estratti di aromi q.b., 1 tazzina da caffè di liquore al Maraschino, 1 bacca di vaniglia, farina q.b., un pizzico di sale, glassa e confettini per decorare.
Procedimento - Aggiungete alla pasta di pane il lievito di birra sciolto in acqua tiepida e lasciate ancora lievitare fino ad avere una massa bella gonfia. Rimescolate aggiungendo un uovo, parte dello zucchero e dello strutto; lasciate ancora lievitare per circa 3 ore, dopodiché ripetete l'operazione. Alla fine lavorate l'impasto aggiungendo l'uva passa, i canditi, le arance e i limoni grattugiati, gli estratti di aromi, il Maraschino, la vaniglia e un pizzico di sale. Ponete l'impasto su teglie abbastanza alte che dovranno essere riempite per metà per permettere l'ultima lievitazione, la quale dovrà avvenire in ambiente caldo umido, al riparo da correnti d'aria. A lievitazione avvenuta, infornate a 180-200 gradi. A fine cottura rovesciatele per farle asciugare. Decoratele con un po' di glassa e dei confettini colorati.
Come far divertire i bambini - Saranno loro i decoratori. Date loro la glassa e fateli pasticciare, così come si divertiranno tantissimo a fare la pioggia di confettini colorati (ma attenzione che non ne mangino troppi!).
Abbinamento - Un Passito di Pantelleria, un Vinsanto, un Moscato Rosa del Trentino ma anche se volete fare un po' di festa un Brachetto d'Acqui che spuma e profuma.
Uova di cioccolato farcite

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Ingredienti - 2 uova di cioccolato da 100 grammi ciascuna, 250 grammi di ricotta, 250 grammi di Colomba, 100 grammi di panna da montare, 2 cucchiai di zucchero a velo, mezzo cucchiaio di zucchero semolato, 1 arancia, 1 bicchierino di Cointreau (liquore all' arancia), 30 grammi di scorza d' arancio candita, 50 grammi di cioccolato fondente, 70 grammi di caramello liquido, acqua q.b.
Procedimento - In un pentolino portate a ebollizione una tazza di acqua con lo zucchero semolato. Una volta spento, unite il liquore tranne un cucchiaio, fate raffreddare e versate il succo dell'arancia. Dividete le uova e tagliate la colomba a fette sottili. Mettete in una ciotola la ricotta, lo zucchero a velo e il liquore e mescolate. Aggiungete le scorze d'arancia e il cioccolato fondente a scaglie. Montate la panna e unitela alla crema di ricotta mescolando delicatamente con un cucchiaio di legno. Spalmate un po' di crema sui gusci d'uovo, coprite con una fetta di colomba inumidita con lo sciroppo all'arancia, ancora uno strato di crema e colomba e terminate con un velo di crema. Tagliate a rondelle sottile la mezza arancia rimasta, passatela nel caramello e guarnite le uova a piacere.
Come far divertire i bambini - Ammesso che riusciate a tenerli fermi durante la preparazione, farli assistere aumenterà la loro golosità, potete alla fine armarli di sac a poche con il caramello e far loro decorare le uova. Vedrete che spettacolo!
Abbinamenti - La presenza del cioccolato fa diventare arduo l'abbinamento. Si può provare con un Asti Spumante, oppure sfruttandone la salinità con una Malvasia delle Lipari. Se volete qualcosa di più robusto una Vernaccia di Oristano.
Siamo ancora in periodo di Quaresima e fra pochi giorni celebreremo la Pasqua. È una Pasqua molto particolare, in un anno di pandemia, condizione che ben pochi di noi hanno vissuto prima d'ora (ci sono state tre pandemie nel secolo scorso, la Spagnola nel 1918, l'Asiatica nel 1957, e la Hong Kong nel 1968) e che necessita la severa quarantena che stiamo vivendo. La quarantena dell'intera popolazione, fatto entrare il virus come purtroppo è avvenuto, è l'unica arma che possiamo schierare contro la diffusione del virus cinese Sars-CoV-2, responsabile della malattia Covid-19 che ha già ucciso decine e decine e decine e decine di migliaia di persone nel mondo. La Covid-19, che in modo più casual chiamiamo coronarvirus, spaventa anzi terrorizza: è una minaccia invisibile che attenta alla salute umana, talvolta minandola senza rimedio. Ma non è solo paura della morte che alcune sue complicazioni possono portare: accanto a quella si staglia un sentimento di disorientamento, perché la quarantena ci impedisce la nostra caotica ma vitale quotidianità. È un po' come se tutti, anche i non credenti, vivessero alcune condizioni, sensazioni e pensieri della Quaresima cattolica e guardassero a quando tutto sarà finito, al compimento di quell'andrà tutto bene che pulsa nei cuori di tutti, come un credente guarda alla miracolosa e commovente Risurrezione di Gesù che si celebra a Pasqua. Non sono pochi i punti di contatto tra queste situazioni ed esaminarli può aiutare a trovare sollievo. Nella liturgia cattolica, la Quaresima (che comincia il Mercoledì delle Ceneri nel rito romano e la domenica successiva al Martedì grasso nel rito ambrosiano, terminando il Giovedì Santo) è un periodo di preparazione alla festa solenne della Pasqua, che cade la domenica successiva al primo plenilunio successivo all'equinozio di primavera, quest'anno il 12 aprile. I quaranta giorni - nel rito romano sono quarantaquattro - della Quaresima sono un momento molto particolare, di indubbio valore ascetico. Ciò che potremmo dire anche della nostra quarantena, che somiglia al riflessivo ritiro in sé stessi della Quaresima e per forza di cose ci spinge ad essere più spirituali che corporei, viste le limitazioni. Col corpo possiamo fare le solite cose all'interno della casa, ma non quelle all'esterno. Il concetto di quarantena sanitaria, per alcuni versi, non è poi così diverso da quello che sta alla base della quarantina di giorni che dura la Quaresima. La parola «quarantena» è la dizione veneta di «quarantina». La quarantina di giorni, che in Veneto diventavano «una quarantena de zorni», sono quelli che si dovevano passare sull'isola di Santa Maria di Nazareth nella Repubblica di Venezia nel periodo delle grandi pestilenze del Tre e Quattrocento. La Repubblica di Venezia istituì questa forma di pubblica profilassi per evitare la diffusione di contagi che potevano arrivare innanzitutto dal mare. La parola lazzaretto deriva da nazzaretto, appunto dal nome dell'isola sulla quale venne ospitata la prima quarantena, mescolato con Lazzaro, l'appestato morto e poi resuscitato da Gesù e nel lazzaretto animali, persone e merci sospettati di portare infezioni dovevano restare quaranta giorni, considerati sufficienti all'eventuale sviluppo di malattie già contratte. Passata la quarantena indenni, potevano varcare l'ingresso in città. Come vedete, si trattava di quaranta giorni, esattamente come quelli di quaresima. Nella Bibbia torna spesso la cifra 40, soprattutto giorni ma anche anni. Sono infatti 40 gli anni che il popolo ebraico passa nel deserto dopo la liberazione dall'Egitto (e infatti la Pasqua ebraica, che si chiama Pesach, commemora quella fuga). Sono, per esempio, 40 i giorni che Mosè passa sul Monte Sinai, 40 i giorni che Dio dà a Ninive prima di distruggerla, 40 i giorni che Gesù trascorre digiunando nel deserto e ancora 40 i giorni nei quali Gesù apparendo ai suoi discepoli dopo la Risurrezione e prima dell'Ascensione.
i quaranta giorni
La parola «quaresima» viene dal latino quadragesima dies che vuol dire quarantesimo giorno: nei quaranta giorni della Quaresima c'è la citazione di tanti altri episodi nei quali, sintetizzando, si soffre quaranta giorni. Anche questo ci può essere di ispirazione: la quarantina di giorni è spesso una sofferenza ma poi sfocia in un evento positivo. Molti fanno battute sull'assonanza tra quarantena e quarantina (che poi abbiamo visto essere la stessa cosa): alcuni scherzano dicendo che l'importante è che la quarantena non sia quella dei chili in più acquisiti permanendo in casa e passando molto più tempo a cucinare e, di conseguenza, a mangiare… Ebbene, anche qui ci viene in aiuto la festività cattolica alla quale possiamo ispirarci per mangiare giusto il necessario. La Quaresima rievoca il ritiro e il digiuno di Gesù nel deserto intento a lottare contro Satana tentatore. Comincia il Mercoledì delle Ceneri, cosiddetto perché durante le celebrazione della messa si pone sul capo del fedele della cenere (è la cenere dei rami di ulivo benedetti la Domenica delle Palme dell'anno precedente) utilizzando due formule. La prima è «Convertitevi e credete al Vangelo», in latino Paenitemini, et credite Evangelio, infatti la Quaresima, periodo di penitenza dei fedeli per entrare purificati nella stagione pasquale, in origine fu anche il periodo preparatorio al Battesimo dei nuovi convertiti che avveniva durante la Veglia pasquale. La seconda è: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai», in latino Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris, ciò che nella Bibbia Dio dice ad Adamo quando, dopo il peccato originale, lo caccia dal giardino dell'Eden condannandolo alla fatica del lavoro e alla morte: «Con il sudore della fronte mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai». In questi giorni di quarantena siamo stati tutti costretti a ricordare la caducità della vita, la nostra condizione di possibile polvere. Nella religione cattolica la fede aiuta anche a tollerare quest'idea, perché per essa l'anima è immortale e, per il dogma della risurrezione della carne, dopo il Giudizio universale tutti i corpi dei defunti risusciteranno e si ricongiungeranno alle rispettive anime: la risurrezione di Gesù, che risorge subito in anima e corpo, anticipa e preannuncia la risurrezione della carne di tutti gli uomini.
astinenza e digiuno
Torniamo al digiuno. Il digiuno ecclesiastico è il digiuno praticato dai cristiani come forma di penitenza durante alcuni giorni dell'anno. Il Mercoledì delle ceneri e il Venerdì santo sono alcuni di quei giorni ed è richiesta anche l'astinenza dalle carni (sono solo consigliati il Sabato santo, che insieme al Giovedì Santo e al Venerdì Santo formano il Triduo Pasquale). Digiuno non vuol dire non mangiare letteralmente nulla: per esso si intende l'obbligo - per i fedeli da 18 a 60 anni - di fare un solo pasto nella giornata, mentre per astinenza dalle carni si intende non consumare carne (né rossa e né bianca) né cibi costosi o ricercati, mentre si può mangiare il pesce (da questo deriva la tradizione popolare del venerdì pesce) e uova e latticini.
L'astinenza va seguita ogni venerdì di Quaresima ma anche tutti i venerdì dell'anno, a meno che non cadano nelle feste di precetto. In questi ultimi, che rimangono comunque giorni penitenziali, è possibile sostituire l'astinenza con qualche altra opera di penitenza, preghiera o carità. Se ci pensate, non ci facciamo scrupolo a fiondarci su diete dimagranti decisamente mortificanti oppure incentrate sul digiuno. Dopo aver appreso che quel Fiorello che abbiamo visto tanto dimagrito a Sanremo avesse seguito proprio la dieta del digiuno intermittente 16/8, quasi non si è parlato d'altro e sono tanti quelli che sono messi di testa loro a digiunare 16 ore e mangiare 8. Un giorno di dieta 16/8 non è molto diverso da un venerdì di Quaresima e può essere utile riscoprirlo in quarantena, per evitare di ingrassare e dare al mangiare solo quanto serve un significato spirituale, appunto, più che relativo al fitness e a una forma fisica dominante da sfoggiare sui social network. Il digiuno della Quaresima, poi, non riguarda solo il cibo: in questo periodo il cristiano deve vivere con sobrietà ed empatia verso gli altri ancora maggiori del solito e questa sobrietà ed empatia farebbero bene a tutti. La Conferenza episcopale italiana (l'assemblea dei vescovi) nelle «disposizioni normative» del 1994 ha stabilito che per sobrietà si intende moderazione nelle spese in beni alimentari, nel fumo e nell'alcol, nelle spese destinate alle feste popolari e soprattutto a quelle religiose, nel lavoro frenetico che non lascia tempo per riflettere e pregare, nel consumo eccessivo di televisione e altri mezzi di comunicazione che può creare dipendenza e ostacolare o addirittura impedire la riflessione personale e il dialogo in famiglia… Sono tutti inviti che sembrano calzare a pennello a questa quarantena, periodo di rinnovamento esattamente come lo è quello della Quaresima intesa come cammino che culmina nella celebrazione della Pasqua.
Anche la precisa celebrazione tradizionale della Pasqua ci può ispirare. Se ci fate caso, man mano che passa il tempo ogni festa, Pasqua compresa, diventa preda del consumismo più sfrenato: ormai esistono sul mercato uova di cioccolato che costano un occhio della testa, concepite come se fossero oggetti di design più che di simbologia religiosa. C'è l'uovo in kit 3d da assemblare da sé, c'è l'uovo bidimensionale, c'è l'uovo Fabergé, c'è l'uovo con incarto in stoffa preziosa e tutti costano almeno dieci volte un uovo di cioccolato normale, che tanti considerano pacchiano e banale: non saremo noi a criticare le aziende del luxury food, ma abbandoniamo per un momento il culto dell'originalità a tutti i costi e ricordiamoci che l'abitudine di regalare uova di cioccolato a Pasqua è un'invenzione commerciale. In origine si donavano vere uova, magari col guscio colorato o decorato con le proprie mani, per simboleggiare la rinascita nel modo più semplice possibile, proprio come indicato dalle disposizioni Cei. Apprezziamo quell'essenzialità.
La fine della quarantena sarà vita che ricomincia anche per chi non crede, ma nel frattempo ricordiamoci che la vera Pasqua è una festività interiore e profonda, non superficiale e spaccona. Perciò le uova di gallina, perfetto simbolo di gestazione di una vita nuova, nella tradizione culinaria italiana si sono sempre usate come decorazione prima dell'avvento di quelle di cioccolato: sono intere e non sgusciate, per esempio, nel casatiello napoletano oppure nei pupi siciliani, dolcetti che possono avere le forme più svariate, dalla colomba all'agnello, e di conseguenza nomi diversi, come cuddura, panareddi, campanari, aceddi, ma contengono sempre un uovo intero a ricordare che a Pasqua la vita rinasce nella candidezza, non nell'artificialità.
Quest'anno, visto quanto è impegnativo sospendere la propria vita, proviamo ad apprezzare con tutti noi stessi la semplicità e a ricordare che l'afflizione è spesso prodromica alla gioia. Nella tradizione ebraica, per esempio, la Pesach dura otto giorni e ricorda come abbiamo detto la liberazione del popolo ebraico dall'Egitto e il suo esodo verso la Terra Promessa. Durante la Pesach si svolge il Seder, una cena con preciso ordine rituale nel quale si alterna cibo, lettura dell'Haggadah pasquale e preghiera. Si mangiano anche pani azzimi (matzot), che sostituiscono il pane durante la Pasqua per ricordare l'impossibilità di attendere la lievitazione durante la fuga dalla schiavitù egiziana, e le erbe amare (maror), come cicoria, indivia, lattuga romana e rafano selvatico, per non dimenticare l'amarezza della schiavitù in Egitto.
Anche queste sono elaborazioni religiose che ci possono ispirare: se ci manca un ingrediente, come il lievito, non facciamo una tragedia e prepariamo un pane azzimo.
un suggerimento di spesa
Distacchiamoci dall'amarezza, anche solo per un momento, e concediamoci certamente un dolce tipico della Pasqua, come la colomba. Anche per aiutare la produzione italiana: Marco Brandani, amministratore delegato di Maina, in un'intervista al Messaggero ha segnalato - coi dipendenti già in cassa integrazione - un calo del 30% di ordini da parte della grande distribuzione organizzata, probabilmente dovuta all'aumento degli spazi per prodotti di prima necessità come pane, pasta e farina. Ecco, nella nostra veloce puntata al supermercato, con guanti e mascherina, ci raccomandiamo, compriamo anche una colomba pasquale. Anche le aziende, come noi, stanno lottando per sopravvivere, intente in una Quaresima commerciale anch'esse e, come noi, in attesa della Pasqua intesa come gioia della rinascita della vita normale dopo la pandemia. Vedrete, ce la faremo.







